La luce multifunzione
Il futuro del lighting design è quello di una luce connessa, in cui ogni apparecchio assolve a funzioni che vanno ben oltre la tradizionale illuminazione
La ricerca in campo illuminotecnico procede verso un futuro sfaccettato e connesso. L’integrazione di sistemi di controllo IoT ha portato infatti alla realizzazione di apparecchi che, oltre a fornire una luce in grado di mutare attivamente, coadiuvano la raccolta di dati sull’utilizzo degli spazi al fine di ottimizzarne la gestione e possono essere gestiti via app tramite smartphone e tablet per una luce personalizzata. Parallelamente vede le prime applicazioni pratiche la tecnologia LiFi, o “Light Fidelity”, attraverso la quale viene sfruttata la modulazione della luce emessa dai Led per la trasmissione dati in modalità wireless. Evoluzione che potenzialmente trasforma le fonti Led in trasmettitori di informazioni e ogni device in fruitore delle stessE.
Dal punto di vista del prodotto, si assiste alla diffusione di sistemi facilmente riconfigurabili al variare del layout degli spazi e installabili senza il vincolo stringente della predisposizione elettrica, come anche all’introduzione di lampade portatili e ricaricabili dall’autonomia superiore alle 8 ore.
Particolare attenzione è dedicata dalle aziende al tema dell’acustica con apparecchi che integrano materiali fonoassorbenti per fornire al progettista un unico strumento per il comfort degli ambientI.
Il progressivo avvicinamento tra luce decorativa e illuminazione tecnica, fino a qualche tempo fa nettamente separate, apre invece la strada a una commistione di stili in applicazioni professionali come in ambito privatO.
Non da ultimo, le aziende dimostrano una crescente attenzione ai temi della sostenibilità ambientale attraverso l’individuazione di materiali riciclati e riciclabili, l’applicazione di sorgenti performanti e un controllo puntuale dell’emissione luminosa, sino a un design che minimizza gli sprechi e garantisce una lunga durata degli apparecchi.
Infine l’affermazione dei cosiddetti “temi non visibili della luce”, sintetizzati con il termine Human Centric Lighting, hanno portato ad avviare il processo di revisione della norma EN 12464-1 dedicata all’illuminazione dei luoghi di lavoro interni come descritto nel box a cura di ASSIL – Associazione Nazionale Produttori Illuminazione a pag. 56.
Estetica e tecnologia
Nell’ultimo periodo si è assistito a un progressivo assottigliarsi della classica separazione tra lampade decorative e prodotti tecnici, all’insegna di un approccio trasversale che coniuga estetica e tecnologia all’avanguardia. Lo scopo è fornire al lighting designer soluzioni che, pur rispettando le normative vigenti, contribuiscono alla definizione dell’interior design. L’innovazione e la tecnologia sposano così la “poetica” della luce interpretando l’evoluzione degli uffici contemporanei. Commenta sul tema il designer Diego Sferrazza: “La tendenza in campo illuminotecnico, e più in generale dell’arredamento, è quella di ridurre la distanza tra ambienti di lavoro e ambienti domestici. Si parla di “third place”, spazi accoglienti e informali dove si lavora e, al tempo stesso, ci si può rilassare e incontrare persone. Di conseguenza i prodotti di illuminazione al fianco di requisiti tecnici come l’antiabbagliamento, il risparmio energetico e il comfort acustico, devono essere belli per vestire i luoghi in cui vengono installati. Progettare un prodotto di questo tipo non è semplice, in quanto la forma si deve plasmare sui requisiti tecnici richiesti, vanno dunque tenuti in considerazione diversi parametri tra i quali la flessibilità di installazione e la modularità del prodotto, che spesso è parte di una famiglia che comprende differenti configurazioni e dimensioni. L’ultimo trend legato all’estetica è la grande possibilità personalizzazione dei prodotti, che le aziende tendono a offrire inserendo a catalogo un’ampia gamma di colori, finiture e materiali tra i quali scegliere per definire in maniera sartoriale le caratteristiche dell’apparecchio”.
