La luce per i musei, gallerie d’arte e spazi espositivi
Dalla luce focalizzata sull’opera d’arte all’illuminazione degli ambienti per la migliore esperienza di visita
Negli spazi museali la luce dà una lettura critico-interpretativa dell’opera. Gli aspetti funzionali, che si ripercuotono inevitabilmente sulle scelte progettuali, lasciano spazio a considerazioni sul valore estetico ed emozionale della luce che diventano parte integrante dell’iter progettuale. Non solo, nell’illuminazione delle opere d’arte entra in gioco una forte componente tecnico-scientifica, fondamentale per tutelare le opere stesse da eventuali danni derivanti da un’esposizione prolungata alla luce.
Che si tratti di un ambiente museale, uno spazio privato o della hall di un’azienda, ciò che conta è far sì che l’opera d’arte possa diventare protagonista attraverso la luce, che deve coinvolgere ed emozionare lo spettatore. La luce ‘disegna’ lo spazio, ne fa leggere le dimensioni, favorisce la percezione delle opere e crea percorsi rendendo fruibile l’ambiente, che diventa esso stesso protagonista nel caso di contesti architettonici di pregio e storici, o si trasforma in contenitore neutro quando l’architettura assume un ruolo di secondo piano rispetto al contenuto.
Luce, ombra, spazio sono dunque i protagonisti del progetto di illuminazione che apre la strada alle nuove tecnologie multimediali che moltiplicano le modalità di comunicazione e abilitano nuovi modi di interazione con il pubblico.
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La valenza del contesto
Illuminare i luoghi dell’arte come musei, sale espositive, gallerie o mostre è un compito complesso perché richiede un’attenta valutazione del contesto, del tema dell’esposizione e del target dei visitatori a cui la mostra è rivolta.
Relativamente al contesto diversi sono gli ambiti che possono accogliere le opere d’arte, si va infatti dai luoghi di pregio storico/culturale dove l’architettura assume, insieme alle opere esposte un ruolo di primo piano, ai contesti neutri dove l’opera d’arte è l’attrazione principale e il contenitore uno sfondo, sino alle installazioni site specific nelle quali l’arte e l’ambiente in cui si colloca diventano un tutt’uno.
In generale per le sale espositive e le gallerie d’arte è importante progettare sistemi di illuminazione flessibili, in grado di adattarsi con facilità alle diverse mostre, estremamente variegate e mutevoli. Un esempio è rappresentato dai classici sistemi a binario con luce indiretta diffusa, diretta diffusa o spot con proiettori aventi fasci d’apertura e temperature di colore differenti, sui quali è possibile montare svariati accessori come lenti, frangiluce, sagomatori…
Diverso è l’approccio progettuale alle mostre collocate in contesti vincolati, dove non è possibile toccare la “scatola” contenitiva. Vengono dunque selezionate soluzioni illuminotecniche discrete e non invasive rappresentate da apparecchi stand alone, appoggiati a terra, oppure sistemi che creano una scatola nella scatola che valorizza l’opera d’arte senza ‘toccare’ l’edificio. In queste situazioni spesso il lighting designer ricorre a soluzioni custom che coniugano obiettivi progettuali e vincoli architettonici e impiantistici.
Come sappiamo sempre più l’arte travalica l’ambito museale e si apre alla città con esposizioni all’aperto in parchi e giardini dove vengono adottate soluzioni illuminotecniche che mettono in primo piano i requisiti tecnici degli apparecchi; è necessario anche relazionare luce artificiale con quella naturale, sfruttando le nuove tecnologie, e considerare il contributo sociale della luce, che può rendere gli spazi esterni più sicuri.
Cresce la diffusione dell’arte anche in ambito privato, sia esso uno spazio domestico o un headquarter aziendale. Nel primo caso il lighting designer dovrà tenere conto di due aspetti: quello estetico legato all’interior design degli ambienti e quello funzionale riferito alle modalità di utilizzo dello spazio. Le scelte progettuali privilegiano dunque soluzioni in sintonia con le finiture degli ambienti e che, dal punto di vista tecnico, mettono in rilievo l’opera d’arte senza compromettere la fruizione degli spazi, quindi correttamente schermate per evitare abbagliamenti.
