Gli arredi per i nuovi open space
La condivisone degli spazi da parte dei lavoratori orienta i nuovi layout e la proposta di arredi che ne danno una diversa chiave di lettura. Scrivanie, sedute e mobili contenitori si aggiornano per adattarsi alle preferenze dell’utente e per aprirsi a molteplici configurazioni, partecipando attivamente alla definizione di quell’atmosfera di benessere e di accoglienza in grado di richiamare i talenti
L’onda lunga dei cambiamenti sui metodi di lavoro, ormai confermati dalla loro continuità nel periodo post-pandemico, raggiunge il settore della progettazione degli arredi per le aree open space, influenzandone i cardini costitutivi. Ed è così che il processo progettuale alla base di questi nuovi elementi deve tenere in considerazione il cambiamento del modo di vivere lo spazio ufficio che si connota come luogo di scambio e di crescita professionale, dove il lavoro alla scrivania è uno dei modi di svolgere la propria attività.
Ne consegue un ripensamento del ruolo dell’open space che mette in primo piano principi come la flessibilità, il comfort e la condivisione delle risorse. Principi che divengono i capisaldi dei nuovi sistemi di arredo che si trasformano in architetture che permettono di trasformare e rinnovare lo spazio, partecipando attivamente alla definizione di quell’atmosfera di benessere e di accoglienza in grado di richiamare i talenti. A dare ulteriore slancio all’evoluzione dei sistemi le conoscenze acquisite nel campo delle neuroscienze – che hanno fornito ulteriori dati su come le persone reagiscono psicologicamente a forme, texture e colori – e la nuova sensibilità verso il design biofilico che, tra i tanti aspetti che lo definiscono, spinge a trasformare gli arredi in un ‘mezzo’ per portare il verde negli ambienti di lavoro facendo in modo che sia a diretto contatto con le persone che occupano gli spazi.
Integrazione tecnologica e attenzione ai temi legati alla sostenibilità completano perimetro entro il quale prendono forma le nuove soluzioni di arredo.
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Obiettivo benessere
Il motore dei cambiamenti negli open space è mosso sia dai nuovi metodi di lavoro, nati prima della pandemia e consolidatisi negli ultimi anni, sia da un altro carburante, la ricerca del benessere del dipendente come chiave per stimolare la produttività. Ne parla Laura Merlin, creative design director di Tétris Italia: “La pandemia COVID-19 ha cambiato per sempre il nostro modo di lavorare e se l’ultimo anno e mezzo ci ha insegnato qualcosa, è che l’ufficio deve essere ripensato in modo da mettere le persone al centro. Dall’ufficio, le persone si aspettano molto di più che un semplice luogo dove sedersi e lavorare, e il design si sta evolvendo per riflettere l’importanza dell’ufficio come spazio di interazione sociale, generazione di idee e coltivazione di una comunità. Il suo scopo diventa quello di facilitare la collaborazione, la creatività e l’apprendimento. L’ufficio diventa uno spazio multifunzionale che permette alle persone non solo di lavorare, ma di vivere, socializzare e fare esperienze. Assumono valore gli spazi dedicati al non lavoro, come stanze per il relax e la meditazione, giardini, rooftop, orti e sale ludiche dove le persone possono socializzare. Dunque, un ufficio concepito come una destinazione in grado di offrire qualcosa che le persone non possono ottenere altrove, con una varietà di spazi per il benessere oltre che per il lavoro. Vediamo che le persone non vanno più in ufficio per svolgere del lavoro individuale ma per incontrare i colleghi e i clienti, per lavorare insieme sui progetti e scambiarsi idee in modo spontaneo. Inoltre, la pandemia ha portato una reale attenzione alla salute e al benessere. Questa tendenza si riflette anche nel modo in cui l’ufficio è configurato e progettato per allinearsi in questo senso agli obiettivi delle aziende. Il design degli spazi di lavoro che promuove la brand identity di un’azienda è fondamentale per coltivare tra i dipendenti, che si vedono meno frequentemente, il senso di appartenenza ed esprimere la cultura aziendale. Inoltre, un luogo di lavoro che offre un ambiente sano, sostenibile e comunitario diventerà un elemento distintivo ancora più importante per trattenere il personale e attrarre talenti”.
