Investire in uffici, la difficile situazione del non-prime
BNP Paribas REIM sottolinea come l’affermazione del lavoro da remoto abbia ridotto la domanda di uffici anche in uno scenario in cui l’occupazione è cresciuta. Questo calo della domanda ha portato a una maggiore competizione tra locatari, che ha portato a un riduzione dei prezzi nel settore nel 2023, nel 2024 e probabilmente si ripeterà anche nel 2025
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Gli edifici che rientrano nel segmento “Prime” godono di livelli di occupazione molto alti, di prospettive positive sugli affitti e di fondamentali ancora solidi. Tuttavia, spiegano da BNP Paribas REIM, bisogna sempre ricordarsi che questa tipologia di asset rappresenta solamente una parte del mercato, come dimostra il fatto che i CBD dei maggiori mercati europei, ovvero quei quartieri costruiti appositamente per ospitare business e attività commerciali, ospitano appena il 25% di tutti gli uffici esistenti.
Se si passa quindi a esaminare il mercato degli uffici nella sua totalità, si osserva che i fondamentali sono ancora sotto stress, soprattutto a causa di una domanda di occupanti piuttosto debole.
Per averne un’idea, si consideri che nel 2023 nell’Europa Continentale l’assorbimento netto di forza lavoro è stato negativo, ovvero dagli uffici sono usciti più lavoratori di quanti ve ne siano entrati; un evento che, da quando abbiamo iniziato a raccogliere dati sul tema nel 2010, non si era mai verificato. La situazione assume connotati ancora più preoccupanti se si pensa che non ci troviamo in un periodo di forte disoccupazione, anzi, la crescita degli occupati si è attestata su valori ben sopra la media. Questo “assorbimento negativo” comporta diverse conseguenze per il settore. In primo luogo, genera vacancy rate più elevati e una competizione più accanita tra i proprietari degli edifici, che si ritrovano costretti a ridurre i livelli degli affitti. Inoltre, i periodi durante i quali questi spazi rimangono inutilizzati tendono ad allungarsi e, per scongiurare questa eventualità, si sottoscrivono accordi più vantaggiosi per gli inquilini. La terza e ultima conseguenza riguarda le aspettative sui trend di mercato e la loro interpretazione. Fino a non molto tempo fa, la domanda degli uffici andava di pari passo con l’andamento dell’occupazione, ma questa correlazione sta scomparendo e si affievolirà sempre di più nei prossimi anni, almeno fino a che la transizione verso i nuovi modi di lavorare non sarà ultimata.
I riflessi dello smart working sull’occupazione degli uffici
Uno dei motivi per cui l’ingresso di nuovi occupati non è riuscito a generare maggiori presenze all’interno dell’ufficio è l’affermazione del lavoro da remoto. Questo è un fenomeno che accresce ulteriormente l’incertezza per i player del mercato degli uffici, in quanto, assieme alle variabili macroeconomiche, rende ancora più imprevedibili le scelte che una determinata società potrebbe compiere. È vero che recentemente alcuni grandi nomi hanno annunciato di voler ridurre lo smart working a vantaggio del lavoro in presenza, ma tutte le altre imprese seguiranno l’esempio? E a seconda della risposta, quale sarà l’impatto finale? Ad oggi rispondere a queste domande è molto difficile; ciò che è certo è il vacancy rate di molte soluzioni esterne al segmento dei CBD è aumentato, con questi sottomercati che sono stati duramente colpiti anche da lavori di ammodernamento che erano stati avviati prima dell’avvento del remote working e che hanno causato una serie di difficoltà ulteriori che si possono osservare ancora oggi.
Per fare un esempio, a Parigi gli affitti degli uffici in centro o nel CBD de La Défence sono cresciuti costantemente negli ultimi anni e verosimilmente continueranno a farlo. Tuttavia, sempre all’interno della capitale francese, ma al di fuori di questi quartieri, la situazione appare spettrale, con aree che hanno visto un declino degli affitti nel 2023, che si ripeterà anche per l’esercizio 2024 e alcune non miglioreranno nemmeno nel 2025. Alcune previsioni vedono una potenziale ripresa dopo quest’anno, ma l’evoluzione del lavoro da remoto rende impossibile fare una qualsiasi affermazione con un livello di sicurezza adeguato.
La situazione attuale si ripercuote anche sul prezzo degli asset. Nonostante il ciclo di tagli dei tassi d’interesse appaia ben avviato, è molto improbabile che sottomercati come quelli citati sopra per Parigi, ma anche omologhi di altre città, possano conoscere una significativa ripresa dei rendimenti prima del 2026, dato che questi scontano tutti i dubbi dei player di mercato legati alle problematiche viste sopra.
Alla luce di tutto ciò, i professionisti di BNP Paribas REIM ritengono che questa situazione ai limiti dell’insostenibile porterà il lato dell’offerta ad adattarsi, non solo riducendo i lavori di ammodernamento, ma anche convertendo parte dello stock di uffici disponibile ad altri usi. Si tratta di una strategia molto comune quando il vacancy rate raggiunge livelli elevati, come dimostra quanto accaduto ad Amsterdam nel 2013, quando questo valore aveva raggiunto il 18%. Attraverso questo processo di riconversione, il tasso si è ridotto del 2% ogni anno, arrivando al 7% nel 2018.
Tuttavia, raggiungere questi obiettivi richiede ingenti investimenti, autorità che diano il loro appoggio e, soprattutto, tempo, con la domanda molto debole di oggi (le stime dicono tra i 5 e i 10 anni). Ecco perché ci aspettiamo che la contrazione degli affitti perdurerà ancora, dando però modo ad alcuni proprietari di diversificare e offrire soluzioni multiuso per esempio nel leisure, che oggi è invece un settore molto ricercato dagli occupanti.
BNP Paribas REIM BNP Paribas REIM, business line di BNP Paribas Real Estate, offre un’ampia gamma di fondi immobiliari e soluzioni di investimento per gli investitori basate su convinzioni solide. Profondamente europei, abbiamo una conoscenza approfondita dei mercati locali, e di ogni metro quadrato, strada, quartiere ed ecosistema urbano. Con i nostri 360 dipendenti ci prendiamo cura degli asset come ci prendiamo cura degli esseri viventi, con l’obiettivo di costruire un ambiente di vita migliore per gli oltre 230 investitori istituzionali e gli oltre 140.000 investitori privati con cui lavoriamo. Crediamo nell’importanza dei fattori ESG per coniugare performance sociali, ambientali e finanziarie. Applichiamo inoltre l’innovazione per adattarci sempre meglio ai rischi e alle opportunità di oggi e di domani. Gestiamo 29,7 miliardi di euro in asset abitativi europei per conto di investitori istituzionali e privati (dati a fine 2022). BNP Paribas Real Estate Investment Management è composta da entità regolamentate nei seguenti Paesi: Francia, BNP Paribas Real Estate Investment Management S.A.; Italia, BNP Paribas Real Estate Investment Management Italy SGR; Germania, BNP Paribas Real Estate Investment Management Germany GmbH; Regno Unito, BNP Paribas Real Estate Investment Management UK Limited; Lussemburgo, BNP Paribas Real Estate Investment Management Luxembourg S.A.Ciascuna delle entità legali responsabili dell’offerta di prodotti o servizi ai propri clienti è citata nella documentazione sui prodotti, nei contratti e nelle informazioni correlate. Questa è una comunicazione pubblicitaria.Si prega di fare riferimento ai documenti regolamentari (il prospetto del fondo, le note informative o le caratteristiche dettagliate) e ai documenti informativi del fondo prima di prendere una decisione definitiva di investimento.
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