Nel secondo caso, relativo all’ambito corporate, le opere d’arte poste all’esterno o negli ingressi diventano un vero e proprio biglietto da visita dell’azienda. Nel caso di sculture di grandi dimensioni collocate in facciata, l’illuminazione valorizza la scultura, che diventa una vera e propria attrazione, con accenti di luce che ne mettono in risalto la tridimensionalità, senza dare origine a forme di inquinamento luminoso.
Negli spazi interni, dove si assiste alla diffusione di ambienti polifunzionali, che pongono l’opera d’arte in contesti che vengono fruiti in modo diverso a seconda delle attività svolte, il lighting designer deve soddisfare molteplici esigenze attraverso scenografie luminose che, oltre a enfatizzare e valorizzare le opere d’arte, permettono di passare da una luce calma e rilassante che accoglie in spazi relax, a una luce più fredda e funzionale nella hall, a una luce flessibile e dinamica nelle zone operative.
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La luce per valorizzare e conservare le opere d’arte
Anche in ambito museale la luce artificiale è un elemento che integra e qualifica la percezione offerta dalla luce naturale, sia quando quest’ultima è inesistente o troppo scarsa, sia quando la sua sorgente all’infinito non permette particolari modellazioni o sottolineature dell’oggetto.
L’illuminazione in questi contesti deve permettere all’osservatore di apprezzare l’opera nella sua globalità, di distinguerne i particolari, la struttura, i pieni e i vuoti; tutto questo tenendo in considerazione la storia e i valori che, nella realizzazione dell’opera, furono lo scopo precipuo dell’artista e del committente.
È dunque importante considerare in fase di progettazione illuminotecnica i dettagli costruttivi dell’opera; le caratteristiche fisiche dei materiali utilizzati, della presenza di rivestimenti e decori; come anche di eventuali ostacoli di visibilità. Altri fattori da considerare sono l’illuminazione circostante e dello sfondo, la direzione e le distanze di visione. In funzione di tutti questi parametri si procede alla scelta del tipo di lampada e dell’apparecchio illuminante, all’individuazione della posizione più adatta all’installazione e alla manutenzione e alla determinazione della potenza di lampada e del numero dei corpi illuminanti da installare.
Illuminare una scultura o un quadro, un oggetto di piccole dimensioni all’interno di una teca, o all’opposto opere di land art, piuttosto che una installazione multimediale, o multisensoriale, significa progettare la luce in maniera tale da rispondere a esigenze completamente diverse.
Non bisogna poi dimenticare che le radiazioni luminose, siano esse legate alla luce naturale o a quella artificiale, rappresentano una delle principali cause del processo di degrado a cui tutti i beni culturali sono, in varia misura, inesorabilmente sottoposti.
È dunque indispensabile che il massimo impegno venga profuso al fine di consentire il pieno godimento dell’opera assicurando a questa la massima protezione. Vanno quindi considerati i fattori che sono alla base delle cause di deterioramento, ne riassumiamo i principali: natura del materiale costituente l’oggetto; natura della radiazione incidente; temperatura ambientale; umidità ambientale; livello e uniformità di illuminamento o tempo di esposizione; presenza di microbatteri.
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Gli obiettivi del progetto, tra passato e futuro
Come abbiamo visto, si differenziano i contesti che accolgono le opere d’arte, si dilatano i tempi di fruizione delle mostre, oggi proposte anche in orari serali, e si ricercano nuovi stimoli e molta interattività. Fattori che portano ad ampliare gli obiettivi della progettazione come racconta Marco Magni, fondatore di Guicciardini & Magni architetti: “Tutti i nostri progetti nascono come risposte a esigenze specifiche. Se si tratta di una mostra le richieste derivano essenzialmente dalla lettura del luogo, delle opere in mostra e delle visioni curatoriali che guidano il progetto. Evitiamo quasi sempre di nascondere l’architettura che ospita l’evento, cercando invece di costruire una sommatoria tra l’architettura stessa e le opere da esporre. Questo è per noi uno degli obiettivi più sfidanti del progetto espositivo. Poi andiamo a costruire il ritmo delle sequenze e delle variazioni che si svolgono lungo il percorso, e la luce è parte integrante di queste visioni. Nella maggior parte dei nostri progetti è dunque prevista la presenza di un lighting designer, con il quale intessere un dialogo costruttivo a partire da una visione iniziale. In questo scambio entriamo con le nostre idee, con una cultura della luce strutturata, con la consapevolezza delle possibilità in gioco, ma anche con l’aspettativa che dal dialogo emergano soluzioni inaspettate e sorprendenti, non strettamente consequenziali”.
