Nel segno del metallo
Un progetto di ricerca coordinato dal laboratorio creativo di Emme Italia, Designforyou Hub, per approfondire il tema del metallo nell’arredo per l’ufficio, la casa e la collettività
Uno sguardo alle tradizioni del passato, recuperando cultura e memoria storica; uno sguardo al presente, analizzando lo stato dell’arte in materia; uno sguardo al futuro, indagando sulle nuove tecnologie. Con queste premesse è stato promosso il progetto di ricerca “Nel segno del metallo” coordinato da Emme Italia, realtà che produce arredi tecnici per progettisti che hanno come filo conduttore il metallo.
Una mostra, un percorso attraverso la realtà produttiva dell’azienda e una ricerca sui cambiamenti nelle modalità di lavoro di progettisti e professionisti creativi, sono le tre tappe del progetto che ha approfondito il tema del metallo nell’arredo per l’ufficio, la casa e la collettività (www.nelsegnodelmetallo.it).
Uno sguardo al passato: la mostra “FRAMMENTI Bieffe 1953 > 1999”
Il primo step di ricerca non poteva che essere dedicato al recupero della memoria storica di Bieffe, azienda protagonista del Made in Italy dal secondo dopoguerra sino alla fine degli anni 90, quando con la chiusura delle attività produttive il marchio venne acquisito dalla francese Alfi Bieffe SAS. Da questa realtà, Emme Italia erediterà il know-how nella produzione di arredi tecnici.
Con la collaborazione del designer Simone Bellan e della famiglia Anselmi, per lungo tempo alla guida di Bieffe, sono state ricostruite le dinamiche culturali, progettuali e industriali che hanno caratterizzato la produzione di arredi metallici nel secolo scorso, indagando inoltre il rapporto tra metallo e altri materiali, in particolare la plastica, come nel caso Bieffeplast. Pezzi iconici e parti componenti hanno raccontano un pezzo di storia e in particolare le dinamiche di sviluppo di prodotti dedicati all’ufficio e agli spazi collettivi.
La realizzazione della mostra – realizzata nel mese di febbraio con la collaborazione del Comune di Selvazzano Dentro, il patrocinio di ADI VTAA e il contribuito di Studio Crescendo e Photo Design Padova – è da considerare come punto di inizio e non come punto conclusivo, di questo progetto di ricerca.
Uno sguardo al presente: Open Factory Emme Italia
Inserite nel complesso industriale degli anni 60 che ospitava gli stabilimenti Bieffe e Bieffeplast, officine e uffici di Emme Italia hanno aperto le porte il 24 febbraio nella giornata dell’Open Factory. La sede produttiva di Caselle di Selvazzano, ha permesso così ai visitatori di toccare con mano i prodotti realizzati artigianalmente da Emme Italia e di ripercorrere l’evoluzione storica del tecnigrafo grazie alla collezione dei tavoli da disegno Bieffe restaurati dall’azienda. L’Open Factory è stata inoltre l’occasione per presentare al pubblico Tecnus Evo, il tavolo regolabile a colonna centrale realizzato adottando tecnologia Linak.
Uno sguardo al futuro: dal tavolo da disegno al BIM
Analizzare l’evoluzione dei processi progettuali ci aiuta a riflettere sulle dinamiche del creative workplace di domani.
Dal prodotto industriale al progetto architettonico: come è cambiato “il modo di disegnare”?
Emme Italia lo ha chiesto a Valerio Da Pos di Cadline Software (www.cadlinesw.com).
“Siamo agli inizi degli anni 80, un periodo tecnologicamente turbolento – racconta Da Pos –.
Da allora sono passati meno di quarant’anni ma, come spesso accade, è già preistoria, e pochi si ricorderanno alcuni fattori che contribuirono a creare il fenomeno che ha sconvolto il “modo di disegnare”, ovvero il passaggio da quello che si potrebbe parafrasare oggi con TAD (Table Aided Design) al CAD (Computer Aided Design).
Il primo fattore tecnologico è stato l’hardware: i computer erano già comuni, ma fino alla fine degli anni 70 si parlava di “main-frame”, grandi computer centralizzati, a cui erano collegati i terminali e che in genere svolgevano funzioni amministrative, database, archiviazione dati. Forse pochi ci crederanno ma in quel periodo scrivere codice significava letteralmente scrivere su piccole schede in cartoncino con tanti forellini che venivano “interpretate” da lettori.