Nell’illuminazione architetturale l’apparecchio tende a fondersi con lo spazio, come spiega Jacopo Acciaro, lighting designer fondatore di Voltaire: “La miniaturizzazione e la componentistica elettronica contribuiscono allo sviluppo di soluzioni nelle quali gli aspetti formali e compositivi sono sempre più rivolti all’integrazione dell’oggetto illuminotecnico nel contesto architettonico. L’inserimento avviene sempre in maniera coesa e unitaria, garantendo un risultato di grande omogeneità e armonia. Viene posta molta attenzione al rapporto tra forma, luce e architettura, per creare l’effetto di un’unica idea di spazio dove tutte le componenti progettuali e i ‘tools’ lavorano in forte simbiosi”.
Estetica e ‘funzionalità estesa’ trovano un interessante punto di incontro nelle lampade fonoassorbenti, soluzioni di grande impatto scenico che contribuiscono ad aumentare il comfort acustico negli ambienti condivisi. Sferrazza sottolinea i plus di questa categoria merceologica: “Una lampada acustica permette di inserire facilmente e in maniera puntuale, ad esempio sopra il tavolo di un ristorante o sopra una postazione di lavoro, un elemento fonoassorbente senza dover prevedere pannellature o sistemi acustici ad hoc, semplificando il lavoro dei progettisti”.
Luce attiva e personalizzabile
Il benessere della persona all’interno del luogo di lavoro, di uno spazio pubblico come nella propria abitazione è tra gli obiettivi primari del progetto illuminotecnico che sempre più sfrutta la dinamicità e la possibilità di una luce personalizzata offerta dalle nuove tecnologie.
“La ricerca di una maggiore interazione e dialogo tra gli ‘strumenti illuminotecnici’ e chi li usufruisce e la possibilità di utilizzare la luce in maniera attiva sono tematiche estremamente interessanti per il progetto – puntualizza Acciaro. La personalizzazione della luce, con valenze di forte qualità soggettiva delle emissioni luminose e, di conseguenza, la possibilità di creare il proprio microcosmo di benessere, rappresenta una tematica che avrà sbocchi interessanti anche in ambiti tecnici, come l’office, dove l’interazione tra fruitore e luce diventa fondamentale per il raggiungimento di grandi performance legate al comfort e al benessere fisico e mentale”.
Prosegue Michele Cascio, responsabile marketing Italia di ERCO: “L’illuminazione è stata protagonista di radicali trasformazioni negli ultimi anni. Dopo l’affermazione della tecnologia Led come principale sorgente luminosa, oggi l’attenzione è rivolta soprattutto allo sviluppo di soluzioni illuminotecniche versatili, che consentano un’installazione rapida e facilmente riconfigurabile nel tempo, adattandosi al mutamento degli spazi e delle esigenze di utilizzo. L’integrazione di sistemi di controllo IoT che, combinando la tecnologia Bluetooth all’uso di sensori ambientali, consentono una progettazione della Human Centric Lighiting, in grado di mutare attivamente in funzione delle esigenze pratiche e biologiche degli utilizzatori, con riflessi anche sull’efficienza energetica dell’impianto. Ad esempio, è ora possibile, modificare la quantità e la temperatura di luce in un ambiente adattandola all’orario del giorno e all’apporto di luce naturale, seguendo il ciclo cronobiologico circadiano. I benefici psicofisici derivanti dall’uso di queste tecnologie concorrono a un miglioramento del welfare aziendale, elemento che sta sempre più a cuore agli imprenditori e agli stakeholder, che puntano a dotare i propri dipendenti di un ambiente il più confortevole possibile in modo da poter garantire loro di rendere al massimo delle proprie capacità. Gli upgrade tecnologici non possono però prescindere da una continua ricerca in campo ottico. Il modo più efficace di risparmiare energia, infatti, è sfruttare al massimo la luce prodotta dalla sorgente. In questo, i nostri sistemi brevettati di collimazione, unici sul mercato e tuttora impareggiati, conferiscono ai nostri prodotti un’efficacia impossibile da raggiungere con i consueti sistemi a riflettore, e il miglioramento di questi sistemi rimane il centro della nostra ricerca. Inoltre, un preciso sistema di collimazione, che controlla al massimo le luminanze, è un sistema efficace di abbattimento dell’inquinamento luminoso”.
