Hotelificazione degli uffici, contaminazioni e nuove frontiere del design
L’ufficio deve saper accogliere, offrire benessere ed essere attrattivo per influire positivamente sul lavoro. Ecco perché il progetto degli ambienti di lavoro trae sempre più ispirazione da quello degli hotel, fra interior design anticonformista e tecnologie finalizzate a migliorare l’esperienza lavorativa
La consapevolezza che la commistione fra saperi porta nuovi frutti guida la tendenza di rispondere alle nuove sfide del workplace design ispirandosi ai criteri seguiti nella progettazione per il settore dell’hôtellerie. Questo nuovo percorso ibrido si può definire ‘hotelificazione degli uffici’ ed è figlio dell’office peacocking, cioè la tensione verso il miglioramento degli ambienti di lavoro adottato per riportare i dipendenti in ufficio.
Come un pavone che mostra le sue piume per attirare l’attenzione, le aziende decorano e migliorano i loro ambienti fisici con nuovi servizi che incontrano le esigenze delle nuove generazioni. E l’interior design degli hotel segna la strada guidando la trasformazione degli uffici in luoghi accoglienti, collaborativi e multifunzionali.
Da una lettura approfondita del fenomeno, appare chiaro come l’hotelificazione degli uffici travalica le ragioni funzionali per trovare chiari indizi nei mutamenti che negli ultimi decenni hanno cambiato il modo in cui viviamo e lavoriamo.
“Il cambiamento è principalmente di natura sociale – specifica Massimo Gianquitto, chairman di Level Office Landscape. Il sociologo americano Ray Oldenburg, autore della pietra miliare The Great Good Place, nel 1989 definisce i terzi luoghi che plasmano la nostra vita e il nostro modo di concepirla. I terzi luoghi sono ambienti più rilassati, ci fanno stare bene, ci danno la libertà di essere noi stessi e stimolano forme aperte di socialità.
Ecco, quindi, che il cambiamento non riguarda solo gli uffici; in uno scambio reciproco di contaminazioni, si riflette anche sul concept degli hotel che non sono più solo luoghi dove dormire ma, traendo esempio dagli uffici, ampliano le proprie funzioni offrendo spazi per conferenze, co-working, ristorazione e socializzazione… spesso aperti alla città.
Diversi anni più tardi, il sociologo francese Michel Maffesoli nel libro Del Nomadismo. Per una sociologia dell’erranza sostiene che l’individuo sperimenta, oggi più che ieri, un affrancamento dal normativo. L’immaginario, il piacere, il sogno diventano forme di dissoluzione dei vincoli. Tutto ciò attiene alle nuove generazioni e al loro rapporto con la tecnologia, giovani che danno per scontato un approccio friendly all’orario e alla sede di lavoro, il cui modo di vivere e di intendere gli impegni e le responsabilità è differente da quello delle generazioni precedenti. Giovani che fanno fatica a inserirsi in ambienti strutturati in modo vincolante”.
Una lettura approfondita della trasformazione in atto deve prendere in considerazione anche il fenomeno dell’Office Hoteling che fa riferimento alle strategie messe in atto dalle aziende per la gestione degli spazi e per migliorare l’efficienza organizzativa. Anche in questo caso la fonte di ispirazione sono gli alberghi e nello specifico i modelli di prenotazione che vengono resi disponibili per migliorare la user experience delle persone in azienda, che attraverso le nuove tecnologie possono prenotare una scrivania o uno spazio di lavoro, emulando il processo di prenotazione, check-in, soggiorno e check-out tipico degli hotel.
A partire dalla contaminazione a livello progettuale fra hotel e uffici, dunque, e con la volontà di indagare il futuro prossimo, Officelayout ha coinvolto diversi professionisti – fra architetti, designer e imprenditori, per approfondire la conoscenza dell’hotelificazione degli uffici e dell’office hoteling, fra progresso delle tecnologie, mutamenti dei percorsi progettuali e delle filiere produttive dedicate agli arredi.
