Come ci ha cambiato la pandemia?
Paure e diffidenze, ma anche energia per recuperare e per costruire una nuova realtà: ciascuno cerca di reagire alle esperienze del recente passato e di gestire una nuova quotidianità
Come cambierà il modo di relazionarsi con i colleghi e di abitare lo spazio di lavoro a seguito dell'emergenza sanitaria? Alessandro Simeone, psicologo e psicoterapeuta ad orientamento costruttivista, parte anche del Centro Medico Sant’Agostino, fornisce il proprio parere professionale a proposito della reazione psicologica conseguente alle esperienze legate alla passata quarantena e al distanziamento sociale
“Trovo utile chiederci quale impatto abbia avuto la quarantena sulle nostre vite e sulla nostra quotidianità, dopo quasi settanta giorni di misure restrittive: le lunghe settimane di isolamento e distanziamento sociale ci hanno messo di fronte a esperienze nuove e intense, in questo momento stiamo fronteggiando le richieste connesse con la graduale ripresa delle “normali” attività lavorative e sociali – afferma Alessandro Simeone –. L’emergenza Covid–19 ha velocemente stravolto le nostre abitudini, le nostre relazioni affettive e le nostre sicurezze. I repentini cambiamenti ci fanno sentire inevitabilmente smarriti e preoccupati, intaccando il nostro benessere emotivo e psicologico: recenti studi hanno infatti mostrato come la quarantena prolungata incide sulla comparsa di sintomi ansiosi, vissuti di rabbia e solitudine, insonnia e difficoltà di concentrazione. Va però sottolineato come questa sia stata per molti aspetti un’occasione in cui abbiamo dovuto attingere alle nostre capacità di adattamento e di flessibilità. Abbiamo imparato a dare un nuovo ordine alle nostre priorità, a dare maggiore importanza alla nostra salute, al nostro tempo e abbiamo utilizzato la nostra creatività per re–inventare nuovi modi di vivere le nostre relazioni e di organizzare il nostro lavoro”.
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Quali saranno le paure e le diffidenze da superare una volta rientrati in ufficio?
Come mostrato in un recente articolo dell’American Psychological Association, con lo scoppiare dell’emergenza molti lavoratori sono passati repentinamente a una modalità di lavoro in smart working, perdendo così il controllo su alcuni aspetti della loro quotidianità lavorativa e relazionale; hanno inoltre sperimentato una forte incertezza rispetto al loro futuro personale, professionale ed economico. Il rientro sul luogo di lavoro può quindi rappresentare un cambiamento che porta con sé preoccupazioni sulla propria sicurezza personale e difficoltà di adattamento alla routine di ufficio.
Il contenimento della diffusione del virus è un problema che non abbiamo ancora definitivamente risolto, perdurerà per i prossimi mesi.
Come dicevamo prima, vivere questa quarantena ci ha reso più consapevoli dell’importanza della nostra salute e della nostra sicurezza fisica. Le persone che rientreranno avranno bisogno di essere informate, di essere ascoltate nei loro dubbi e timori e di essere messe in condizione di sperimentare l’ufficio come un luogo sano e sicuro.
Può essere utile inoltre ricordare che il rientro per molte persone sarà accompagnato da grandi difficoltà e preoccupazione in merito alla gestione della vita familiare e alla protezione dei propri cari a casa.
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Come cambierà il modo di relazionarsi con i colleghi?
Abbiamo vissuto settimane in cui i ritmi e le attività delle nostre comunità sono state sospese. ll rientro al lavoro per molti può rappresentare un repentino e agognato ritorno alla routine lavorativa e sociale pre–Covid19, per altri invece, tornare a vivere lo spazio dell’ufficio, può essere un’esperienza pericolosa e complicata.
Di fronte a una minaccia invisibile, come quella rappresentata da un virus, le persone tendono ad attribuire al comportamento degli altri la responsabilità della diffusione del contagio, alimentando così l’illusione di rimanere protetti e al sicuro.
Sul piano relazionale controllare gli altri, oltre a essere un’operazione frustrante e dispendiosa, può generare un clima caratterizzato da sospetto, diffidenza ed evitamento dei contatti sociali. Ricordiamo però che questa non è l’unica soluzione per riconoscere un pericolo e affrontarlo. L’esperienza del lungo lockdown ci ha esposto tutti agli stessi rischi e pericoli e abbiamo sperimentato, forse mai come prima d’ora negli ultimi decenni, di essere tutti sulla stessa barca. Abbiamo condiviso solidarietà e sostegno reciproco: a molti sarà capitato per la prima volta di parlare delle proprie emozioni e preoccupazioni con i propri colleghi, ad altri di “far entrare l’ufficio” nelle proprie case durante le videochiamate di lavoro. Da questo punto di vista, le relazioni ai tempi del Coronavirus hanno rappresentato un vero fattore di innovazione. Ritornare in ufficio, tornare ad abitare le relazioni con i nostri colleghi è un processo di cui possiamo prenderci cura insieme. Possiamo passare dalla dimensione del controllo di cui parlavamo prima, a quella in cui si dà spazio al sostegno e al supporto reciproco: abbiamo bisogno, in questa fase in cui l’emergenza si è attenuata, di partire dalla comprensione delle esperienze e delle preoccupazioni immediate delle persone. In quest’ottica sarà possibile ri–progettare gli spazi di lavoro e le strutture organizzative aziendali, con l’obiettivo di favorire flessibilità, autonomia, collaborazione e innovazione.
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In che modo l’ambiente di lavoro può contribuire a diffondere nuova fiducia?
Partiamo con il riconoscere che l’ambiente di lavoro è per prima cosa uno spazio relazionale e non possiamo parlare di fiducia al di fuori di una relazione basata sulla reciprocità. Il ritorno in ufficio comporta per le organizzazioni la necessità di ri–progettare i propri spazi in modo tale da garantire la salute e la sicurezza delle persone. Dobbiamo riconoscere che, anche in virtù dei cali di fatturato di questi mesi, ci possa essere la tentazione di derubricare il tutto all’applicazione di nuove norme dettata dai protocolli di sicurezza. Questa fase però può essere l’occasione per pensare all’ambiente di lavoro come un luogo da abitare e da condividere con i propri colleghi. L’unico modo che noi psicologi conosciamo per ottenere fiducia è offrirla. In questa fase può essere perciò utile coinvolgere i dipendenti nella discussione e progettazione dei nuovi spazi, accogliere le loro esigenze e preoccupazioni. Partecipare alla costruzione delle novità aiuta inoltre le persone ad adattarsi ed essere resilienti rispetto ai cambiamenti. Percepire fiducia nell’ambiente di lavoro è inoltre connesso con la possibilità di sperimentare una comunicazione chiara e semplice da parte dell’organizzazione sulla gestione dei rischi e sull’utilizzo e disponibilità dei dispositivi di protezione individuale. Non dobbiamo certo medicalizzare i nostri ambienti di lavoro, ma organizzare gli uffici in modo tale che possono essere garantiti protezione, distanziamento e co–abitazione dello spazio lavorativo. A tal proposito e con le dovute attenzioni, può essere utile ripensare gli ambienti esterni e i luoghi dove poter riprendere i contatti informali.
Ciò che si è perso, per esempio, durante le settimane di smart working è la chiacchierata davanti la macchinetta del caffè: abbiamo bisogno di recuperare – in sicurezza – spazi di informalità e condivisione immediata della quotidianità lavorativa. La ri–progettazione degli spazi che saprà tener conto dei nuovi bisogni dei dipendenti, permetterà la creazione di un ambiente di lavoro sicuro e produttivo.