Level ha approfondito il tema a partire da una ricerca condotta dal colosso americano del cowoking, WeWork, nella quale i lavoratori dichiarano che un luogo di lavoro flessibile impatta in modo significativo sul loro benessere e sulla produttività addirittura più dello stipendio e di un numero maggiore di giorni di vacanza. È emerso che “il modo di interagire tra i lavoratori è cambiato, così come la gestione quotidiana dello spazio a disposizione in azienda. Con l’avvento dell’open-space e il progressivo abbandono del modello cubicles, i datori di lavoro hanno capito che il benessere dei collaboratori influisce direttamente sulla produttività. Aprire tutti gli spazi, installare scrivanie condivise e far lavorare nello stesso ambiente indistintamente chi deve svolgere focus work e chi si dedica mansioni creative o commerciali e passa ore parlando coi colleghi o al telefono, non si è rivelata una scelta vincente. Ecco perché il modello dell’open-space fine a sé stesso ha portato stress e calo di prestazioni in molte aziende, costringendo i vertici a ripensare l’organizzazione del layout dell’ufficio secondo parametri diversi. Non più scrivanie fisse e assegnate, ma postazioni ideate per assecondare il bisogno di specifici momenti, in relazione all’attività lavorativa del collaboratore. Da qui nasce l’activity based working (ABW) che rende l’ufficio uno spazio ibrido e flessibile e consente ai professionisti di muoversi liberamente al suo interno per ottimizzare le attività e, di conseguenza, incrementare la produttività”.
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Nuovi open space: come interpretarli
In questo contesto vanno letti i cambiamenti che investono i nuovi open space che oggi, raccogliendo i mutamenti legati alla pandemia, vivono un’ulteriore accelerazione verso la definizione di una diversa identità come aree a supporto dello scambio e della creatività.
“L’ufficio è profondamente cambiato, da spazio di produttività oggi diventa spazio in cui stare insieme, scambiare idee, arricchire le proprie visioni e ampliare le competenze – conferma Stefano Viganò, head of technical department and R&D di Tecno. Gli ambienti di lavoro oggi accolgono personale nomade all’interno di spazi ibridi tra aree per il lavoro individuale e punti di incontro e partecipazione collettiva. Tanto più si lavora da casa, quanto più l’ufficio diventa il luogo in cui incontrarsi e fare community: uno spazio dove riunire menti e idee, realizzare progetti e sviluppare soluzioni per costruire insieme un patrimonio condiviso”.
Laura Merlin approfondisce il tema: “Invece di concentrarsi su un rapporto scrivania/dipendente, il design dell’ufficio si baserà su spazi condivisi con una vasta gamma di scelte d’arredo per facilitare quello che le mura domestiche non sono in grado di offrire: lavoro di gruppo formale e informale, mentoring e chiacchiere occasionali con i colleghi per far nascere idee. Dal punto di vista del design, questo significa sostituire le aree di lavoro formali con spazi flessibili e collaborativi, con arredi e divisori che possono essere spostati o rimossi a seconda di come lo spazio verrà utilizzato. Con il lavoro di concentrazione che si svolgerà sempre meno in ufficio, diminuirà la necessità di postazioni di lavoro individuali che verranno sostituite da aree di lavoro diversificate per ospitare più tipologie di attività, come ad esempio i divani per il lavoro di gruppo informale, banconi in stile bar per le sessioni di lavoro informali e nicchie isolate per le sessioni individuali. Prima della pandemia, una delle prime cose che i clienti avrebbero detto è ‘ho bisogno di un determinato numero di scrivanie’. Ora, i clienti si stanno sbarazzando delle scrivanie e ci chiedono le nostre idee sugli spazi di incontro collaborativi, che sono informali. C’è una tendenza generale ad abbandonare le riunioni formali e rigide con i clienti e in generale, tutte le aziende stanno diventando più informali e non si aspettano più di essere portate in una sala riunioni per una presentazione. La pandemia ha mostrato chiaramente come il vecchio modo di lavorare non fosse molto fluido e, con le generazioni più giovani che entrano nel mondo del lavoro, le aziende sanno di dover cambiare per attrarre e trattenere i talenti, oltre che per avere successo. Anche le aziende che prima erano riluttanti hanno capito che il lavoro flessibile è qui per rimanere, quindi stanno ascoltando i loro dipendenti e adottando un approccio più olistico, che a sua volta sta influenzando la loro decisione di rinnovare i propri uffici in uno spazio più accogliente e dinamico”.