L’hotel design valorizza l’immateriale e l’intangibile delle connessioni emozionali
Per inquadrare lo scenario legato all’hotelificazione degli uffici è utile fare un passo a lato e chiarire che percorso sta seguendo il progetto per l’ospitalità. Anche il disegno di nuovi alberghi, infatti, sta vivendo un momento di trasformazione legato al cambiamento delle priorità per gli ospiti e alla necessità economica di rendere le strutture attive e attrattive durante tutto l’anno, dando così spazio a offerte di spazi per la città, come ristoranti e servizi proposti non solo agli ospiti interni. Giovanni Franceschelli, architetto e fondatore di Rizoma Architetture, forte dell’esperienza dello studio nel settore dell’hôtellerie definisce i recenti cambiamenti del settore: “L’hotel non è più un semplice luogo dove per esigenze di lavoro o di leisure le persone passano unicamente una notte all’interno della propria camera da letto, ma si è evoluti verso una dimensione molto più esperienziale dove gli spazi, in particolare le aree comuni, accolgono funzioni che fino a qualche anno fa erano considerate complementari, valutate invece oggi come grandi opportunità. Si tratta in particolare degli spazi per conferenze, meeting, i co-working, così come gli spazi per la ristorazione. Siamo ormai abituati a considerare un ristorante all’interno di un hotel e non come parte integrante ‘di’ un hotel, proponendo un’offerta di Food & Beverage aperta alla città, al quartiere e alle persone che abitano vicino. L’esigenza di una mixité funzionale all’interno degli spazi comuni degli hotel ha cambiato radicalmente il settore dell’hospitality e sta cambiando l’approccio da parte dei progettisti che si confrontano con queste nuove esigenze. Il processo progettuale oggi cerca di tenere in equilibrio l’aspetto estetico con quello funzionale; e l’addendo più importante e innovativo è legato all’estrema flessibilità di uso degli spazi, l’avvalersi di un progetto di interior design adattabile, pronto ad essere usato e stravolto da parte dei fruitori, che siano ospiti dell’hotel o cittadini che hanno bisogno di uno spazio e possono organizzare all’interno dell’hotel un evento privato, solo per fare un esempio”.
Anche Marco Gastoldi, interior designer e associate di Gensler, conferma che hôtellerie sta vivendo un momento ricco di novità: “Il settore dell’ospitalità sta affinando la sua risposta ai cambiamenti delle priorità degli ospiti. Gli utenti, sempre più alla ricerca di comfort e comodità, privilegiano esperienze uniche e multisensoriali che arricchiscono e migliorano il loro stile di vita, con un’attenzione particolare a sostenibilità e tutela dell’ambiente. Come emerso dal Design Forecast 2024, elaborato da Gensler, dalle piccole strutture alle grandi catene alberghiere, l’obiettivo è l’introduzione di luoghi per l’intrattenimento, con un focus su salute e benessere. Nascono così i viaggi sostenibili, promossi dai governi locali e fortemente richiesti dai consumatori, con una crescente domanda di cibi locali e stazioni di ricarica per veicoli elettrici. Gli ospiti sono disposti a spendere di più per viaggi eco-compatibili e, dal punto di vista progettuale, si stanno definendo standard e strategie per misurare le emissioni lungo tutto il ciclo di vita del progetto. La percezione degli hotel cambia: da semplici luoghi di passaggio o soggiorno a spazi che soddisfano le aspirazioni degli ospiti, celebrando esperienze formative, sociali e culturali. Il design degli spazi è sempre più orientato a valorizzare l’immateriale e l’intangibile delle connessioni emozionali e delle esperienze umane, puntando su autenticità e integrazione con le culture locali. Infine, con l’evoluzione della tecnologia, si apre una nuova era che fonde il mondo virtuale con quello fisico, offrendo spazi altamente personalizzabili e migliorando l’esperienza sia per gli ospiti sia per il personale”.
Nuovi paradigmi per gli spazi ufficio
Definito il panorama del settore dei progetti per l’ospitalità, lo scenario si può allargare per indagare le influenze sugli altri ambiti del progetto per spazi del lavoro.
