Il pavimento sopraelevato si fa in tre
Struttura, pannello portante e finiture superficiali un tempo uniti in un’unica soluzione vengono oggi gestiti separatamente per offrire maggiore flessibilità e possibilità di personalizzazione
L’esigenza di creare uffici personalizzabili secondo le preferenze dell’azienda occupante ha portato a scindere le diverse componenti del pavimento sopraelevato. Se infatti la struttura portante e il pannello grezzo rimangono legati all’architettura dell’edificio e quindi forniti a priori, la finitura superficiale, considerata elemento altamente caratterizzante degli spazi, diviene prerogativa dell’interior design e quindi definita in una seconda fase per permettere al cliente finale di effettuare la scelta in funzione del contesto aziendale, dell’immagine ricercata e delle performance richieste. Questo ha di fatto svincolato la finitura dalla modularità del pavimento aprendo la strada a soluzioni autoposanti modificabili secondo le preferenze dei tenant.
Non solo il pavimento sopraelevato è sempre più considerato un elemento imprescindibile nella realizzazione di ambiente armonici e confortevoli con una crescente attenzione agli aspetti legati all’ecosostenibilità dei materiali, all’acustica e a soluzioni che integrano impianti di climatizzazione favorendo il benessere nell’ambiente di lavoro.
Sotto la superficie, la struttura di sostegno e il pannello portante vengono declinati dalle aziende produttrici in soluzioni che velocizzano la posa in opera, incrementano la stabilità e la resistenza ai carichi e a eventi sismici.
Sposta l’attenzione dal prodotto alle fasi di installazione e manutenzione la norma UNI 11617:2016 “Prodotti processi e sistemi per l’organismo edilizio” che, scaturita dalla sinergia dei maggiori produttori di pavimenti sopraelevati, mira a preservare il corretto utilizzo del prodotto e i requisiti del progetto specificando ruoli e responsabilità di tutti gli attori coinvolti. Il documento – che affianca la norma di prodotto EN 12825 – definisce il pavimento sopraelevato come elemento che deve essere scelto e progettato in un’ottica integrata, che guarda all’edificio nel suo complesso, valutandone la compatibilità con gli altri elementi civili e impiantistici previsti dal progetto. Con la definizione delle linee guida per la progettazione, la posa in loco e la manutenzione, la norma elimina tutti quegli spazi di ambiguità contrattuale e tecnica dovuti alla mancanza di un’adeguata letteratura in materia. Una svolta che consente a progettisti e clienti finali di avere maggiori garanzie sui criteri di esecuzione delle opere a favore di una maggiore qualità (v. box a pag. 48).
L’occhio del progettista
Il pavimento soprelevato continua a essere la scelta privilegiata dell’office building rappresentando in molti casi la discriminante nella valutazione immobiliare degli spazi; nel tempo sono però cambiati i criteri di scelta del prodotto in relazione all’evoluzione dell’edificio e del design degli interni.
“La distribuzione impiantistica rimane una delle ragioni principali per cui viene utilizzato il pavimento sopraelevato che oggi fornisce alloggiamento a un numero crescente di sistemi di distribuzione, dal cablaggio ai sistemi HVAC – spiega l’architetto Silvia Marini, head of workplace strategy at Am4design –. L’esigenza attuale è promuovere una nuova prospettiva sulla pianificazione e la realizzazione di edifici intelligenti in cui tutti i sistemi di costruzione siano integrati, si sostengano e completino a vicenda. L’obiettivo comune a noi progettisti è la realizzazione di edifici flessibili, adattabili e sostenibili, quindi pavimenti che consentano un accesso rapido al plenum, migliorando la capacità di riconfigurare gli uffici senza interrompere i servizi di alimentazione, voce e dati, etc.
Anche nel rinnovamento di edifici preesistenti il pavimento sopraelevato rappresenta la soluzione ottimale per l’aggiunta di servizi entro i confini della struttura architettonica, per ottimizzare le altezze dal pavimento a soffitto e migliorare le prestazioni energetiche e il comfort termico”.
“Nella progettazione degli spazi uffici il pavimento soprelevato è un requisito minimo di sistema – afferma l’architetto Bruno De Rivo, founder partner dello studio e 45 –.