La condivisone degli spazi da parte dei lavoratori orienta i nuovi layout e la proposta di arredi che ne danno una diversa chiave di lettura. Scrivanie, sedie e librerie dovranno quindi adattarsi, in modo semplice e immediato, alle preferenze dell’utente di volta in volta diverso e aprirsi a configurazioni flessibili.
Si apre, dunque, il ‘portafoglio prodotti’ necessario per un ufficio di nuova generazione:
Stefano Viganò propone esempi concreti di come Tecno ha risposto a queste tendenze attraverso nuovi progetti di design: “I luoghi del lavoro si rinnovano, variano i codici e si evolvono con nuove modalità per viverli. L’azienda ha immaginato questi scenari progettando arredi efficienti, responsive e allo stesso tempo accoglienti, perché al centro degli spazi ci sono sempre le persone. Uno spazio di lavoro in mutazione costante per upgrade organizzativi, tecnologici e logistici: un luogo intimo e pratico composto da strumenti che riuniscano le menti intorno ai nuovi processi e accelerati dalla tecnologia. Con Clavis si affronta il tema della flessibilità intesa come capacità di cambiare, modificarsi e adattarsi a situazioni sempre diverse, creando un sistema di tavoli da lavoro che, grazie a un unico giunto a innesto, è in grado di comporsi e riconfigurarsi in modo semplice, veloce e ‘tool free’ rispondendo alle esigenze di ambienti di lavoro in costante rinnovamento sia esso strutturale, dimensionale, tipologico o professionale: da postazioni standard a seat standing fino a soluzioni con regolazione elettrica dell’altezza del piano. Mentre con Beta, il sistema organico di postazioni lavoro pensato per dare nuova forma allo spazio, si è voluto mettere a punto uno strumento in grado di adattarsi ai comportamenti delle persone ed evolvere nel tempo”.
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Sottolineano i cambiamenti nel modo di interpretare l’open space anche i designer coinvolti nel dialogo sul tema.
“Da sempre, riteniamo che gli open-space siano adatti esclusivamente ad alcune tipologie di lavoro – afferma Fiorenzo Dorigo, titolare dello studio Dorigo Design – La percezione attuale suggerisce che, nel prossimo futuro, le postazioni di lavoro saranno delle cellule aperte e trasformabili, una versione organica, aggiornata e migliorata, dei cubicles tipici degli Anni 70 e 80. Sempre più importanza viene data all’ergonomia, dalla seduta operativa ai tavoli che offrono la possibilità di lavorare in piedi. Cerchiamo inoltre di armonizzare i luoghi di lavoro bilanciando l’uso dei materiali e integrando pannelli fonoassorbenti, così da rendere le postazioni più accoglienti e ritrovare quegli elementi che ci permettono di vivere la nostra sfera personale, con la nostra musica, le nostre passioni e, dove possibile, suggeriamo la presenza del verde”.