Tra le analisi di settore e gli approfondimenti sui mutamenti nel mondo del progetto, il volume “Living Working and Travelling. New Processes of Hybridization for the spaces of Hospitality and Work” firmato da Elena Elgani e Francesco Scullica. Ed è proprio Francesco Scullica, Ph.D e Full Professor presso il Design Department del Politecnico di Milano, a specificare i nuovi temi progettuali per gli spazi di lavoro: “Gli uffici non sono più luoghi dove le persone devono forzatamente svolgere un lavoro; molte attività possono essere svolte da remoto, dovunque si voglia. Di conseguenza gli uffici devono avere altri tipi di attrattività, devono essere pensati come spazi dove vivere l’accelerazione delle relazioni, come luoghi di incontro e di interazione, che incidono sulla qualità del lavoro e sui processi di elaborazione delle attività. Dunque, il posto di lavoro non può più essere ricondotto unicamente alla tradizionale scrivania, ma deve arricchirsi di spazi dove trascorrere momenti di incontro informali, come le aree lounge, aree break e per la ristorazione. Oltre agli open space, dovranno dunque essere previste nuove aree che consentano di bilanciare momenti pubblici e momenti privati; perché in determinati momenti ci può essere la necessità di condividere idee, mentre in altri è richiesta maggiore privacy. Tra gli obiettivi di progetto vi è dunque nuova variabile che implica sia una rivisitazione della distribuzione degli spazi, sia la selezione di una diversa tipologia di arredi, più accattivanti e più vicini a quelli utilizzati negli hotel che sono spazi accoglienti, performanti e altamente tecnologici”.
Marco Magalini e Manuel Barbieri, fondatori dell’agenzia di consulenza creativa MM Company, partono da una domanda per chiarire il ruolo dell’ufficio: “Perché dovremmo andare in ufficio per lavorare? Dovremmo interrogarci approfonditamente su questa questione. Se ci adducessimo questioni strettamente operative (connessione wi-fi velocissima, software, hardware, materiali di consultazione) verremmo presto smentiti dai fatti: tutto ciò che possiamo “fare” da soli in ufficio è fattibile anche da casa. Ecco che quindi entra in gioco la sfera dell’”essere”, ovvero tutte quelle questioni che hanno a che fare con il mondo dell’intangibile: le connessioni umane, i rapporti tra colleghi, il lavoro in team, l’energia generata dallo stare assieme, l’apprendimento indiretto, la gratificazione ambientale. Dal punto di vista meramente produttivo, è palese che avere un ufficio per lavorare non è più qualcosa di necessario. Chiunque potrebbe lavorare da casa, in una biblioteca o in una lounge pubblica. Il punto è: quanto questi luoghi off-office riescono a farci sentire parte di una squadra esclusiva, vincente e gratificante? Poco. O sicuramente meno che lavorare da un ufficio tanto cool da sembrare un hotel. Ma per riuscire in questa impresa è necessario fare un significativo step-up”.
Massimo Gianquitto, propone la propria lettura dei cambiamenti negli spazi ufficio rifacendosi alle nuove modalità lavorative: “A seguito alla pandemia e al ricorso dapprima al remote working e poi alla formula ibrida, in cui il lavoro è svolto in parte in ufficio e in parte da casa, cambia il modo di intendere gli spazi di lavoro. L’ufficio conserva la propria centralità, ma non è più il luogo in cui si svolgono la totalità delle attività lavorative. Lo smart working, disciplinato per legge nel 2017, è stato a lungo appannaggio delle multinazionali che lo avevano già adottato e sperimentato nei paesi d’origine, definendo nuovi modelli spaziali, non più basati sullo zoning funzionale, quanto piuttosto progettando spazi che utilizzano la logica dell’activity based working, ambienti di lavoro coerenti con un nuovo modello organizzativo guidato dalla tecnologia (technology driven change). La flessibilità del lavoro può essere la variabile più importante della retribuzione, rendendo lo smart working per i giovani assunti una vera e propria necessità. L’ufficio diventa di conseguenza il luogo dell’incontro e della comunicazione, delle idee, delle relazioni stabili e durature e in cui il layout dell’ufficio deve favorire il benessere dei lavoratori, trasformando il lavoro in una vera e propria esperienza unica e creatrice di valore la cosiddetta Work Experience. Temi che ho approfondito nel libro, Coworking&smartworking. Nuove tendenze nel mondo del lavoro, frutto dello studio e lavoro di ricerca svolto in IED proseguito poi con l’analisi e ricerca autonoma condotta da Level Office Landscape sui luoghi dell’ospitalità”.