Mettere in mostra l’arte oggi significa fare riferimento a spazi ibridi o tipicamente non destinati alla promozione artistica, in cui è possibile creare cultura andando oltre al concetto del museo tradizionale.
Oggi infatti si espone in chiese, case, teatri, fabbriche, uffici, scuole, musei… L’esposizione esiste dove c’è qualcuno che vuole mostrare, e un occhio disposto ad accoglierla.
Le scelte curatoriali ed espositive si rinnovano, distaccandosi da modelli tradizionali, con differenze tra le diverse aree geografiche.
“Nei paesi anglosassoni – prosegue Magni – il concetto di esposizione è più legato al ruolo del visitatore o dello spettatore più che a quello delle stesse opere. Le opere esistono in funzione del visitatore.
In Italia sono gli architetti a progettare gli allestimenti, mentre all’estero buona parte dei designer che operano in questo ambito non ha una laurea in architettura. Questa impostazione professionale porta a soluzioni più leggere e neutrali rispetto a quelle progettate in Italia, dove il peso della cultura spesso si traduce in progetti di maggiore ricerca concettuale e culturale. Tra le tante discipline che si legano all’allestimento museografico, e tra queste la letteratura, l’arte, il cinema, la grafica, la fotografia e l’arte di allestire vetrine, credo che l’architettura resti quella più contigua all’allestimento”.
Uno sguardo verso il futuro degli ambienti museali ci porta sicuramente nella direzione della multimedialità. Le nuove generazioni richiedono esperienze culturali e storiche interattive, personalizzate e connesse rispetto alle generazioni precedenti. Le istituzioni culturali e storiche stanno dunque cercando di adattarsi a queste aspettative attraverso l’adozione di nuove tecnologie e l’innovazione nell’esperienza dei visitatori, come chiarisce Franco Rolle, partner di NEO – Narrative Environments Operas: “Il modo in cui si espone l’arte e si racconta la storia di un ambiente storico sta subendo un’evoluzione significativa grazie alle nuove tecnologie. Questi progressi tecnologici stanno ampliando le possibilità di comunicazione e di interazione con il pubblico in modi innovativi. Le installazioni multimediali, che combinano elementi visivi, sonori e interattivi, stanno diventando sempre più comuni per raccontare storie ed esporre l’arte in modi coinvolgenti e innovativi. Queste tecnologie offrono opportunità di coinvolgimento più profonde e consentono ai visitatori di sperimentare le opere d’arte e gli ambienti storici in modi nuovi ed emozionanti. Tuttavia, è importante trovare un equilibrio tra l’uso delle nuove tecnologie e il rispetto delle esperienze tradizionali e della fruizione in modo autentico”.
Ma quali potranno essere gli sviluppi futuri? Potrà essere l’intelligenza artificiale la chiave di volta per le nuove esposizioni? Secondo Franco Rolle sì: “L’intelligenza artificiale può certamente entrare nel mondo dell’esposizione artistica e ha già iniziato a farlo in vari modi. Alcuni artisti e creativi utilizzano l’IA per generare opere d’arte originali. Gli algoritmi possono essere addestrati per produrre opere d’arte in vari stili e forme, o per collaborare con artisti nella creazione di opere miste. Recentemente anche il nostro studio si è affidato all’intelligenza artificiale per la creazione di un’immagine per un progetto che ci ha visti coinvolti per l’ADI Design Museum”.