Le parole d’ordine dei nuovi open space sono dunque ‘rompere gli schemi’ e ‘destrutturare i layout’ Ma fino a quanto ci si può spingere? Risponde John Bennet, designer e company director di JWB design limited: “Dopo aver iniziato come designer di mobili per ufficio nei primi Anni 80 e aver lavorato per deistituzionalizzare l’ambiente dell’ufficio, ora mi ritrovo quasi quarant’anni dopo a chiedermi se siamo andati troppo oltre. Mi immagino come mi sentirei a lavorare in un moderno open space. Probabilmente, la risposta sarebbe positiva, ma se avessi bisogno di concentrarmi e di produrre un pensiero di qualità avrei bisogno di un particolare tipo di ambiente e privacy. Penso che il modo in cui viene rappresentato lo spazio ufficio contemporaneo sia fuorviante e non corrisponda alla realtà. Se diamo uno sguardo alle nuove gamme di prodotti presentate nelle fiere del mobile, si potrebbe pensare che il tavolo da lavoro sia scomparso. In realtà è impensabile lavorare al computer, per lungo tempo, su una panca o un divanetto, rimane fondamentale il rapporto tra una sedia operativa ergonomica e un piano di lavoro. Ovviamente utilizziamo attrezzature diverse ed è diventato più facile portare il lavoro in giro con sé e di conseguenza tenere il passo con ciò che sta accadendo mentre siamo ‘on the road’. Il portafoglio di prodotti delle aziende si amplia dunque per includere più prodotti di seduta per aree informali o pod che rispondono a nuovi modi di lavorare”.
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La tecnologia negli arredi operativi
È finito il tempo dei complicati cablaggi, nella maggior parte dei casi basta una buona rete Wi-Fi affinché le persone in azienda siano in grado di svolgere il proprio lavoro. Di conseguenza, gli arredi operativi si alleggeriscono di tutta una serie di sovrastrutture.
“Riteniamo che, allo stato odierno, l’integrazione tecnologica abbia ancora un impatto relativamente limitato sulla postazione di lavoro, con sistemi di regolazione dei piani, condivisione schermi, reti Wi-Fi e punti di ricarica wireless. Al momento, il cambiamento più grande pensiamo sia la possibilità stessa di lavorare da remoto e la flessibilità che questo porta con sé. Mentre nella prossima generazione di postazioni di lavoro giocheranno un ruolo chiave l’intelligenza artificiale e la realtà virtuale” specifica Fiorenzo Dorigo.
Ma se da un lato gli arredi perdono il ruolo di far correre i cablaggi attraverso il layout dell’open space, dall’altro gli viene attribuita una nuova ‘intelligenza fondamentale per dialogare con i sistemi di gestione degli edifici e per assicurare corretto settaggio di tutte le variabili ambientali.
“L’ufficio condiviso è ormai realtà, quello che rimane troppo complesso è la sua gestione. Tecno insieme a IO.T Solutions hanno risposto con la piattaforma Dina – Connecting Spaces che gestisce in modo immediato spazi, flussi e servizi. Scansionando un QRcode è possibile accedere e prenotare la postazione, occupare un locker, settare l’illuminazione tramite la gestione di luci e tende, organizzare una videoconferenza in una delle meeting room, monitorare gli accessi, consentire l’occupazione ciclica del personale in sede. In sintesi, ottimizzare le risorse garantendo la gestione degli spazi in un’ottica di condivisione ma salvaguardando il benessere complessivo per chi lavora. La recente implementazione di WQube, il sistema architettonico di moduli plug-and-play, rappresenta la soluzione tecnologica, efficiente e sostenibile, che permette di allestire in qualsiasi luogo un ambiente chiuso, accogliente e completo di tutte le dotazioni per lavorare e incontrarsi in modo facile e veloce. Un network di ambienti modulari utilizzabili in modo immediato in qualunque ambiente senza la necessità di alcun intervento strutturale”.
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Sostenibilità e responsabilità sociale
La consapevolezza sull’importanza del rispetto per i parametri legati all’ambiente è da anni presente, sia in un’ottica legate alla ricerca di sostenibilità, sia come valore aggiunto nella comunicazione del prodotto.
A questo proposito con il protocollo Level-FEMB, sviluppato e promosso dalla Federazione europea dei produttori di mobili per ufficio, FEMB, è stato messo a punto uno strumento dagli stessi produttori di arredo per ufficio, a seguito di un confronto trasparente con gli enti di certificazione e le altre parti interessate, per valorizzare e comunicare gli sforzi compiuti nella direzione della sostenibilità e i riconoscimenti ottenuti dai produttori.