Approfondisce Davide Fugazza, sales director per DVO e Sitland, offrendo spunti pratici in linea con il cambiamento: “L’ufficio si è evoluto in un luogo di contesto sociale, molto più collaborativo e interattivo di quanto non lo sia mai stato. Le attività di distensione sono fondamentali per il processo creativo e importanti per l’innovazione, tanto quanto il lavoro ad alto focus. Gli spazi sociali in ufficio offrono ambienti flessibili, comuni e stimolanti in cui le persone possono riunirsi, connettersi, focalizzarsi ed energizzarsi, evidenziando la crescente importanza dell’interazione umana in un mondo sempre più incentrato sulla tecnologia. La user experience, supportata dalle nuove tecnologie (Intelligenza Artificiale in primis) vedrà così lo sviluppo e la realizzazione di spazi e funzioni che avranno il dipendente come suo centro. Questo si traduce nella necessità di disegnare spazi e quindi prodotti che siano a supporto delle attività lavorativa, dei veri enabler and enhancer che abbiano nella flessibilità e nella specializzazione i loro punti di forza”.
Hôtellerie e ufficio: contaminazioni ed eredità
Ma quand’è che le strade del progetto per hotel e del progetto per spazi di lavoro si sono incrociate? Davide Fugazza parte da qualche anno fa: “La contaminazione tra ufficio e hotellerie non è recente, è un qualcosa che orbita nel mondo della progettazione da almeno un decennio. Era il 2014 quando, a Sydney, partecipai per la prima volta a un progetto di co-working ispirato dal mondo hospitality. Allora come oggi, lo studio dei flussi e dei percorsi come la centralità della user experience, fondamentale nel mondo ho.re.ca, ha preso sempre più rilevanza in quello dell’ufficio. Come rilevante è diventato il linguaggio dell’unicità. Un decennio fa, poi, per gli uffici di una specifica organizzazione, si parlava ancora di Corporate Identity, ovvero di uno stile e di un contenuto riconoscibile ovunque nel mondo; mentre oggi gli spazi, e i prodotti che li arredano, tendono ad avere stili e materiali che richiamino il luogo in cui lo spazio sorge, che siano i colori caldi e brillanti africani in ufficio a Casablanca, o le linee pulite Scandinave per un ufficio a Oslo, o pattern aborigeni a Sydney. L’identità non è più determinata da linee guida della corporation, ma dal luogo in sorgono gli uffici”.
Dal 2014 arriviamo al 2020, anno della pandemia e delle relative conseguenze nel mondo del progetto: la rivoluzione subisce un’accelerazione e i punti di contatto fra i due mondi aumentano, come racconta Marco Gastoldi continuando la timeline per arrivare al presente: “Negli ultimi anni, e specialmente nel nuovo scenario post-pandemia, la progettazione degli spazi lavorativi e dell’ospitalità ha trovato numerosi punti in comune. Entrambi adottano un approccio progettuale incentrato sulla persona, garantendo comfort e funzionalità attraverso spazi che si adattano sempre più alle esigenze di ospiti e dipendenti. La sostenibilità è un imperativo condiviso, con l’utilizzo di materiali ecologici e sistemi energeticamente efficienti per minimizzare l’impatto ambientale. L’integrazione di tecnologie avanzate è fondamentale in entrambi i contesti, migliorando comfort e connettività e promuovendo flessibilità degli spazi. Così gli ambienti, progettati per ospitare diverse attività come aree di lavoro collaborativo e spazi multifunzionali per eventi, seguono un trend in crescita di adattabilità e continua metamorfosi, rispondendo alle mutevoli esigenze degli utenti. L’introduzione di servizi tipici degli alberghi nei luoghi di lavoro, come spazi dedicati alla socialità, sta rivoluzionando l’ambiente aziendale. Aree comuni accoglienti, caffetterie di alta qualità e lounge simili a quelle degli hotel offrono ai dipendenti opportunità per rilassarsi e interagire. Questi spazi, ispirati all’ospitalità alberghiera, promuovono un ambiente di lavoro più inclusivo e stimolante, creando un equilibrio tra produttività e benessere. Oggi, gli impiegati trascorrono metà della loro settimana lavorativa in ufficio, il 20% del tempo a casa e il 29% in altri luoghi come spazi di coworking, presso clienti o sedi di clienti e in viaggi d’affari. Prima della pandemia, questa media era più vicina al 70% del tempo trascorso in ufficio. Così, il luogo di lavoro deve trasformarsi in una destinazione dove si desidera recarsi, piuttosto che un luogo in cui si è costretti ad andare”.
Arrivati al presente, dunque, è importante stabilire quali sono le contaminazioni fra i due universi e quali aspetti del progetto per hotel possono essere utili per adeguare gli uffici alle esigenze contemporanee.
