Le pareti mobili: estetica, acustica e tecnologia
Integrazione tecnologica, nuove finiture e accorgimenti tecnici fanno della parete mobile un componente fondamentale nella definizione degli spazi, tanto in chiave funzionale, rispettando i parametri di comfort acustico e privacy, quanto in chiave stilistica grazie alle numerose possibilità di personalizzazione
Non ci sono rivoluzioni in corso per quanto riguarda il settore delle pareti mobili, ma assestamenti, migliorie ed evoluzioni sì, sviluppate in diverse direzioni e ambiti. L’obiettivo è fare in modo che le pareti non siano più solo semplici elementi compositivi, ma si trasformino in strumento per rendere più efficienti gli spazi di lavoro.
Le chiavi di lettura sono differenti: vanno dai materiali più efficaci in termini di isolamento acustico, alle finiture che ne migliorano l’estetica e la privacy; dalle scelte progettuali, spaziando fra pareti modulari e proposte sviluppate su misura, ai requisiti tecnologici integrati che includono soluzioni IoT, sistemi multimediali e di prenotazione; fino gli accorgimenti tecnici che ne semplificano la posa in opera.
Il mercato fa registrare una crescita progressiva nell’ultimo decennio conseguente a un ampliamento dei campi d’applicazione, con 40 milioni di metri quadrati di pareti divisorie vendute sul mercato europeo ogni anno, come delineato nell’articolo a cura di CSIL a pagina 40.
Approfondiamo i dettagli e le prospettive del percorso di innovazione in atto con produttori e progettisti che hanno dato diverse chiavi di lettura dell’argomento.
Come sono cambiate le funzioni
Qual è la storia delle pareti mobili? Come si stanno trasformando e perché? Il motivo è presto detto: cambiano i metodi di lavoro e cambia la composizione in pianta degli spazi ufficio. Gli open space sono sempre più aperti e votati alla trasparenza, con nuovi requisiti all’ordine del giorno: creare ambienti indipendenti all’interno di spazi comuni, capaci di tutelare la privacy di chi li abiterà e garantire il comfort, in termini di funzionalità tecnologiche, climatizzazione e qualità estetica. Se, nel passato, le pareti mobili erano usate per definire la scansione fra i vari uffici, di piccole o medie dimensioni, oggi divengono strumento per comporre ambienti a sé, sviluppati per dare supporto allo svolgimento delle diverse attività lavorative svolte durante la giornata.
“In un luogo di lavoro che cambia, dettato anche dalle nuove generazioni che rifiutano la routine a favore di nuove modalità di lavoro più dinamiche scompaiono le postazioni fisse per far posto all’activity based working – racconta Massimo Gianquitto, CEO di Level Office Landscape –. Tendenza che, dal punto di vista architettonico, si traduce in spazi disegnati attraverso pareti divisorie che permettono di modificare facilmente lo spazio ufficio in base ai lavoratori che lo abitano, a seconda delle loro esigenze quotidiane e assicurandosi che la tecnologia integrata sia presente diffusamente.
È possibile, inoltre, notare come le distinzioni tra differenti ambiti o settori, pur considerando le peculiari caratteristiche che le specificano, si stiano progressivamente assottigliando. Questo è assolutamente vero nel caso di settori come quello dell’ospitalità, o della formazione scolastica, ambiti questi che progressivamente si avvicinano al settore ufficio e che ormai stanno perdendo la loro tradizionale fisionomia. In questa nuova ottica è possibile immaginare come la parete divisoria integrata con la tecnologia possa diventare un prodotto non solo esclusivo del mondo del lavoro, ma protagonista anche di settori come Hotellerie, Scuole e Università”.
Vasco Di Febo, ufficio progettazione di Fantoni, ne chiarisce ulteriormente la nuova identità: “Negli ultimi anni c’è stata una grande evoluzione nel settore delle pareti. In Italia abbiamo cominciato a usarle più di 30 anni fa e si trattava delle classiche pareti a moduli, con funzione anche di contenimento perché c’era bisogno di tanto spazio per la carta. Nel corso degli anni, in linea con la crescente richiesta di trasparenza, una grande fetta del mercato delle pareti ha cambiato identità trasformandosi nella versione monolitica di cristallo, a singolo o doppio vetro. Di pari passo si sono ampliate le varianti dimensionali e le finiture per rispondere a nuovi requisiti progettuali. Registriamo anche un aumento dell’altezza nelle pareti vetrate richieste, in linea con la tendenza di avere soffitti molto alti e massima trasparenza. Un effetto secondario di questo fenomeno è la diffusione degli acoustic pod, box in box autoportanti dotati di copertura propria che permettono di creare dalla phone booth ad ambienti più articolati per meeting”.