Lo si sceglie in base alla performance di resistenza che l’uso dello spazio richiede. Quindi ad esempio per una IT room si cercherà una portata superiore ai 500 kg/mq, nonché un’intercapedine più generosa, superiore ai 30 cm, con pavimentazione pre-accoppiata antistatica. Mentre per gli uffici, la possibilità di avere una “tabula rasa elettrificata”, conseguentemente alla sostituzione delle torrette esterne a pavimento con sistemi a scomparsa, offre al progettista maggiore libertà creativa nella scelta della finitura superficiale che può spaziare dai prefiniti in gres, linoleum, legno, ceramica, alle versioni autoposanti moquette, vinilico”.
La proposta sempre più frequente di pannelli fuori formato va anch’essa nella direzione di una maggiore personalizzazione del pavimento, con zone fisse e aree speciali in cui l’accesso all’intercapedine è facilitato.
«I produttori offrono una vasta gamma di finiture lasciando spazio alla creatività del progettista che vuole conferire agli spazi un aspetto, una sensazione e una funzionalità simile ai pavimenti tradizionali – precisa l’architetto Marini –. I pavimenti possono essere utilizzati per definire spazi di lavoro collaborativi e aggiungere accenti di colore che delineano le nuove attività espresse dallo smart working. Si può spaziare dal cemento levigato alle superfici resilienti, migliorate nel tempo per ridurre gli interventi di manutenzione e come conseguenza a una crescente attenzione alla qualità dell’aria negli ambienti chiusi e al ciclo di vita dei prodotti”.
Le caratteristiche ecologie e prestazionali dei materiali sono dunque un valore aggiunto di questa tipologia di prodotti in risposta alle richieste del mercato immobiliare che privilegia materiali che soddisfano requisiti antincendio, sempre più restrittivi, e che si caratterizzano per il basso contenuto riciclato e l’assenza di emissioni nocive, contribuendo all’ottenimento di punteggi per le certificazioni ambientali dell’edificio.
Un’offerta variegata
L’evoluzione della domanda con la presa di coscienza dei plus offerti dal pavimento sopraelevato ha portato le aziende produttrici ad ampliare il portafoglio prodotti e strutturarsi per offrire soluzioni ad hoc in grado di risolvere le specificità del progetto.
È stata diversificata l’offerta di strutture che permettono di ottenere un plenum di altezza variabile in base al contesto: da pochi centimetri per ambienti con altezze limitate (5/8 cm sono sufficienti ad alloggiare linee telefoniche e telematiche, cavi elettrici e tubi idraulici) fino ad altezze più ragguardevoli in funzione degli impianti previsti nel plenum. In molti casi la struttura con montanti e traversi è stata sostituita da colonnine non collegate tra loro che “lavorano” in modo solidale con il pannello reso autoportante. Ne è un esempio il cosiddetto pannello incapsulato realizzato con un’anima in truciolato o in solfato di calcio e rivestito da una lamiera che avvolge completamente l’anima del pannello rafforzandolo.
Grazie a sistemi di auto-livellamento le colonnine permettono di compensare automaticamente eventuali irregolarità del sottofondo.
Cresce l’offerta di soluzioni antisismiche nelle quali composizione e dimensionamento degli elementi costruttivi vengono variati in base al rischio sismico dell’area in cui sorge l’edificio. Si utilizzano accorgimenti quali piedini in acciaio rinforzato con supporti incollati a pavimento, guarnizioni autocentranti o la controventatura degli elementi orizzontali e verticali per ottenere pavimenti monolitici.
Sul fronte pannelli la ricerca si è concentrata su composizioni materiche più ecologiche, ottenute mediante l’impiego di materiali riciclati e colle meno impattanti sull’ambiente.
Rimangono comunque invariati i componenti di base utilizzati per la realizzazione dell’anima del pannello che può essere in legno truciolare ad alta densità o in solfato di calcio. La prima consente di abbinare buone proprietà meccaniche a pesi contenuti, mentre la seconda coniuga proprietà meccaniche e di resistenza al fuoco a una ridotta sensibilità all’umidità e un maggiore comfort acustico.