“Il punto di incontro – afferma Francesco Scullica – è la caratterizzazione dell’esperienza attraverso la definizione di spazi, arredi e finiture che non siano classiche e formali, come nel ‘vecchio’ ufficio, ma diventino in qualche modo informali e capaci di abbattere le convenzioni. Un esempio concreto: non ci sono più soltanto determinati materiali e colori da scegliere, ma è disponibile un range molto più ampio di proposte”.
Entra nel merito Giovanni Franceschelli: “L’idea che ci siano dei layout estremamente flessibili e che non ci sia una suddivisione rigida fra gli spazi è un punto in comune fra i due settori. È evidente che negli spazi di lavoro quanto in quelli degli hotel devono essere garantiti diversi livelli di privacy, per cui sicuramente ci sono open space con tavoli che saranno community e social table e possono ospitare 8/10/12 persone e sono sicuramente presenti all’interno di alcune lobby di hotel come negli spazi di coworking. Al tempo stesso in entrambi i casi la richiesta di avere closed office rimane una prerogativa molto importante anche in previsione dello sviluppo delle video call che diventeranno delle riunioni in presenza e di un ologramma di una persona che, con i propri atomi è da un’altra parte del mondo, ma che con i propri bit è di fianco a te. Credo che questo aspetto possa diventare un ulteriore stimolo nel ripensare gli spazi di lavoro garantendo quell’equilibrio fra l’open space – simile alle lobby di un hotel – e lo spazio più riservato ed evoluto delle sale riunioni”.
Parola d’ordine: lounge
È proprio a partire dal progetto per gli spazi comuni che si intuisce il legame fra l’architettura degli hotel e quella per gli uffici. “La lounge, in passato principalmente presente in alberghi e aeroporti, oggi diventa uno spazio trasversale più diffuso. Si tratta di ambienti ibridi dove si può lavorare e studiare, ci si può connettere e rilassare”, conferma Francesco Scullica che così continua: “emerge il tema dello spazio ibrido anche negli uffici, diventato nucleo centrale del progetto”.
Massimo Gianquitto argomenta la tesi: “L’ufficio diventa… un hotel! Un ‘terzo spazio ’ ben progettato che può e deve accogliere una serie di funzioni diverse in un unico luogo, e oltre a includere gli ambienti dell’ufficio meno formali, può essere rappresentato da un’area collaborativa in cui organizzare riunioni informali, incontrare altre persone, collaborare e connettersi virtualmente, tramite portatili, a persone che non sono fisicamente presenti. Un’area lounge con comode sedute con braccioli per appoggio di tablet o divani, tavoli alti elettrificati adatti a spazi di ristorazione ma anche a brainstorming, elementi flessibili come le scrivanie regolabili in altezza che offrono una maggiore scelta nel modo di lavorare. Un’area relax per fuggire dalla monotonia della postazione di lavoro e ricaricarsi in un ambiente più ispirato, in cui ritrovare energie e creatività; un Work Cafè o una vera e propria cucina. Sempre più aziende e spazi pro-working mettono a disposizione dei collaboratori veri e propri servizi quali giardini, rooftop, stanze da gioco, palestre e aree lounge che ricordano gli ambienti rilassanti di una spa”.
Definita la composizione funzionale degli spazi, la tappa successiva riguarda l’intervento di interior design, fondamentale per definire lo stile e comunicare l’identità del brand.
“Credo che il progetto di interior design debba creare un’esperienza sensoriale per le persone che vivono la maggior parte del tempo della propria vita all’interno degli spazi di lavoro – dichiara Giovanni Franceschelli allargando il focus –. Sono strategici alcuni aspetti che riguardano l’illuminazione naturale ed è fondamentale riscoprire un approccio sincero dal punto di vista del progettista nella scelta dei materiali che non possono essere ancora oggi legati alla forma dell’oggetto ma alla durabilità, alla scarsa manutenzione, all’aspetto green. Gli spazi con la moquette tecnica grigia, pareti bianca, controsoffitti a quadrotti e illuminazione fredda dovrebbero essere rifiutati da parte di tutti i lavoratori, perché il contatto quotidiano con la natura, con elementi di vegetazione o materiali naturali come i desk con piano in legno e non in laminato o plastica, influenza il benessere dei lavoratori. Nello specifico, un ufficio è sempre più simile a delle vere e proprie lobby di hotel, questi spazi stanno subendo e subiranno un ulteriore grande trasformazione legata non solo alla flessibilità, ma alla qualità dell’uso della tecnologia richiesta”.