Vincenzo Progida, director wall division di Alea, propone un’altra chiave di lettura interpretando le pareti divisorie più che un semplice elemento compositivo, come servizio per la connotazione estetica degli spazi: “È necessario alzare l’asticella della qualità per dare alle pareti un nuovo significato e abbandonare la logica del prezzo. Ci sono tante opportunità in termini di finiture e materiali, e come produttori dobbiamo essere attenti, ricettivi e disponibili per dare risposte mirate alle esigenze dei clienti, perché proporre funzioni e declinazioni diverse dello stesso prodotto significa aggiungere addendi a quanto proposto dal progetto architettonico”.
Progettazione e criteri di scelta
Definito il cambiamento di identità del prodotto, si passa al metodo d’uso. In quale fase del progetto l’architetto si dedica alle pareti mobili e da quali criteri viene influenzata la scelta sulla tipologia da inserire in un ambiente di lavoro? Risponde l’architetto Maurizio Varratta: “spesso la scelta delle pareti mobili avviene in una fase più avanzata rispetto a quella legata alla progettazione ed esecuzione dell’edificio, sebbene nell’ideazione e sviluppo di un qualsiasi progetto, la definizione degli spazi, dei volumi, lo space planning, l’illuminazione e gli arredi, rappresentano una parte integrante del processo di crescita e sviluppo del building. Nel nostro caso, dove quasi normalmente la progettazione di un nuovo complesso o fabbricato prosegue sino alla consegna dello stesso, la fase di selezione inizia molto prima. Come metodo, il progettista in prima battuta individua le caratteristiche del prodotto in funzione delle performance richieste, della durabilità, dell’innovazione fino a spingersi , dopo aver redatto un progetto dettagliato comprensivo di specifiche e di un capitolato tecnico, a selezionare un pool di aziende in grado tecnicamente ed economicamente di partecipare alla gara per l’affidamento e la fornitura. Dopo questa fase molto attenta e finalizzata alla ricerca di un prodotto in grado di soddisfare le richieste del cliente, accade spesso che l’ufficio acquisti inserisca altri parametri di valutazione, meno legati alla qualità e più al costo del prodotto. Dipenderà quindi dalla forza del progettista far valere con argomentazioni convincenti la sua professionalità.
Le tipologie selezionate dipendono dalla sensibilità e dal linguaggio architettonico del progettista, in certi casi di fronte a un committente illuminato si può persino pensare di progettare una nuova parete pensata per le esigenze specifiche. A parte le richieste estetiche, molto soggettive, sicuramente la performance più richiesta è la risposta acustica, che come sappiamo non dipende solo dalla parete stessa, ma da altri fattori legati alle scelte di progettazione, purtroppo spesso dimenticati”.
Soluzioni modulari o a progetto?
Se nel passato le pareti venivano proposte unicamente come sistemi modulari, con la diffusione della parete monolitica vetrata il campo si è aperto a soluzioni realizzate su misura che rispondono ai requisiti di progetto adattandosi all’edificio. “La fornitura della parete vetrata segue un percorso che varia in funzione di uno specifico progetto, la modularità non è più vincolante e soprattutto nei grandi progetti vengono studiate pareti ad hoc – conferma Vasco Di Febo –In Fantoni siamo facilitati in questo percorso dall’utilizzo di un nostro applicativo software che, lavorando all’interno di Autocad, ci consente una progettazione esecutiva estremamente precisa e, contemporaneamente, l’estrazione dei dati necessari per la produzione di ogni singolo progetto”.
La modularità continua a essere un valore aggiunto laddove è richiesta la massima flessibilità, come racconta Enrico Venesia, di Elliot Engineering&Consulting, società che si è occupata della progettazione di alcune delle pareti della storica azienda Tecno: “La parete segue la trasformazione delle aziende e pertanto crediamo sia necessario dare un contributo per favorirne l’installazione e la movimentazione in relazione all’evoluzione del layout. La nuova parete WE di Tecno si basa dunque su un sistema di montaggio a secco che non prevede l’uso di nessun attrezzo, se non una ventosa e un avvitatore, mentre un sofisticato sistema di regolazione ne consente l’adattamento nelle diverse situazioni. I moduli, che vanno dai 50 cm, per le zone d’angolo, fino ai 150 cm, con altezze tra i 270/300 cm, possono essere così riutilizzati, con una maggiore durata nel tempo dell’investimento.