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Come illuminare l’arte? Aspetti che definiscono la scelta del prodotto
Come abbiamo visto nel paragrafo precedente, quando si tratta il tema dell’illuminazione, oltre a considerare tutti gli aspetti tecnici, psicologici, sociali e percettivi della luce, bisogna analizzare anche tutto quanto concerne il buio e l’ombra perché non è possibile progettare uno spazio senza considerare questo duplice aspetto.
A livello pratico significa fare delle scelte a partire dal concept lighting andando ad analizzare nel dettaglio lo spazio, le opere d’arte esposte, il percorso espositivo, e definire cosa illuminare, cosa mettere in risalto e cosa lasciare in penombra, a quali livelli di illuminamento può essere sottoposta una data superficie, definire se si vogliono degli scenari statici o che cambiano.
Il mercato dell’illuminazione offre moltissime soluzioni, alcune molto tecniche e dedicate ad applicazioni particolari, come i sagomatori di grandi dimensioni che dal mondo del teatro e dello spettacolo, spesso vengono utilizzati per mostre temporanee in spazi architettonici moderni e di grandi dimensioni, a proiettori miniaturizzati che offrono luce d’accento all’interno delle teche museali.
In questo contesto sicuramente vincenti sono i sistemi componibili, le famiglie di prodotto che offrendo di base caratteristiche tecniche molto elevate, garantiscono varie installazioni, a plafone, a binario, con piantane da terra, e con molteplici accessori in modo da permettere di creare con lo stesso sistema la corretta scenografia luminosa per le più svariate situazioni.
“La luce è entrata a pieno titolo tra gli elementi essenziali nel racconto di un progetto. Questo ha comportato un approfondimento della materia luce da parte di architetti e ingegneri che approcciano il progetto con obiettivi specifici per soddisfare, attraverso l’oggetto luminoso, esigenze non solo di carattere espositivo ma anche conservativo e gestionale – sottolinea Mara Maganza, head of lighting design department di Xal Italia –. Al vertice dei requisiti a cui un prodotto deve rispondere c’è certamente la qualità della luce, la capacità, cioè di un prodotto di restituire l’opera a chi la osserva in tutto il suo realismo cromatico e volumetrico. In secondo luogo, ma di pari importanza, la necessità per i sistemi di illuminazione di non nuocere, adottando nella loro ingegnerizzazione le innovazioni tecnicamente opportune a non causare l’accelerazione del naturale deperimento dell’opera”.
Tuttavia, oltre agli aspetti qualitativi e conservativi del progetto illuminotecnico è necessario pensare anche in termini di flessibilità. Come afferma Giulio Scabin, Italy sales director, iGuzzini illuminazione: “L’approccio alla fruizione dei beni culturali sta cambiando. In Italia, in passato, l’interesse principale era rivolto alla tutela e alla conservazione, ora si sta aprendo a servizi più ampi: il museo diventa location per eventi, si può semplicemente andare a prendere un caffè al museo, si fanno laboratori per bambini e adulti, e di conseguenza anche le esigenze dei progettisti cambiano. La caratteristica principale è la flessibilità del sistema, la possibilità di adattare l’illuminazione, senza grossi lavori aggiuntivi, a condizioni diverse di allestimento. Questo implica la possibilità di modificare le ottiche, oltre alla disposizione nello spazio degli apparecchi. Sicuramente i sistemi con proiettori su binario sono quelli più facilmente modificabili e quindi quelli più richiesti nelle zone espositive vere e proprie, mentre per le aree di circolazione o riservate alle attività commerciali come i bookshop o le aree ristoro, a cui si sta prestando sempre più attenzione, sono richiesti anche sistemi ad incasso, che una volta installati si presume non vengano modificati in tempi brevi”.