La scelta degli arredi
Restringendo sempre più il cono ottico, dall’interior design si raggiunge il progetto per l’arredo: come evolve tenendo in considerazione le influenze che arrivano dal mondo dell’hôtellerie e da quello rassicurante della casa? “Che i sistemi d’arredo debbano essere più funzionali rispetto alle proprie postazioni di home-office, è cosa scontata. Ma come devono essere per far vivere alle persone un momento professionale differenziante, oseremmo dire speciale?”, si chiedono Marco Magalini e Manuel Barbieri. “Forse dovrebbero essere più simili a degli accoglienti boutique hotel, anziché essere concepiti come delle aree “produttive”. Ecco che entrano in gioco gli interior dal look&feel “cozy” (uno esempio tra tutti il nuovo headquarter Jacquemus a Parigi): materiali dalle tattilità accentuate e colori rilassanti, finiture naturali, arredi avvolgenti collocati in spazi che consentano il lavoro in team (una riunione si può fare in un living), pezzi d’arte che elevino la personalità del luogo, brand identity ricercata che trasforma le necessità in benefit (la “mensa” diventa un corner-bistrot brandizzato). È più una questione d’insieme, di art direction”.
L’approccio olistico trova d’accordo anche gli altri progettisti coinvolti nel dibattito sull’hotelificazione: “sicuramente l’idea di avere un luogo versatile e flessibile e utilizzabile durante la giornata da più persone che hanno esigenze diverse non può tradursi solo nella scelta di un arredo ergonomico e accogliente o nella restituzione rispetto a una color palette o un moodboard con un’atmosfera calda”, conferma Giovanni Franceschelli mentre suggerisce di affrontare il progetto con una visione aperta, che tenga in considerazione anche colori, finiture, accessori.
La richiesta, dunque, è avere a disposizione – per progettisti e committenti – arredi flessibili, disponibili in diverse varianti, sia funzionali che estetiche, e che racchiudano sempre più mondi ibridi, ispirazioni provenienti da diversi luoghi dell’abitare: un invito alla complessità. E le aziende rispondono, come conferma Davide Fugazza: “Oggi proprio per la contaminazione di stili e funzioni nel mondo ufficio, penso qui all’outdoor e all’hospitality, quando si definisce un prodotto si tende a pensare sia in ottica di famiglia di prodotti, che di flessibilità nel suo utilizzo (in door – outdoor per esempio). Tale flessibilità influisce sia nell’utilizzo di materiali e finiture che nella necessità di accorgimenti strutturali tali da rendere i prodotti modulari. Se consideriamo anche il dovere morale di realizzare prodotti sostenibili e circolari la progettazione di prodotti non è mai stata così complessa”.
Complessità che, però, viene interpretata come opportunità per sviluppare progetti più articolati ed efficaci. “I prodotti per l’ufficio riguardano le attività lavorative e fanno riferimento a un preciso quadro normativo e tecnico dell’ambiente di lavoro, questo però non può limitarci, ma deve incoraggiarci a restituire al processo creativo del disegno del prodotto e dello spazio ufficio il carattere di un intenso erotismo, a creare un’immagine che non sia priva del piacere della rappresentazione e della narrazione”, racconta Massimo Gianquitto che continua: “Le tendenze di gusto sono ormai globali, e accomunano indistintamente tutti i campi, dal settore alberghiero, al retail, all’ufficio, alla ristorazione, al leisure e al tempo libero e… alla casa (prossima frontiera). Ibridazioni, contaminazioni, uso del pensiero laterale o per dirla con le parole di Achille Bonito Oliva l’uso del “Passo dello strabismo”: la capacità degli artisti di guardare dietro e anche lateralmente, l’attenzione per i fenomeni laterali e inattesi), diventano questi i nuovi strumenti su cui basare la progettazione e ridefinire nuovi perimetri più fluidi e meno vincolanti delle aziende. La formazione continua, lo studio e la ricerca d’ispirazioni, di riferimenti iconografici, simbolici contribuiscono a ravvivare il nostro settore, che per anni ha preteso di proporre prodotti simili e poco attraenti, specie quelli per le aree comuni, le zone di attesa, le aree break, senza alcuna tensione estetica ed emotiva. Insomma, la bellezza è un valore, al pari della funzionalità e della conformità tecnica”.