È però sul fronte delle finiture superficiali che si rileva maggiore dinamismo nella ricerca di nuove soluzioni.
“È in forte crescita la domanda di pavimenti sopraelevati con finitura lapidea o ceramica, pannelli “finiti” che permettono di accedere al plenum sottostante in modo immediato – chiarisce Alex Bertin, product manager di Newfloor. In questo campo la qualità italiana, in termini estetici e tecnici, è riconosciuta e ricercata anche all’estero. Il maggiore interesse è rivolto senza dubbio al gres porcellanato, anche in formato diverso dal 60×60 cm e talvolta con combinazione di diversi formati all’interno della stessa area o dello stesso pannello. Grande interesse anche per il pavimento sopraelevato in parquet naturale nelle molteplici soluzioni di disegno ed essenza”.
“L’esigenza di creare spazi personalizzabili secondo le preferenze dell’azienda che li andrà a occupare ha portato a una crescente richiesta di pavimentazioni “grezze” customizzabili con differenti rivestimenti in fase di definizione dell’interior design – puntualizza Massimo Galbiati, access floor sales director Italia di Uniflair – Schneider Electric –. Il pavimento sopraelevato diventa così un elemento altamente caratterizzante il contesto aziendale, mezzo comunicativo dell’immagine dell’azienda sia verso l’esterno che verso i propri dipendenti.
Le soluzioni di finitura devono essere resistenti ma, al contempo, flessibili e facilmente sostituibili quando cambia il tenant o quando si rendono necessarie modifiche del layout degli interni. Stiamo vivendo l’era dei grandi formati che se da una parte interpretano il gusto estetico del momento, dall’altra rappresentano per le aziende produttive una grande sfida in fase di installazione. Gestire pannelli di grandi dimensioni il cui peso può essere di decine di chili può stridere con il concetto di facilità e semplicità manutentiva degli edifici. È la sfida quotidiana di noi produttori: estetica e funzionalità devono trovare la perfetta simbiosi attraverso la realizzazione di pannelli speciali e di soluzioni installative estremamente funzionali e di forte impatto estetico”.
Il concetto di modularità viene dunque superato con lavorazioni di calibratura, squadratura, bordatura e controplaccaggio delle finiture superficiali rendendole autoposanti, come spiega Giovanbattista Moncini, amministratore delegato di Moncini: “In funzione dell’esperienza acquisita nella lavorazione di pavimenti tradizionali e sopraelevati abbiamo sviluppato tecniche di lavorazione che ci permettono di fornire ai nostri clienti finiture superficiali autoposanti di qualsiasi materiale, dalle pietre naturali al gres porcellanato, dal parquet ai vinilici, da applicare su pavimenti grezzi e/o in sostituzione ad altre finiture, caratterizzate da formati maggiori del modulo cm 60×60. Ne è un esempio il nostro pavimento autoposante in Gres porcellanato con supporto in sughero e in polietilene espanso ad alta densità”.
Al fianco delle versioni in materiali lapidee, le finiture autoposanti sono disponibili con finitura in vinilico liscio, in vinilico-tessile, cosiddetto tatami, in moquette o in LVT, ovvero Luxury Vinyl Tile piastrelle viniliche che offrono una vastissima gamma di decori di pregio tra i quali riproduzioni effetto legno come puntualizza Roberto Meinardi, direttore della divisione contract di Liuni: “Le innovazioni tecniche sono soprattutto legate alla stabilità dimensionale, mentre per le pavimentazioni tessili l’interesse prevalente è per le performance acustiche di fonoassorbimento. Sul fronte delle evoluzioni estetiche l’elemento su cui si concentra l’attenzione è la ricerca di un’estrema personalizzazione, per cui ad esempio nel tessile vinilico si possono scegliere disegni jacquard in colori a scelta.
Al punto di vista dei formati prevalgono i quadrati di medi 50×50 cm o 60×60 cm, mentre le doghe sono proposte in varie misure. Tra gli aspetti a cui viene data maggiore attenzione vi è la resistenza al calpestio, sono infatti privilegiati materiali in classe 34 e 33, ovvero massime, e la facilità di manutenzione della finitura, per cui superfici lavabili con un semplice panno antistatico o con battitappeto”.