Luce connessa
Quando è possibile parlare di luce connessa? Risponde alla domanda Corrado Massone, marketing director Italia, Israele e Grecia di Signify: “Possiamo parlare di illuminazione connessa ogni qual volta sia possibile combinare i dispositivi di luce Led con sistemi di controllo e tecnologie che abilitano alla trasmissione di informazioni, per beneficiare di tutti quegli aspetti che vanno ben oltre la tradizionale funzione d’illuminazione. Con l’introduzione dei Led, gli apparecchi sono infatti diventati in tutto e per tutto dei dispositivi digitali che possono essere collegati in modalità wireless per creare un sistema di illuminazione connesso. Questi innovativi ecosistemi sono in grado di fornire in modo continuativo dati sul loro funzionamento, quali ad esempio il consumo di energia, le ore di accensione, la temperatura interna, i guasti, la posizione, fino alla gestione del punto luce, singolarmente o in gruppo. In altre parole, il termine luce connessa si riferisce alla capacità di questi sistemi di raccogliere e condividere dati in modo da avere un impatto significativo sul nostro modo di vivere”.
All’interno dell’ufficio l’illuminazione connessa diventa un utile strumento per la gestione degli spazi e un maggiore comfort per la persona, come spiega Marco Mizia, amministratore delegato di Waldmann Illuminotecnica: “Oggi si studia l’utilizzo di sensoristica integrata nell’illuminazione per raccogliere una moltitudine di informazioni utili a facility manager, responsabili delle risorse umane, space planner e agli utilizzatori finali. Si possono infatti raccogliere dati non solo sulle modalità e tempistiche di utilizzo delle postazioni di lavoro, ma anche sui livelli di rumorosità, qualità dell’aria e temperatura. Con la diffusione del co-working e il crescente costo degli spazi nei grandi centri urbani diventa strategico per i responsabili dell’organizzazione degli spazi gestire le loro strutture in modo ottimale. Sul fronte degli utilizzatori finali, l’interconnessione delle apparecchiature tramite app può permettere invece di vedere quali postazioni sono libere ed eventualmente prenotarne una già da casa. Gli indicatori della app segnalano infatti in tempo reale le postazioni libere, occupate o prenotate all’interno dell’edificio. Gli apparecchi a stelo o a sospensione sono già presenti presso ogni postazione di lavoro, quindi il loro utilizzo come “rilevatore di dati” è particolarmente semplice e sensato. Altre tecnologie smart possono facilitare la personalizzazione della postazione di lavoro, ad esempio una app su smartphone può far riconoscere alla lampada l’utilizzatore presente alla postazione e autoregolare i livelli di luce secondo le preferenze della persona. La lampada può poi trasmettere dati sulle impostazioni preferite dall’utente ad altre componenti connesse della postazione come i monitor biodinamici o le scrivanie regolabili in altezza”.
Le applicazioni vanno oltre l’ambiente ufficio, come descrive Corrado Massone: “È possibile trasformare l’esperienza degli spazi più comuni: dalle realtà commerciali, passando per gli ambienti urbani. Ad esempio, l’IoT può migliorare l’esperienza in store grazie alla creazione di scenari di luce differenti durante la giornata o in base ai layout espostivi stagionali, riducendo i costi di manutenzione e allestimento. A livello urbano è possibile, invece, aumentare la sicurezza dei cittadini con l’aiuto di sensori che rivelano il movimento o che reinterpretano con giochi di luce gli edifici più rappresentavi delle città, valorizzando così il territorio e creando un senso di appartenenza alla comunità”. Cosa ci si può aspettare dal futuro dell’illuminazione? Risponde Corrado Massone: “Se dal Led alle prime applicazioni di smart lighting il passo è stato breve, nei prossimi anni ci aspettiamo un’evoluzione del mercato in un’ottica sistemica, caratterizzato da una sempre più ampia compatibilità di cose e sistemi che ruotano intorno al mondo dell’IoT.
L’esigenza di gestire la grande quantità di dati resi disponibili dalle applicazioni dell’IoT in ambito illuminotecnico ha portato alla diffusione di software per l’analisi e l’interpretazione dei dati per la comprensione delle dinamiche di utilizzo degli spazi. Porta un esempio pratico Fabian Gerschwiler, Product Manager Connected Lighting di Regent: “MyData Analysis è una soluzione digitale, che aiuta le persone ad avere informazioni sull’occupazione del building o dell’ufficio grazie a un’illuminazione intelligente. Lampade con sensori integrati costituiscono una rete che invia i dati a una piattaforma in cloud affinché vengano ulteriormente analizzati. Questi sono in grado di fornire interessanti informazioni sull’utilizzo dell’edificio e sono utili a sfruttare al meglio lo spazio. Ad esempio, le operazioni di pulizia possono essere svolte più velocemente se si conoscono quali postazioni sono state utilizzate in un certo giorno. Va sottolineato che i dati sull’occupazione delle postazioni sono raccolti in maniera anonima e non sono richiesti interventi dell’IT manager per renderlo operativo. Il sistema coadiuva anche valutazioni legate alla temperatura, alla concentrazione di CO2, all’umidità, utili per il corretto mantenimento del building. I sensori non hanno bisogno di manutenzione e prendono energia direttamente dalle sorgenti luminose”.