Office hoteling, il ruolo chiave della tecnologia
Dalla funzionalità alla bellezza, la relazione fra hotel e ufficio passa anche attraverso la tecnologia, il cui ruolo riguarda sia precise esigenze pratiche e, in senso lato, la employee experience.
Cuore del sistema sono le soluzioni per la prenotazione dei posti e delle sale, ma non solo. L’office hoteling – racconta Simone Casella, architetto e partner di Workitect, ha un raggio di azione più ampio: “permette di ottimizzare gli spazi, riducendo così le spese per l’energia, il riscaldamento e l’affitto. Si tratta di una strategia di gestione degli spazi di lavoro che permette alle persone di prenotare una scrivania o un’area di lavoro per un determinato periodo di tempo. Questo sistema si basa su un processo simile a quello degli alberghi, con fasi di prenotazione, check-in, utilizzo e check-out degli spazi. I vantaggi sono diversi: ottimizzazione degli spazi, riduzione dei costi operativi, maggiore flessibilità per i lavoratori e diminuzione dei conflitti di utilizzo. Non ultimo la possibilità di avere una visione più analitica dell’utilizzo quotidiano degli spazi”. Il percorso per aggiornare uno spazio di lavoro in questa ottica deve seguire delle tappe specifiche: “Prima di tutto occorre valutare le caratteristiche e le esigenze aziendali, andando a definire in maniera corretta la dimensione degli spazi e il loro futuro utilizzo. Il coinvolgimento dei dipendenti è fondamentale dal momento in cui si traccia una cornice, per definire le modalità di prenotazione e di utilizzo degli spazi, oltre ad entrare maggiormente nelle possibili esigenze specifiche dell’organizzazione. Questi momenti sono necessari per fare emergere le problematiche e adattare il progetto alle reali esigenze, evitando sin da subito inefficienze.
Successivamente, va selezionato un sistema di prenotazione, preferibilmente facile e intuitivo. Se non è già stato fatto, bisogna riconfigurare gli spazi di lavoro per creare aree specifiche adatte alle diverse attività svolte all’interno dell’azienda. Infine – chiude Simone Casella – consiglio di organizzare una o più sessioni di formazione per i dipendenti sull’uso dei nuovi sistemi e di predisporre un vademecum con le regole di utilizzo delle postazioni nei diversi ambienti”.
Se, dunque, da un punto di vista l’office hoteling semplifica la gestione degli spazi e contiene le inefficienze, secondo una visione più aperta può essere un importante alleato legato al benessere degli utenti, quindi uno strumento fondamentale per migliorare l’employee experience.
“I progressi nella tecnologia sul posto di lavoro migliorano l’efficienza, la collaborazione e la soddisfazione dei dipendenti”, conferma Marco Gastoldi che così prosegue: “gli uffici intelligenti utilizzano l’IoT (Internet of Things) per ottimizzare l’illuminazione e la temperatura, promuovendo il comfort e il risparmio energetico. Gli strumenti che utilizzano l’intelligenza artificiale semplificano le attività e migliorano il processo decisionale; la realtà virtuale, inoltre, facilita la collaborazione remota, consentendo riunioni virtuali e sessioni di formazione. I vantaggi includono una maggiore produttività, costi operativi ridotti e un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata. La tecnologia aiuta le organizzazioni a comprendere e migliorare le dinamiche del posto di lavoro, mentre le iniziative di ‘ufficio intelligente’ creano ambienti adattivi su misura per le preferenze individuali. Queste tecnologie favoriscono un ambiente di lavoro moderno, efficiente e dinamico. Nella scelta delle tecnologie per la progettazione del luogo di lavoro è bene considerare vari aspetti, fra i quali le esigenze degli utenti, la compatibilità con i sistemi esistenti, la scala di intervento, la sicurezza, la facilità d’uso, l’impatto economico, le opzioni di supporto e manutenzione, le capacità di integrazione, l’adattabilità alle tendenze future e la capacità di migliorare la produttività e la collaborazione”.