L’acustica, un’attenzione in più
Così come le lampade, gli arredi e le pareti, anche i pavimenti sopraelevati possono coadiuvare il comfort acustico degli ambienti. La tipologia di finitura, l’anima del pannello, la conformazione della struttura e del plenum, ogni elemento contribuisce alle prestazioni acustiche del sistema. Gli aspetti su cui viene posta maggiore attenzione sono la riduzione del rumore da calpestio, il contenimento del rumore generato dagli impianti tecnologici presenti nel plenum e il fonoisolamento tra locali confinanti per evitare ponti acustici.
Per zone ad alta percorrenza e negli open space vengono selezionati materiali di finitura quali moquette, gomma, linoleum e vinile con buone proprietà di fonoassorbimento. Mentre per eliminare l’effetto rimbombo vengono scelti pannelli in solfato di calcio, materiale compatto e omogeneo che impedisce la diffusione delle onde sonore nel plenum.
Ulteriori accorgimenti sono l’implementazione di materassini insonorizzanti da applicare alla base delle colonne della struttura per limitare la trasmissione dei rumori verticali tra un piano e l’altro. Mentre, per evitare la trasmissione del rumore tra locali confinanti e garantire continuità del comportamento acustico tra gli ambienti, nel plenum sottopavimento, vengono predisposti setti acustici fonoisolanti in corrispondenza delle pareti divisorie.
Integrazione tecnologica
Il sopraelevato diventa il nodo di collegamento tra il mondo dell’architettura e quello dell’impiantistica, conciliandone le necessità.
Se in passato il pavimento soprelevato era visto come unicamente un elemento funzionale al posizionamento degli impianti elettrici, nascondendo alla vista tutte quella antiestetiche matasse di fili o canaline, oggi è diventato un elemento completamente integrato nel sistema building, tanto più se si parla di ambienti “smart”.
Si può avere in un edificio “intelligente” un pavimento sopraelevato con incorporato un sistema di riscaldamento radiante modulare, capace di contenere i consumi e garantire uno stato di benessere ambientale, una soluzione che agevola la manutenzione dell’impianto stesso, senza obbligo di interruzione del servizio. Oppure i casi in cui il plenum viene utilizzato per la diffusione dell’aria di raffrescamento, realizzando soluzioni estremamente compatte ed efficienti rispetto ai sistemi tradizionali.
Questo nuovo legame con il mondo impiantistico passa anche dallo studio di soluzioni orientate all’integrazione con i sistemi di gestione intelligente del building, in un’ottica di automazione, di risparmio energetico e di contenimento dei costi. Nell’era dell’IoT il pavimento sopraelevato diventa parte attiva del sistema impiantistico dell’edificio, integrando sensori e attuatori che rilevano le condizioni ambientali e regolano di conseguenza gli impianti, raccogliendo al contempo tutta una serie di dati utili per il monitoraggio dei consumi e una corretta gestione del building.
Uno sguardo all’esterno
Diverse le proposte per pavimenti sopraelevati adatti alla posa outdoor per aree di pertinenza degli uffici come terrazzi, giardini o rooftop. Spazi che conseguentemente alla diffusione del lavoro in mobilità vengono considerati a tutti gli effetti luoghi dove svolgere attività lavorative, incontrare i colleghi o trascorrere una pausa. In questi spazi i pavimenti sopraelevati per esterno consentono una riduzione dei tempi di realizzazione dell’opera grazie alla posa a secco e garantiscono sicurezza di calpestio in quanto l’acqua drena nella parte sottostante.
Il tutto sempre all’insegna del gusto estetico e della bellezza realizzativa. Si tratta di prodotti progettati e costruiti in modo completamente differente da quelli usati per gli ambienti interni. Le strutture sono basate su supporti modulari regolabili in materiale plastico che garantisce lunga durata nel tempo e resistenza ai carichi. Mentre i pannelli sono realizzati con materiali inerti, incombustibili, ingelivi, antisdrucciolo e resistenti ai fattori climatici. Tra i più utilizzati ci sono i gres ceramici, monolitici e strutturali tra i quali i gres ‘a tutta massa’ performanti anche con spessori minimi (2-3 cm).