Questo permette di finalizzare un montaggio delle pareti in tempi rapidi, fattore fondamentale in mercati come quello degli Stati Uniti dove la posa in opera ha una forte incidenza sul costo del prodotto. Non solo, il montaggio di questa parete non richiede competenze specializzate ed è garanzia di un’istallazione ad arte con prestazioni garantite”.
Le prestazioni acustiche
Un discrimine importante nel definire le caratteristiche tecniche, e quindi la qualità, di una parete dipende dalle sue prestazioni acustiche. Tema spinoso per una serie di motivi: innanzitutto trattandosi di un semilavorato evoluto, i test effettuati nella sede produttiva non corrispondono ai risultati del prodotto installato, a causa delle numerose variabili che entrano in gioco. Inoltre, non essendo definito un unico protocollo di prova, non c’è garanzia di omogeneità fra i dati, fatto che rende il confronto tra i diversi prodotti oltremodo complicato. La “questione acustica” tuttavia, è di grande attualità, perché cresce la consapevolezza dell’importanza del comfort acustico per il benessere della persona e l’efficacia della prestazione lavorativa.
“Dopo aver affrontato il tema della sicurezza, negli ultimi due anni ci siamo concentrati sulle prestazioni acustiche dei prodotti, con una serie di accorgimenti che ne preservano la pulizia estetica e valorizzano la superficie vetrata – precisa Maurizio Sacchi, amministratore delegato di Vetroin –. Nello specifico, siamo intervenuti sui profili con l’obiettivo di controllare tutti i passaggi del suono. È necessario infatti lavorare sull’abbinamento di varie tipologie di profilo per avere una camera che impedisca la trasmissione delle onde sonore. Anche la selezione dei vetri è determinante, siamo arrivati a buoni risultati seguendo la tecnica della stratificazione, con l’inserimento di pellicole acustiche tra le lastre di vetro per ridurre la vibrazione. Anni fa eravamo fermi al vetro temprato, che permetteva di incrementare le prestazioni acustiche lavorando solo sugli spessori, mentre oggi, con i vetri stratificati, si raggiungono elevate performance anche con spessori ridotti. In ultima analisi le guarnizioni, che sembrano una minima parte della struttura, in realtà danno un grande ritorno, grazie anche a nuovi materiali compositi, come la schiuma rivestita con nuovi materiali, che aderiscono meglio sigillando in modo più preciso la lastra di vetro, condizione necessaria per un buon risultato globale”.
“C’è poca chiarezza a causa della disomogeneità dei dati di fonoisolamento comunicati dalle aziende – precisa Vasco Di Febo –.
Non tutti i produttori seguono infatti i criteri previsti dalla marcatura CE, quindi spesso vengono utilizzati metodi di misura differenti, arrivando a comunicare valori difficilmente confrontabili. Sussiste poi un po’ di confusione tra i concetti di fonoisolamento e fonoassorbimento. L’isolamento acustico è dato sostanzialmente dalla massa e, se nelle pareti cieche si riesce, anche con spessori ridotti, a raggiungere un elevato abbattimento acustico mediante inserimento nello strato interno di materiale fonoimpedente, in quelle vetrate è più difficile perché si può intervenire solo aumentando lo spessore dei vetri o cambiandone la tipologia. Nelle pareti vetrate si richiedono soglie di abbattimento acustico sempre più alte, si parla mediamente di doppi vetri con valori di 38/40/42 dB. Il grosso dell’abbattimento acustico viene dato dai vetri stratificati che si attestano sullo spessore di 6+6 mm, altrimenti diventa disagevole trasportare e spostare le lastre. In questi casi per incrementare le prestazioni vengono inseriti tra i vetri strati in PVB speciali che smorzano i suoni e utilizzando giunzioni realizzate con biadesivo cristallino o policarbonato trasparente. È poi necessario selezionare guarnizioni che collaborino nel risolvere il ‘buco acustico’ causato dall’inserimento delle porte, dove si registra un decadimento medio anche di 9/10 dB, in parte limitato dall’inserimento di ghigliottine che non devono però ostacolare la movimentazione della porta. In Fantoni siamo convinti però che i migliori risultati si possano ottenere lavorando anche sul fonoassorbimento, inserendo materiali, sia integrati nelle nostre pareti che all’interno degli ambienti, che limitino il fenomeno del riverbero, diminuiscano la pressione sonora e di conseguenza il suono trasmissibile. In questo siamo facilitati dal nostro duplice ruolo di produttori di pareti e di rivestimenti fonoassorbenti come il 4akustik”.