Efficienza, strategia, semplicità, integrazione sono nodi fondamentali per la diffusione della tecnologia e l’avvicinamento dell’ufficio al comfort di un hotel. Chiarisce Anna Cometti, marketing manager di FAR Networks: “Le soluzioni di gestione e ottimizzazione dell’uso degli spazi sono oggi un tema fondamentale in ogni azienda che deve dotarsi di soluzioni tecnologiche che offrano servizi semplici ai collaboratori e strumenti di gestione flessibili e veloci. La trasformazione verso il modern workplace richiede una strategia che combini tecnologia, persone e nuove pratiche collaborative, per rendere fluida e semplice l’employee experience e per garantire produttività e sostenibilità alle aziende. Tra i principali vantaggi per un’azienda ci sono sicuramente l’efficienza e l’ottimizzazione dell’uso degli spazi e costi, così come il risparmio energetico e più in generale la possibilità di modulare l’impiego delle risorse secondo logiche basate su dati reali di utilizzo. Inoltre, in termini di efficienza, la tecnologia deve integrarsi a pieno con i sistemi di produttività (per esempio Microsoft 365, Teams) per garantire un ambiente unico di lavoro ottimizzato; fondamentale anche l’integrazione con i sistemi delle risorse umane e del Facility per facilitare la pianificazione di strategie sia dal punto di vista delle persone che degli spazi.
Anche il comfort ambientale è un aspetto che impatta sulla produttività e benessere aziendale. È quindi fondamentale che le soluzioni tecnologiche raccolgano informazioni e parametri come qualità dell’aria e rumorosità, luce, people counting, per permettere di intervenire dove necessario ed assicurare ambienti confortevoli e sostenibili.
Negli hotel come negli uffici l’efficienza dell’impiego degli spazi, la semplicità di prenotazione e utilizzo da parte degli utenti e la possibilità di avere a disposizioni dati e dashboard sull’impiego delle risorse, sono elementi che permettono di fare efficienza e allo stesso tempo orientare le scelte di business verso servizi sempre più adeguati”.
La semplicità d’uso è fra i nodi fondamentali in questo ambito, già popolato di numerose offerte fra piattaforme e specifiche tecnologie. Federica Russo, communication services business development manager di Ricoh Italia, descrive la strada percorribile: “Una delle principali problematiche che le aziende stanno affrontando riguarda l’eccessivo numero di tecnologie e piattaforme per il Workspace Management. Questo, da un lato, rende difficoltosa la gestione dei fornitori e dei costi, e dall’altro influisce negativamente sull’experience delle persone che spesso devono navigare tra diverse applicazioni per prenotare un desk o una sala riunione, oppure per gestire l’arrivo di un visitatore. Diventa dunque fondamentale mettere a disposizione dei dipendenti un’unica piattaforma, modulare, per la prenotazione delle risorse aziendali, con la possibilità di verificare la disponibilità di strumenti tecnologici e servizi di cui si ha bisogno per lavorare e collaborare. Applicazioni che permettono inoltre di prenotare parcheggi, servizi interni quali ad esempio il catering o un presidio IT, sensoristica per il monitoraggio del comfort negli spazi, e gestire in modo rapido e sicuro l’accesso dei visitatori. L’ambiente di lavoro diventa quindi dinamico e facilmente fruibile, anche grazie all’integrazione di mappe 3D che guidano l’utente in un’ottica di way finding e alla possibilità di gestire, in maniera integrata, sistemi di digital signage. Esattamente come avviene nel settore dell’hospitality, l’obiettivo è quello di fornire la migliore esperienza agli ospiti delle aziende e agli utenti. Le tecnologie semplificano le attività quotidiane delle persone e allo stesso tempo migliorano la qualità degli spazi lavorativi, grazie alla possibilità di realizzarli in base alle specifiche esigenze e di monitorarne costantemente l’efficacia al fine di ottimizzarla. Questo approccio personalizzato riflette quello adottato nel mercato dell’hospitality, dove l’esperienza delle persone è al centro di tutto. Un workplace così delineato è in grado di attrarre, motivare e trattenere i migliori talenti offrendo un ecosistema, fisico e digitale, che diventa davvero inclusivo e luogo di relazioni.
Dunque un approccio innovativo al Workspace Management che porta vantaggi non solo a Facility Manager, HR Manager e IT Manager, ma anche ad architetti e interior designer, fornendo indicazioni importanti ai fini della progettazione e dell’ottimizzazione degli spazi di lavoro per migliorare efficienza e benessere dei dipendenti: grazie alla disponibilità di insights a valore sull’utilizzo di postazioni e spazi da parte dei dipendenti, è possibile intervenire per riprogettare le aree non adeguatamente sfruttate o adeguarle a nuove esigenze organizzative, ad esempio implementando soluzioni di design flessibile, come uffici modulabili o ambienti condivisi”.
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