Broken Nature, dal design soluzioni per far pace con la natura
La XXII Esposizione Internazionale della Triennale di Milano è stata un’edizione all’insegna di un design ricostituente che reinterpreta il rapporto tra gli esseri umani e il contesto in cui vivono
“Broken Nature: Design Takes on Human Survival” questo il titolo della XXII Edizione della Triennale che analizza il rapporto che intercorre tra la dimensione antropica e quella naturale, proponendo una riflessione sul modo in cui l’essere umano concepisce, costruisce e abita il contesto in cui vive e, contemporaneamente, su come il design, a scala diversa, possa affrontare e risolvere anche le emergenze e le criticità ambientali, ricostituendo i legami tra l’Uomo e la Natura. Un rapporto ormai compromesso dalla mancanza di rispetto delle leggi e dei ritmi naturali, dall’azzeramento delle tradizioni e dall’omologazione, da uno sviluppo incontrollato e da uno sfruttamento portato avanti senza criterio con pesanti ripercussioni sul Pianeta.
Un tema difficile e provocatorio che, data l’urgenza e la posta in gioco, è stato concepito e affrontato in termini di sfida, come ha spiegato durante la conferenza stampa di presentazione la curatrice Paola Antonelli, senior curator del Dipartimento di Architettura e Design e direttrice del Dipartimento Ricerca e Sviluppo al Museum of Modern Art di New York: “Il design su diverse scale – dall’architettura alla visualizzazione dei dati, dal biodesign alla pianificazione urbana – non solo costruisce artefatti, ma plasma anche comportamenti che si ripercuotono sulla vita, in tutte le sue forme. Fungendo da mediatore cognitivo, pragmatico e politico, il design può diventare uno strumento riparativo”. Parole volte a sottolineare la necessità di adottare una prospettiva a lungo termine e a incentivare un atteggiamento più responsabile, insieme a regole e ad abitudini nuove, e a misure concrete in linea con gli equilibri naturali, che ci permettano di ricostituire quel sistema complesso di legami essenziali che, inevitabilmente, abbiamo da sempre con la natura. Tutto questo, non senza il coinvolgimento dei cittadini che possono diventare il motore più potente per produrre dei cambiamenti. Da qui il concetto di “design ricostituente”, che diventa il filo conduttore della XXII Triennale. Un filo conduttore rintracciabile in tutte le idee sottoposte, elaborate a partire da elementi e teorie progettuali differenti, attraverso un design di prodotto o un design di processo (oggetti o strategie quindi). Questa Triennale ha lo scopo di incoraggiare designer, architetti e artisti a condividere intenzioni e a sviluppare soluzioni all’insegna della sostenibilità, in modo da assicurare una migliore qualità di vita in futuro.
Della stessa opinione anche gli altri relatori presenti, tutti concordi nell’affermare quanto una presa di coscienza vera e propria da parte di tutti sia diventata una “conditio sine qua non”, a cui devono seguire azioni collettive appropriate e coerenti a tutti i livelli; e quanto il lavoro complessivo oggi presente in Triennale e rivolto al grande pubblico, possa realmente influire sulla condotta e la prassi sociale.
Giuseppe Sala, sindaco di Milano, ha infatti rimarcato l’importanza di un maggiore coinvolgimento generale, partendo sì da un dibattito e facendo le dovute riflessioni, ma passando poi anche all’azione. Questo perché: “Ciò che siamo oggi, e ciò che saremo come comunità umana domani, dipende dalla nostra relazione con la Terra che ci ospita e con la sua affascinante complessità”.
Stefano Boeri, presidente della Triennale, ha invece ribadito come i progetti, le collaborazioni, e ogni altro tipo di contributo espressivo e analitico esposto, comunichino l’urgenza di affrontare le criticità ambientali a livello globale, rivedendo e riadattando il concetto di geopolitica, attualmente ancora troppo miope; e come questi rappresentino un esplicito invito a ripensare le nostre scelte quotidiane e a correggere il nostro stile di vita, i nostri consumi, il modo di utilizzare e riutilizzare le cose, l’energia, e i materiali. “La Natura compromessa, lacerata, interrotta non è, infatti, solo quella del mondo vegetale, ma anche quell’equilibrio tra tutte le specie viventi, quella coesistenza tra mondi vitali che la nostra cultura antropocentrica ha progressivamente ignorato” ha specificato Boeri. “In questo squilibrio, provocato da un antropocentrismo arrogante che non solo ha violato ed estromesso dalla sfera umana intere parti del mondo vitale, ma ha troppo spesso trasfigurato la varietà vitale dei popoli dell’umanità rendendola un sistema per creare muri impenetrabili e recinti con sovrani posticci, ci ritroviamo oggi con le nostre responsabilità di specie dominante e la nostra cultura di colonizzatori di noi stessi”. Ad auspicare e a farsi promotore di una rivoluzione culturale radicale è stato Stefano Mancuso, professore Ordinario presso la Facoltà di Agraria dell’Università di Firenze e, in questa sede, curatore della Nazione delle Piante. Ritenuto un’autorità nel campo della neurobiologia vegetale, Mancuso ha infatti suggerito un nuovo punto di vista a proposito del ruolo, del volume e dell’impatto che le piante hanno all’interno del nostro ecosistema, spiegando come, in un’ottica di sopravvivenza, “la forma di intelligenza” che ne regola le funzioni e le capacità di adattamento potrebbe rivelarsi un modello da imitare utile anche per “noi umani”.
Interventi che hanno fatto capire come l’Esposizione Internazionale della Triennale di Milano, abbia tutte le carte in regola per confermare di essere una manifestazione educativa e proiettata verso l’innovazione. Mai uguale a se stessa, l’esposizione è capace di rinnovarsi nel tempo in quanto espressione della società contemporanea, creando, di volta in volta, un dialogo costruttivo perché aperto alla cooperazione tra individui, nazioni e discipline, e riaffermando il potere visionario del design, dell’immaginazione e dell’inventiva.