“Quando si tratta di selezionare sistemi di illuminazione per musei, i progettisti si concentrano su soluzioni che offrono controllo preciso della luminosità e della qualità della luce – ci spiega Michele Cascio, marketing manager di Erco –. In questo contesto la flessibilità e l’adattabilità degli apparecchi di illuminazione alle diverse esigenze illuminotecniche giocano un ruolo fondamentale. E per rispondere a queste esigenze è necessario offrire soluzioni altamente personalizzabili che si adattano perfettamente a qualsiasi ambiente museale, sia esso caratterizzato da spazi ampi e moderni o da aree più intime e storiche. Prodotti progettati per garantire non solo una qualità della luce, ma anche una flessibilità che permette ai progettisti di modulare l’illuminazione in base alle specifiche esigenze di ogni opera”.
Il modo di raccontare le opere d’arte e di fruire le mostre, come stiamo sottolineando, è in continua evoluzione come suggerisce Giulio Scabin: “C’è maggiore attenzione alla spettacolarizzazione, gli allestimenti degli spazi museali e la loro qualità architettonica diventano sempre più importanti così come gli allestimenti temporanei per mostre diventano sempre più suggestivi, perché la qualità attrattiva non risiede più soltanto nelle opere mostrate, ma in tutto il contesto. Non basta più la bellezza, il valore storico-artistico delle opere d’arte mostrate, ma la cornice acquisisce una notevole importanza per costruire l’evento. La luce fa parte degli elementi che servono a creare l’effetto “wow”, in alcuni casi cercato e voluto dai curatori”.
“L’altro aspetto da considerare – aggiunge Giulio Scabin – è anche l’atteggiamento del visitatore. In quest’epoca di interconnessione e di condivisione il modo di fruire le opere d’arte è diventato meno passivo, meno ‘cattedratico’. Il visitatore apprezza in modo particolare il fatto di essere coinvolto, stimolato con altre suggestioni”.
“Ci troviamo di fronte a funzioni diverse tra loro che devono dialogare con un unico linguaggio tecnico ed estetico senza dimenticare le singole specifiche esigenze – continua Mara Maganza – e creare questo tipo di connessioni, visive e spaziali, è oggi più che mai vocazione naturale della luce, motivo per cui non è più possibile relegarla a un esclusivo ruolo strumentale. La luce veste ormai da qualche anno i panni del protagonista in materia di diffusione di cultura, come parte della narrazione dell’opera ma soprattutto in quanto essa stessa espressione d’arte. Grazie alla corretta progettazione della luce beneficiamo a livelli qualitativi altissimi della bellezza di un dipinto, una scultura o un’architettura, ma abbiamo anche la possibilità di interagire con spazi e manufatti. Cambia la percezione della visita che diventa una vera e propria esperienza di inclusione”.
A sottolineare il potere espressivo della luce in ambito espositivo, anche Michele Cascio:” I moderni strumenti di illuminazione aprono nuove possibilità di storytelling nei musei, offrendo ai curatori la libertà di creare atmosfere uniche e di evidenziare specifici aspetti delle opere d’arte. Questo aspetto è particolarmente importante quando si tratta di esaltare temi, emozioni o dettagli che potrebbero altrimenti passare inosservati. L’illuminazione non è più solo una necessità funzionale; è diventata un mezzo espressivo che contribuisce in modo significativo all’esperienza del visitatore. Con soluzioni di illuminazione innovative e altamente personalizzabili, è possibile trasformare ogni esposizione in un racconto visivo unico, arricchendo l’esperienza dei visitatori e mettendo in risalto le opere d’arte in modi precedentemente inimmaginabili”.
Gli aspetti percettivi, comunicativi, emotivi e sensoriali come abbiamo visto, giocano un ruolo fondamentale nello sviluppo del progetto di illuminazione per un’opera d’arte. Per poter realizzare atmosfere dinamiche o interattive, offrendo al visitatore un’esperienza immersiva, è necessario andare oltre alla semplice scelta dell’apparecchio illuminante e bisogna definire anche il sistema che permette di avere la corretta interfaccia in grado di trasformare un ambiente statico in un ambiente dinamico.