L’era del LiFi
Introduce il tema del LiFi Corrado Massone: “Con il termine LiFi si intende una connessione dati a banda larga attraverso le sorgenti luminose che consente di accedere e navigare in rete senza compromettere la qualità dell’illuminazione. Rispetto al WiFi, il LiFi ha enormi potenzialità in tutti quei luoghi in cui le onde radio possono interferire con altre apparecchiature, come negli ospedali, o laddove i segnali WiFi non possono arrivare o sono deboli, come in metropolitana. Altre possibilità d’impiego riguardano ambienti che richiedono un’elevata sicurezza; per esempio, il back office di un istituto finanziario o servizio governativo, in quanto il fatto stesso che la luce è fondamentale per accedere al network, il LiFi garantisce più elevati standard di sicurezza”
Il LiFi è infatti una tecnologia wireless ad alta velocità che utilizza onde luminose invece di radiofrequenze, e offre una velocità di connessione pari a 30 megabyte al secondo. La sicurezza è data dal fatto che la luce non può attraversare i solidi (ad esempio i muri di un ufficio) e per accedervi è sempre necessaria un’esposizione diretta alla luce; i dati vengono dunque trasmessi in modo rapido e sicuro dalle lampade attraverso la luce, modulata in un linguaggio standard binario 0-1, proprio dell’elettronica digitale.La frequenza di questi impulsi non viene percepita dall’occhio umano, ma viene captata da speciali beacon o dalle fotocamere degli smartphone. La comunicazione è monodirezionale e va unicamente dalla sorgente luminosa all’apparecchio che decodifica il segnale. Le informazioni devono quindi essere semplici; al momento tramite LiFi è possibile trasmettere messaggi, immagini e video. Dal 2011, data in cui l’acronimo venne lanciato dal Professore Harald Haas dell’Università di Edimburgo, a oggi si è passati dalla teoria alla pratica con i primi esempi applicativi.
Libertà di riconfigurazione
Gli uffici sono spazi in continua evoluzione e dunque richiedono un attento studio dell’illuminazione. Sintetizza il concetto Johannes Seifermann, head of product management di Regent: “L’ufficio è un mondo in veloce trasformazione dove l’utilizzo efficiente degli spazi è ormai una priorità, di conseguenza le esigenze legate all’illuminazione si sono evolute. Il focus della progettazione non è più solo l’illuminazione efficiente di una determinata area, ma la molteplicità di compiti che l’illuminazione deve assolvere. Gli apparecchi guardano dunque ai nuovi concetti di lavoro basati sul desk sharing per fornire dati sull’occupazione degli spazi, permettere una personalizzazione della luce e fornire un’illuminazione flessibile e indiretta svincolata dal layout degli spazi”.
Da questa riflessione ne nasce un’altra: se gli spazi dedicati al lavoro sono sempre più fluidi e soggetti a riconfigurazioni del layout, è bene che il progetto illuminotecnico sia una piattaforma aperta, un sistema in grado di essere variato – nella posizione dei corpi illuminanti, nella numerica degli stessi – al cambiare delle esigenze. Sono sempre più le aziende che propongono sistemi con binari elettrificati, su cui i singoli spot possono essere posizionati tramite supporti magnetici e spostati in molteplici configurazioni tra questi My Circuit di Flos e Endless di Davide Groppi. Interessanti in questo senso sono anche le soluzioni che consentono di svincolarsi dalla predisposizione elettrica permettendo di decentrare il corpo lampada rispetto al punto luce o i prodotti modulari che possono essere composti in geometrie sempre diverse.