Per dare maggiore stabilità, aumentare la resistenza ai carichi ed evitare rotture vengono messi a punto sistemi di resinatura e retinatura del piano inferiore con possibilità di integrare la sottostruttura dei piedini con correnti e montanti specifici.
La norma UNI 11617:2016 “Pavimenti modulari sopraelevati amovibili interni – Istruzioni alla progettazione, per l’installazione e la manutenzione”
a cura di UNI Ente Italiano di Normazione
La norma nazionale UNI 11617:2016 (entrata in vigore il 28 gennaio 2016 ed elaborata dalla Commissione “Prodotti processi e sistemi per l’organismo edilizio” dell’UNI-Ente italiano di normazione) fornisce i criteri di scelta e progettazione, definendo la corretta installazione e manutenzione di un pavimento modulare sopraelevato con struttura smontabile e pannelli amovibili singolarmente.
Si tratta di un documento fortemente voluto a livello italiano con l’obiettivo di approfondire e di integrare la norma europea UNI EN 12825 “Pavimenti sopraelevati” che tratta le caratteristiche tecniche del prodotto “piastrella”.
In pratica la UNI 11617 – pur riprendendo gli stessi contenuti della norma europea – li elabora e li ripropone, con linguaggio semplice e comprensibile a tutti, sotto forma di istruzioni d’uso, pronte per essere utilizzate dal progettista o da chi esegue queste installazioni.
La norma si applica esclusivamente alle pavimentazioni interne non permanentemente incorporate nell’edificio e rappresenta un riferimento per la redazione del progetto, la stipulazione del contratto e la verifica dei processi di realizzazione in opera.
Dopo una dettagliata descrizione della terminologia utilizzata nel settore, la norma dedica un ampio spazio allo “Scambio di informazioni” specificando ruoli e responsabilità di tutti gli attori coinvolti. Infatti al fine di assicurare la conformità ai requisiti generali dell’opera edilizia, è indispensabile che tutti i soggetti o le funzioni coinvolte nella realizzazione del pavimento sopraelevato (committente, utilizzatore finale, progettista, direttore lavori, installatore, produttore e rivenditore) abbiano una chiara comprensione dei requisiti del progetto. Il conseguimento di questo obiettivo richiede, come condizione essenziale, che vi sia un’ampia consultazione tra le parti, compresi gli esecutori di attività in subappalto ed i fornitori di materiale.
Per questo motivo la norma propone, sotto forma di Prospetto 1, un esaustivo quadro schematico di tutti i compiti spettanti ai singoli operatori.
Nell’appendice B alla norma sono riportati alcuni esempi di scambio di informazioni fra i diversi operatori, nonché uno schema di scheda di tracciabilità, finalizzata alla registrazione e alla conservazione delle informazioni fondamentali sul progetto e sulla realizzazione di pavimenti sopraelevati.
Il capitolo relativo alla “Progettazione” (punto 5 della norma) fornisce tutti i requisiti che il pavimento sopraelevato deve soddisfare in tutto il proprio ciclo di vita e che dipendono direttamente dalla destinazione d’uso e dal livello di impiego. Vengono quindi forniti i requisiti relativi al carico meccanico, all’acustica, i requisiti di reazione e di resistenza al fuoco, di conducibilità elettrica e di facilità di pulizia, oltre ai requisiti per la scelta dei materiali in base alle condizioni termo igrometriche. A tal fine il Prospetto 2 fornisce i criteri generali di scelta in relazione alla destinazione d’uso.
La norma fornisce inoltre, tra le altre cose, le indicazioni per l’immagazzinamento e la movimentazione (anche in cantiere) le condizioni di cantiere, l’installazione e i servizi accessori alla posa.
Valore aggiunto della UNI 11617 è la parte relativa ai “Criteri di accettazione” (Punto 7) che devono essere il più possibile oggettivi e riferiti a precise classi da valutazione che tengono conto di diversi fattori quali, ad esempio, l’integrità del rivestimento superiore, la quota del pavimento finito, l’ allineamento, la stabilità, l’acustica, la conduttività.