Non è ancora il momento dei PC, ma della rivoluzione tecnologica hardware delle cosiddette “workstation”, nuovi produttori hardware emergenti (molti dei quali non esistono più), cominciano a produrre dei computer di dimensioni ridotte e a uso personale. Macchine in grado di far funzionare programmi “pesanti” come sono per antonomasia i programmi per il disegno tecnico.
Il leader all’epoca era CADAM, un prodotto che funzionava su main-frame sviluppato da Lockheed.
Una stazione CAD composta da Computer, Programma CAD, Monitor grafico e Plotter a penna, aveva un costo di circa 80-90 milioni di lire (una Mercedes 190, negli anni 80, costava circa 20 – 25 milioni), questo limitava la clientela principalmente alle sole aziende con grandi capacità di investimento. Un tavolo da disegno costava completo di tecnigrafo e qualche accessorio circa 1 milione di lire.
In termini di costo il CAD non poteva considerarsi un vero concorrente del tavolo da disegno, inoltre ricordo ancora le innumerevoli discussioni dell’epoca sul fatto che disegnare al tecnigrafo fosse più veloce e soprattutto non fosse un gesto meccanico, nel disegno a tecnigrafo si poteva trasferire l’anima del progetto.
Agli inizi degli anni 80 nasceva Autocad, funzionava su PC DOS, il processore era un 8088 (a breve sarebbe arrivato il “favoloso” 286 con coprocessore matematico). Vedere questo strano oggetto che per tracciare una linea su uno schermo da 14”, in nero-verde, impiegava 2 minuti, era un’esperienza non proprio esaltante.
Nel giro di pochi anni le “workstation” sarebbero morte e con esse molte delle aziende che le producevano. Il PC e le relative applicazioni avevano avuto uno sviluppo tecnologico incredibile. Chi aveva scommesso sul PC godeva quindi di un vantaggio enorme. Autodesk con Autocad che in breve tempo assunse un ruolo dominante nel disegno tecnico CAD 2D.
Gli anni 90 sono invece gli anni in cui si diffondono i CAD 3D e i CAAD (Computer Aided Architectural Design). Ma la vera rivoluzione nel “modo di disegnare” è piuttosto recente, solo da pochi anni stiamo infatti vivendo l’evoluzione storica dal CAD al BIM (Building Information Modeling) che coinvolge l’industria delle costruzioni nel suo complesso (il produttore, il progettista, l’impresa di costruzioni, il gestore operativo…) nella digitalizzazione del progetto.
La differenza rispetto al CAD è che con il BIM è il modello dell’edificio a essere digitalizzato, contiene cioè non solo informazioni grafiche (la sua forma geometrica), ma anche proprietà e caratteristiche dei suoi componenti. La rivoluzione in questo caso è nella standardizzazione della struttura delle informazioni che il BIM obbliga tutti ad attuare. Tutte le applicazioni BIM sanno cosa scrivere, dove scrivere e dove cercare queste informazioni. Questa componente progettuale identifica la interoperabilità, una caratteristica fondamentale del BIM, che consente a diverse figure tecniche (non solo agli architetti) di utilizzare diverse applicazioni per scopi diversi, di accedere allo stesso modello e trovare in esso le informazioni che a loro interessano (costi, tempi, cicli di manutenzione ecc.).
L’altro aspetto importante del BIM è che il modello digitale della costruzione è “dinamico”, vive e si arricchisce di informazioni durante tutta la sua vita, divenendo modello di riferimento per la costruzione e per la gestione operativa. Il modello BIM è il “clone” digitale virtuale dell’edificio e questo richiede che i suoi contenuti siano sempre allineati con il modello reale.
Questa svolta epocale definisce un nuovo “modo di disegnare” che dalla progettazione architettonica si ramifica fino alla progettazione tecnica del prodotto industriale, definendo nuovi standard e nuove relazioni progettuali.”
Quale futuro attende dunque il Creative Workplace?
Le dinamiche progettuali sono cambiate rapidamente negli ultimi decenni anche grazie alle innovazioni tecnologiche, con esse è cambiata l’attitudine con la quale professionisti creativi e tecnici progettisti si interfacciano al luogo di lavoro, che diviene sempre più un luogo, fisico e virtuale, di incontro e interscambio di informazioni e relazioni, piuttosto che uno strumento semplicemente operativo.