“L’illuminazione è l’elemento che caratterizza maggiormente uno spazio, che ne definisce le modalità di utilizzo – precisa Michele Cascio –. Purtroppo, gli spazi di lavoro vengono spesso dotati di un’illuminazione che copre uniformemente tutti i punti dell’ambiente, tipicamente con pannelli a incasso. Il risultato è funzionale, ma poco attraente e per nulla confortevole. Per l’ottimizzazione degli ambienti di lavoro Erco ha recentemente introdotto Jilly, un downlight da binario che permette di dotare lo spazio di una griglia di binari a soffitto e di andare a “cucire” l’illuminazione sulle esigenze specifiche di un dato momento, illuminando solo dove e quando serve, rispettando la normativa senza sprechi e con coefficienti di abbagliamento molto inferiori a quanto prescritto dalla normativa (UGR +13,5). Quando fosse necessario ridisporre gli spazi, spostando o aggiungendo superfici operative, sarà possibile adattare il sistema senza necessità di opere murarie, con consistente risparmio di tempo e denaro”.
Un occhio all’ecologia
Le aziende sono sempre più green oriented. Ma come si traduce, nei fatti, la volontà di rispettare maggiormente il pianeta? Attraverso la ricerca di materiali innovativi che rendono i prodotti più durevoli, ma anche con l’utilizzo di materie prime riciclate o riciclabilI.
La minimizzazione degli sprechi nei processi produttivi va, ovviamente, nella stessa direzione. Va a fondo del concetto Marco Mizia: “Si lavora attraverso un’attenta selezione dei materiali e applicando i principi di sostenibilità integrale introdotti dalla certificazione Cradle to Cradle. Percorso che Waldmann ha seguito per l’apparecchio a stelo Lavigo, primo apparecchio per ufficio al mondo a essere stato insignito del certificato valido a livello internazionale. Per soddisfare i requisiti, tutti i materiali utilizzati sono stati identificati, valutati e parzialmente ottimizzati con riferimento alle loro caratteristiche tossicologiche e alla loro capacità di riciclo. Altri requisiti per la certificazione sono state attestazioni sul bilancio energetico, sulla quantità e sulla qualità necessaria dell’acqua nonché sul rispetto dei criteri sociali”.
Sul fronte dei consumi energetici, la tecnologia Led, da sola, non è sufficiente ad assicurare il massimo della sostenibilità, è necessario progettare tutti i componenti in modo da consentire ai diodi di lavorare nelle migliori condizioni, dotandoli di un sistema ottico in grado di convogliare la luce dove desiderato, senza dispersione. Dichiara Patricia Gerber, Head of Marketing di Regent: “Il risparmio energetico è stato uno dei maggiori temi affrontati dall’industria dell’illuminazione nell’ultimo decennio. I primi anni dell’era dell’illuminazione a Led sono stati segnati dalla corsa all’ottimizzazione ‘Lumen per Watt’ che ha portato a una progressiva sostituzione delle sorgenti luminose tradizionali, come i tubi fluorescenti e le lampade a incandescenza. L’uso di sensori integrati, ad esempio negli apparecchi a stelo, contribuisce ulteriormente alla riduzione del consumo energetico. I sensori di luce che adattano l’emissione luminosa dell’apparecchio alla luce diurna in entrata e che garantiscono un livello di lux costante sono diventati uno standard per questo tipo di apparecchi. Inoltre, il continuo sviluppo della tecnologia Led ha permesso di ottenere un design più snello e intelligente degli apparecchi. Gli alloggiamenti e i dissipatori di calore stanno diventando sempre più piccoli ed è necessario meno materiale per costruirli. Le ottiche complesse sono in parte sostituite da sottili pellicole ottiche”.
Ma anche il prodotto più performante deve essere oggetto di una progettazione accurata per i migliori risultati.
“La normativa prevede che le superfici di lavoro siano illuminate con almeno 500 lux, e spesso i progetti illuminotecnici degli uffici, per non contravvenire a questa norma, vengono realizzati con una luce piatta che garantisca 500 lux su tutta la superficie di un ambiente – precisa Michele Cascio –. È invece necessario creare una sinergia tra architetto, interior designer e lighting designer in modo da elaborare un layout illuminotecnico sia specifico per l’allestimento degli spazi, sia flessibile in vista di eventuali riorganizzazioni future. Solo così è possibile dare agli ambienti la giusta luce dove serve, minimizzando la potenza impegnata e creando allo stesso tempo una gerarchia percettiva che conferisca all’ambiente un’atmosfera più piacevole e confortevole per le persone che ci lavorano”.