L’estetica, fra grafiche e accessori
Che si tratti di pareti modulari o realizzate su progetto, la richiesta di personalizzazione da parte dei committenti è costante e riguarda colori, finiture e grafiche.
A livello di grafiche, se nel passato, si variava fra vetri satinati o acidati, oggi la scelta si ampliata e spazia fra gli interventi realizzati direttamente nella sede produttiva, come l’inserimento di pellicole all’interno della stratificazione dei vetri, e interventi eseguiti direttamente in cantiere, tra i quali l’applicazione di pellicole decorative il cui livello qualitativo è molto migliorato negli ultimi anni.
“La personalizzazione è un servizio che si dà nell’interpretazione del prodotto – afferma Vincenzo Progida –. In Alea stiamo lavorando sulla colorazione dei profili con partnership che ci permettono di offrire finiture di pregio studiate su misura. Anche sul fronte del vetro ci sono interessanti novità, si possono avere non solo i vetri retroverniciati o laccati, ma anche materiali di finitura come lamine, tessuti, ecc. stratificati nel vetro stesso. Il mondo dei materiali sta cambiando velocemente e trovare partner specializzati è la chiave di volta per non fermarsi a un portafoglio di prodotti a catalogo, ma proporre soluzioni originali e innovative”.
La personalizzazione può essere anche un fattore intrinseco del sistema come avviene nel prodotto Tecno: “Con W80, attraverso un sistema invisibile, che permette di alternare moduli ciechi e vetrati, è possibile declinare qualsiasi parete in funzione della richiesta del progetto – spiega Venesia –. Oltre alle classiche tende veneziane e ai vetri LCD, è stato studiato un sistema tessile a rullo che, integrato nella parte superiore del profilo e movimentato elettricamente, permette di modulare il grado di privacy ”.
L’integrazione delle tecnologie
Dalle soluzioni più avanzate che rendono la parete un elemento intelligente del building in una logica IoT, ai vetri ‘elettrificati conduttori’ che sostituiscono i cavi per alimentare monitor, sino all’integrazione di sistemi di prenotazione e configurazione della sala, oggi le pareti mobili diventano uno strumento al servizio di meeting e riunioni multidisciplinari.
Ogni realtà sviluppa soluzioni spesso basate su tecnologie già esistenti anche se applicate in settori diversi, come i pannelli per gli ascensori che vengono replicati all’esterno delle pareti o i moduli integrati posizionati a lato della porta e che permettono, attraverso schermi Lcd, di gestire la prenotazione delle sale, fino agli schermi “attivi” che facilitano la gestione delle riunioni. L’innovazione tecnologica relativa alle pareti va di pari passo con quella dei settori coinvolti: proiettori, che ora occupano meno spazio, sistemi touch attivi su pellicole stratificate nelle pareti e monitor dagli spessori sempre più ridotti.
Ma quali sono stati i primi passi percorsi nello studiare l’integrazione fra pareti e tecnologia? Ne parla Massimo Gianquitto: “L’integrazione tra tecnologia e pareti divisorie è un percorso che venne avviato pioneristicamente una decina di anni fa da Maars, azienda olandese specializzata in arredo per ufficio. Con il claim “Living Wall”, l’impresa proponeva una tecnologia integrata con il sistema di pareti divisorie, che includeva la regolazione dell’illuminazione, il controllo della temperatura, un supporto video e audio. L’obiettivo era quello di creare spazi interattivi dove poter tenere video-conferenze live, grazie alla presenza di una telecamera e a un sistema touch control che rendeva interattiva la superficie del vetro della parete divisoria, ricoprendo un led TV o un monitor.
L’ultima edizione di Orgatec ha dimostrato come la tecnologia digitale abbia radicalmente cambiato il modo in cui le persone utilizzano lo spazio scegliendo il luogo dove svolgere la propria attività.
Di conseguenza si assiste alla diffusione di spazi di lavoro open space, dove gli uffici chiusi si trasformano in isole, con un elevato fonoisolameto, che vengono utilizzate dagli utenti come meeting room per condurre riunioni, effettuare presentazioni aziendali, o avviare conference call.