Un altro cambiamento in termini di scelte progettuali lo evidenzia Olivia Verdiani, responsabile marketing Targetti: ” In passato l’illuminazione in ambito museale presentava forti contrasti tra luce e ombra, era lo strumento che contribuiva a focalizzare l’attenzione dell’osservatore su un’opera piuttosto che su un’altra creando delle gerarchie di osservazione all’interno dello spazio espositivo. Oggi invece soprattutto per contesti contemporanei si lascia più libertà di fruizione dell’ambiente, che, dal punto di vista della luce, si traduce in un maggior equilibrio delle luminanze, con un’illuminazione meno focalizzata e più morbida. Si crea una buona luce diffusa e la si combina con un’illuminazione dei piani verticali ma sempre molto uniforme. Si prediligono ottiche wall washer, in grado di ‘lavare’ in modo uniforme i piani verticali di esposizione delle opere unite a ottiche più focalizzate per illuminare da grandi distanze. Sul tema mi fa piacere citare una frase dell’architetto Massimo Iarussi, uno dei più famosi lighting designer italiani specializzati nell’ambito dell’illuminazione dei beni storico artistici che recita: Il miglior progetto della luce è quello che rimane nell’ombra” a testimonianza di come la luce non dovrebbe farsi notare, ma rimanere connaturata all’ambiente e agli oggetti a cui si riferisce, facendo sì che il visitatore li apprezzi e li percepisca in modo spontaneo e naturale”.
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Evoluzione tecnologica e concept di prodotto
Entrando nel tecnico, quali devono essere le caratteristiche che un apparecchio di illuminazione deve avere per poter garantire i requisiti di flessibilità e di qualità che i nuovi contesti richiedono?
Certamente la miniaturizzazione degli elementi ha offerto alle aziende grandi vantaggi in termini di sviluppo dei prodotti, come evidenzia Giulio Scabin: “L’innovazione ha ampliato il numero delle possibilità offerte: proiettori come i nostri Palco LV che nella versione più piccola hanno un diametro di 19 mm, e che poi arriva a diametri di 86 mm, con moltissime ottiche permette di risolvere per esempio tutte le necessità che possono esserci all’interno di uno spazio espositivo, mantenendo una assoluta continuità visiva: un’unica soluzione declinata in una infinità di varianti. A ciò si può aggiungere l’ampliamento delle possibilità di gestione della luce offerte dalla digitalizzazione, attraverso diverse tecnologie: BLE, KNX, DALI o DMX. Per esempio, attraverso il protocollo BLE (Bluetooth Low Energy) si può gestire la luce direttamente dal proprio smartphone (Smart Light Control). Oppure si possono inviare dal punto luce informazioni e servizi (Smart Services), permettendo per esempio al visitatore di una mostra o di un museo di ricevere informazioni sulle specifiche opere direttamente sul proprio telefonino. Importantissimo sottolineare poi come l’utilizzo di tecnologie Wi- Fi, evita la creazione di ulteriori impianti, soprattutto in quei contesti particolarmente preziosi: edifici storici, aree archeologiche, edifici con affreschi”.
Pone l’attenzione sulle ottiche Olivia Verdiani: “La miniaturizzazione delle sorgenti LED, la loro flessibilità compositiva e versatilità nell’equipaggiare sistemi ottici differenti, ha consentito alle aziende la progettazione di apparecchi di illuminazione capaci di offrire una grande varietà di effetti luminosi. Nella scelta di un apparecchio di illuminazione, al di là della valenza estetica, non basta scegliere una precisa apertura di fascio, ma è importante approfondire il tipo di ottica che equipaggia, al fine di comprenderne al meglio il preciso effetto dato dal gradiente e dalla pulizia del fascio. Il mercato offre ottiche con lenti, ottiche con riflettore, ottiche ibride, ognuna delle quali, a parità di apertura di fascio, emette luce con una distribuzione significativamente diversa”. Continua: “La flessibilità è oggi un requisito indispensabile nell’ambito del lighting ed è per questo che la progettazione tecnica di apparecchi di illuminazione sta focalizzando l’attenzione su sistemi ottici dinamici, tra questi c’è l’ottica DBS (Dynamic Beam Shaper) che noi come Targetti abbiamo sviluppato con la società americana Lens Vector. Il sistema DBS è capace di variare in modo dinamico l’apertura di fascio con un controllo remoto digitale passando in modo graduale da un’emissione concentrata SPOT (14°circa) a una ampia WIDE FLOOD (46°circa) seguendo in modo fluido tutti i passaggi intermedi. Non c’è nessuna movimentazione meccanica; al passaggio di corrente la lente si polarizza e questo modifica la sua geometria interna e conseguentemente l’angolo di incidenza dell’emissione della luce.