Tutti i soggetti coinvolti in questo dibattito sull’evoluzione degli arredi operativi sono concordi nel sottolineare l’importanza del tema, allargando il concetto di sostenibilità anche a quello di responsabilità sociale, come anticipa Laura Merlin: “la responsabilità sociale è uno dei temi caldi. Per le aziende e i produttori di arredi si tratta di contribuire attraverso il design e l’allestimento degli spazi di lavoro alle comunità locali, creare un’economia circolare e approvvigionarsi localmente. Mentre l’allestimento di un ufficio è un prodotto a lungo termine, fino a poco tempo fa, quando si progettava un nuovo spazio di lavoro, i fattori principali che venivano presi in considerazione erano i costi, la funzionalità e l’estetica, con poca attenzione all’impatto di queste scelte sull’ambiente. Ora, con l’aumento della consapevolezza in questo ambito, l’applicazione di procedure sostenibili sta diventando sempre più comune. Soprattutto si tratta di riciclare e riutilizzare i materiali già a disposizione per ridurre i rifiuti. I produttori sviluppano continuamente nuovi materiali e soluzioni che supportano la progettazione in un’ottica di riduzione degli sprechi. Inoltre, sempre più clienti sono interessati a rendere il loro ufficio più ecologico, non solo attraverso l’uso di materiali sani e certificati, ma anche attraverso la gestione delle attività quotidiane. Un altro fattore importante da considerare quando si realizzano nuove aree è l’ottimizzazione in anticipo dello spazio e delle attrezzature, scegliendo materiali che saranno facili da riciclare o riutilizzare in futuro. Oggi c’è un numero crescente di prodotti interessanti fatti di materiali riciclati, come i piani di lavoro in plastica riciclata. Con un numero sempre maggiore di aziende che investono in un’economia circolare, c’è una gamma crescente di arredi e finiture che creano pochi o nessun tipo di spreco, assorbendo ciò che viene generato nei loro cicli di produzione – e riducendo ciò che deve essere smaltito in discarica quando le aziende ristrutturano o quando i materiali si deteriorano”.
Conferma Fiorenzo Dorigo a proposito del processo progettuale che anticipa la definizione di un nuovo arredo operativo: “Da parecchi anni iniziamo il pensiero progettuale già con l’idea della sostenibilità: non solo cosa fare, ma come farlo, che materiali utilizzare e che impatto ambientale avrà un prodotto. Nel nostro lavoro non è accettabile sviluppare nuovi design che non siano creati dal riuso e riciclabili a fine vita. Anche le aziende sono sempre più sensibili alla sostenibilità e capiscono l’importanza etica di questa scelta, che rappresenta un’opportunità per proporre sul mercato prodotti che creano cultura”.
Stefano Viganò aggiunge: “il buon design non è solo forma e funzione ma anche la qualità della manifattura che dà valore al progetto. Secondo questa logica, l’azienda usa materiali dalle altissime performance, ecocompatibili, riciclati e riciclabili; i suoi prodotti sono concepiti per durare nel tempo anche nei contesti più sfidanti come aeroporti e stazioni, ma sono anche ingegnerizzati per essere separati in componenti monomateriche al termine del ciclo di vita. Le collezioni di prodotti si legano in questo modo anche a certificazioni più ampie sugli edifici e sugli ambienti per progetti di piccole, medie o grandi dimensioni, come le certificazioni LEED Gold e Platinum o WELL, per realizzare spazi di lavoro belli e sostenibili”.
Aggiunge John Bennet a proposito del connubio fra materiali e sostenibilità: “L’evoluzione e l’attenzione verso la salute e la sicurezza dei materiali utilizzati in ufficio è migliorata negli ultimi quarant’anni. Ora ci troviamo in una situazione particolare e la consapevolezza globale è su come gestiamo le risorse del pianeta. L’infrastruttura non è ancora molto sviluppata e l’accessibilità ai prodotti rigenerati da materiali riciclati è scarsa, ma immagino sia un processo lento e in evoluzione. Penso che designer e architetti tutti siano già a bordo e facciano tutto il possibile quando ne hanno l’opportunità. Il basso consumo energetico della trasformazione della materia prima in prodotti è la direzione futura, come lo sono i relativi materiali”.