In quest’ottica le pareti divisorie non devono più intendersi come puri e semplici elementi di separazione, quanto piuttosto veri e propri strumenti capaci di offrire un’ampia gamma di contenuti multimediali integrati che forniscano accesso immediato ai contenuti digitali. Molto spesso questi spazi vengono realizzati con formule free standing come cellule indipendenti dall’involucro edilizio, liberamente disposte nello spazio, interrompendo così l’uniformità e la monotonia di un paesaggio di postazioni di lavoro. Per aumentare la produttività di meeting, presentazioni e conference call all’interno del box, è possibile trasformare un lato cieco in Smart Wall, grazie alla parete vetrata di Level Office Landscape che integra un monitor con le stesse funzionalità di un computer. Questo prodotto, grazie a un display e un software studiato ad hoc, può essere utilizzato come un computer tradizionale, dotato di telecamera, sensori, microfono, casse audio, funzioni di mirroring e connessione multidevice. È predisposto per la tecnologia air gesture e touch screen.
Non solo, oltre a essere dotate di tecnologie multimediali, queste aree devono assicurare anche un certo livello di privacy visiva che può essere garantita attraverso l’uso di pellicole grafiche per soluzioni definitive, oppure attraverso l’applicazione di un film a trasparenza variabile, per soluzioni più dinamiche. Con la tecnologia delle pellicole a trasparenza variabile, infatti, è possibile rendere opaca una parete trasparente attraverso un semplice click. Si tratta di un accoppiamento di 2 pellicole con pasta di LCD liquidi che eccitati con la corrente elettrica tolgono opacità al supporto, trasformando la superficie vetrata da opaca a trasparente. Questa pellicola di ultima generazione, grazie all’ausilio di un proiettore, può anche essere retro-proiettabile, trasformandosi in uno screen tv. Una ulteriore funzione, infine, è quella di far diventare touch la superficie vetrata attraverso l’applicazione di un radar touch, convertendo così la parete in supporto interattivo in grado di dialogare con diversi device a cui è collegato. Guardando al futuro, la soluzione per lo sviluppo di un nuovo prodotto parete potrebbe essere la sua integrazione con la realtà virtuale, con Intelligenza Artificiale e con l’Internet of Things. Questo, però, richiede necessariamente di passare a una completa ridefinizione dell’azienda di arredamento per l’ufficio: essa, infatti, non si occuperà più solamente della produzione di arredi, ma diventerà piuttosto un’azienda integrata con l’ICT, in grado di affrontare le sfide del cambiamento di oggi e del prossimo futuro”.
“Le tecnologie digitali e l’IoT al momento sono ancora poco diffuse – fa eco Varatta –, sono più connotabili come gadget tecnologici costosi alla stregua degli smatphone e degli accessori delle nuove super car, ma sicuramente, attraverso una focalizzazione più attenta rivolta all’innovazione e meno alla voglia di stupire possono rappresentare una svolta per il futuro, naturalmente è solo questione di tempo”.
In Tecno l’integrazione tecnologica ha permeato l’innovazione di tutte le linee di prodotto, incluse le pareti delle quali ci racconta i dettagli Enrico Venesia “Con io.T The intelligence of Tecno
abbiamo iniziato tre anni fa lo studio per integrare all’interno delle pareti un modulo avente funzione di vano tecnico che, a lato della porta, accoglieva tutta una serie di funzioni legate all’utilizzo e gestione della sala. Siamo poi intervenuti integrando monitor LCD per lo svolgimento di videoconferenze e per condividere documenti. In sostanza dalla prenotazione della sala, all’accesso attraverso il badge o il telefono, alla gestione di variabili ambientali come il condizionamento, l’illuminazione, sino alla possibilità di ordinare il caffè… la lista delle funzioni implementabili potrebbe essere infinita; all’interno della parete vi è infatti un’intelligenza che è possibile sfruttare per tutto il sistema”.
In molti casi l’innovazione si basa sulla contaminazione da altri settori come racconta Vincenzo Progida: “Si cerca di usare la tecnologia che già c’è per migliorare la funzionalità e l’estetica della parete, ad esempio per evitare di inserire interruttori ingombranti, ci stiamo orientando verso comandi touch sulla scia di quanto viene fatto in altri settori.
La pulsantiera elettronica alleggerisce la parete, perché ha cablaggi sottili, o addirittura li elimina grazie all’utilizzo di trasmissioni bluetooth e wireless. Un altro esempio presentato a Orgatec è l’utilizzo di un ‘vetro elettrificato’ conduttore di elettricità che ci ha permesso di integrare un monitor fra vetri senza la necessità di portare l’alimentazione per nascondere cavi e profili, tipicamente ingombranti e poco estetici”.