Questo offre una grande flessibilità progettuale soprattutto per gli spazi che ospitano esposizioni molto diverse tra loro con requisiti illuminotecnici differenti. Il vantaggio è di controllare la variazione del fascio tramite applicazione su Smartphone e passare da un’illuminazione più drammatica a un’illuminazione più morbida senza dover cambiare niente del progetto”
“L’evoluzione digitale ha ridotto drasticamente l’impatto fisico degli impianti sulle strutture architettoniche, condizione fondamentale soprattutto in ambiti storici, ma ha anche garantito una versatilità e snellezza impossibile da ottenere con impianti di tipo tradizionale – evidenzia Mara Maganza –. Gestione di luce naturale e artificiale, interazione tra luce e cicli biologici dell’uomo, comfort visivo, risparmio energetico sono argomenti essenziali nel progetto della luce anche in ambito museale. Le richieste di prodotti in grado di gestire in modo smart la complessità del progetto sono sempre più frequenti, in ambiti moderni dove l’opportunità di utilizzare questi sistemi appare ormai scontata, ma anche in contesti più classici dove controllo e flessibilità sono da sempre argomento di discussione”.
Parlando di impatto estetico Michele Cascio chiarisce che “I sistemi di illuminazione ERCO sono intenzionalmente disegnati per essere estremamente neutri, quasi invisibili, per sparire nello spazio piuttosto che emergere come elementi distintivi. Questa scelta di design enfatizza che la vera protagonista è la luce stessa, non l’apparecchio che la emette. Ci si concentra sulla creazione di una luce di qualità che valorizzi le opere d’arte e gli ambienti, senza distogliere l’attenzione dal loro contenuto. L’apparecchio di illuminazione non è visto come un oggetto decorativo, ma come un mezzo per raggiungere l’obiettivo finale: una luce perfetta. Questo approccio minimalista e funzionale pone l’accento sul ruolo fondamentale della luce nel modellare le percezioni e nell’arricchire l’esperienza visiva dei visitatori. L’illuminazione non si impone sull’arte esposta, ma la completa, arricchendola e valorizzandola”.
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Sviluppi futuri
Abbiamo chiesto alle varie aziende fin qui coinvolte quali saranno gli sviluppi futuri nell’illuminazione per le opere d’arte siano esse all’interno di un museo (moderno o storico) siano posizionate all’esterno. E ciò che emerge è sicuramente una necessità di vedere oltre al tradizionale concetto di illuminazione dei beni culturali. Spiega chiaramente Giulio Scabin: “In passato la visione di un’opera d’arte era comunque collegata fortemente all’idea che di quell’opera d’arte aveva il curatore del museo o della mostra. C’era ciò una visione data di quell’opera. Ci stiamo avviando verso una convivenza di più visioni. Proprio i sistemi di gestione della luce permettono la creazione di scenari o comunque di variare la luce in modi che sono alla portata di tutti. Quindi immagino per esempio delle mostre in cui accanto alla versione ufficiale determinata dal curatore, si possano affiancare versioni di illuminazioni create dal visitatore. Oppure scenari diversi legati alla stagione o ai momenti della giornata, aggiungendo motivi ulteriori per andare a visitare la mostra o il museo, non un’unica volta, ma appunto con condizioni di luce diverse. La luce “intelligente”, poi con l’utilizzo di sensori e algoritmi, offrirà tutta una serie di servizi aggiuntivi, come il monitoraggio dell’effettiva esposizione alla luce dell’opera d’arte (tela, tavola, scultura, incisione, disegno) favorendo la sua conservazione ma anche una fruizione più accurata, basata su dati puntuali. Gli smart services permetteranno di portarsi a casa qualcosa dell’esperienza di visita, qualcosa che può essere richiamata facilmente sul proprio smartphone e quindi anche la luce contribuisce ad avere un’esperienza più completa, più ricca del mondo dei beni culturali”.
Una illuminazione volta a un nuovo modo di fruire gli spazi, sempre più rivolta a nuove generazioni che richiedono e pretendono nuovi livelli comunicativi. In tal senso spiega Michele Cascio: “Guardando al futuro dell’illuminazione museale, ci si aspetta un’ulteriore enfasi sull’uso dell’intelligenza artificiale e su sistemi di illuminazione interattivi. Questi sistemi potrebbero adattarsi dinamicamente alle condizioni ambientali e alle preferenze dei visitatori, creando esperienze su misura e ancora più coinvolgenti”.
Vi sono poi tutte una serie di considerazioni più tecniche, pratiche, legate alla realizzazione dei progetti che fanno emergere l’attenzione, sempre più presente, al tema del risparmio energetico come ci racconta Olivia Verdiani: “La progettazione dei sistemi di illuminazione dedicati all’illuminazione museale si sta spostando sempre di più verso la ricerca del miglior compromesso tra qualità della luce ed efficienza del sistema in un’ottica di economicità del progetto nel lungo periodo. Il risparmio energetico è oggi un tema fondamentale e un atto dovuto da parte di tutte le figure coinvolte nei progetti della luce. Oggi la scelta di sorgenti LED di alta qualità, la progettazione dei sistemi ottici su misura per la tipologia di sorgente scelta, unita a uno studio sulla dissipazione del calore, consente di migliorare sempre di più l’efficienza degli apparecchi di illuminazione di alta gamma senza compromettere la qualità della luce emessa”.
Sviluppare soluzioni adeguate anche per l’ambiente esterno, è l’obiettivo che molte aziende stanno iniziando a perseguire, così come precisa Michele Cascio: “Le soluzioni di illuminazione da esterno offrono lo stesso livello di flessibilità delle soluzioni da interno. Questo è reso possibile grazie all’uso di ottiche intercambiabili, permettendo una personalizzazione e un adattamento estremi alle esigenze specifiche di ogni contesto”. Anche in queste applicazioni l’attenzione alla sostenibilità continuerà a giocare un ruolo chiave, con un focus su soluzioni di illuminazione che siano efficienti, durevoli e rispettose dell’ambiente”.
Interessante è un punto di vista particolare, che volge lo sguardo alla conservazione e alla manutenzione, come sottolinea Mara Maganza: “È difficile pensare a cosa ancora può offrici il mercato dell’illuminazione considerando i passi da gigante fatti negli ultimi decenni. Quindi dove cercare nuovi spunti? L’analisi del patrimonio artistico a nostra disposizione ci aiuta a trovare una risposta. Quanti musei, gallerie e spazi espositivi in genere possiedono oggi una adeguata illuminazione? Il budget a disposizione di queste realtà è spesso insufficiente al punto da non consentire la pianificazione di ampliamenti o migliorie. Xal ha avviato da qualche anno un piano di riqualificazione degli impianti esistenti mediante la conversione alle nuove tecnologie di corpi illuminanti ormai vetusti. Interventi di questo tipo, se avviati in modo poderoso, permetterebbero a molte realtà anche meno blasonate di rinnovare i propri impianti, garantendo ai tesori in esse custodite nuova luce. Investire nel relamping significa anche creare una alternativa sostenibile: in termini economici grazie al risparmio nell’acquisto di kit sostitutivi al posto di nuovi corpi illuminanti; in termini di risparmio energetico grazie all’impiego di sorgenti ad alta efficienza; in termini ambientali grazie al minor impatto di una economia di tipo circolare. È mia opinione che la parola futuro non sia esclusivamente sinonimo di novità, lo è invece di evoluzione e trasformazione; quindi, perché non raccontare una storia che guardi al futuro strizzando l’occhio a ciò che ci ha preceduto?”