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Un approccio professionale al tema della luce

Con la pubblicazione della norma UNI 11630 sono stati definiti i criteri per la stesura del progetto illuminotecnico, fornendo un riferimento univoco che promuove le professionalità, i contenuti e la qualità nella progettazione illuminotecnica sostenibile

“L’architettura è il gioco sapiente, rigoroso e magnifico dei volumi sotto la luce”. La celebre frase di Le Corbusier costituisce da sempre un punto di riferimento e di convalida del valore della luce, sia naturale sia artificiale, come vero e tangibile materiale nella progettazione degli spazi interni ed esterni. Come tale deve essere definita in modo preciso e rigoroso, non può essere considerata come semplice complemento tecnico o estetico. Conoscere e ‘orchestrare’ la luce è un esercizio progettuale complesso che coinvolge aspetti percettivi ed emozionali (ritmi circadiani, umore, attenzione), la vista, la sicurezza e il comfort. In questo processo la creatività si integra con la conoscenza degli aspetti tecnici e normativi, per un’estetica che è anche logica della luce.

Lo studio dell’illuminazione riveste, dunque, un ruolo centrale nel processo integrato dell’architettura e nell’intero percorso progettuale, dallo sviluppo del concept alla selezione dei corpi illuminanti dal coordinamento di cantiere fino alla pianificazione della manutenzione. È responsabilità del progettista analizzare volumi, spazi, colori, culture e i rapporti che si instaurano tra tutti gli elementi di progetto. Ciononostante, l’attività del progettista illuminotecnico non ha avuto negli anni un inquadramento normativo.

A sancire il ruolo chiave della progettazione illuminotecnica la norma UNI 11630:2016 “Luce e illuminazione. Criteri per la stesura del progetto illuminotecnico” definisce il processo di elaborazione del progetto illuminotecnico e la relativa documentazione. Lo spirito della norma è contenuto nella sua premessa: “La progettazione illuminotecnica è da ritenersi un compendio tra arte e scienza capace di illuminare l’ambiente umano”.

Oltre a sottolineare l’importanza della progettazione illuminotecnica, la norma permette ai progettisti di individuare gli elaborati minimi da produrre per essere allineati con le disposizioni di legge, specialmente nell’ambito dei lavori pubblici. Fra gli obiettivi vi è anche quello di semplificare la valutazione di più ipotesi progettuali, fornendo così dei riferimenti di confronto sia in termini di completezza della documentazione, sia in merito al rispetto dei livelli di dettaglio minimi previsti dalla legislazione vigente.

Il progetto di luce ha assunto così una connotazione propria con riferimento alla realizzazione di nuovi impianti d’illuminazione e all’adeguamento e trasformazione degli impianti esistenti negli ambiti degli interni (ospedali, alberghi, uffici, commerciali, industriali, residenziali), installazioni sportive, in ambienti interni ed esterni, impianti stradali (carrabili, ciclabili o pedonali), aree esterne, quali parchi, piazze, giardini, parcheggi, impianti architettonici e monumentali, gallerie e sottopassi.

A distanza di anni dalla pubblicazione della UNI 11630, ne riprendiamo i contenuti approfondendone implicazioni e ricadute nel mondo del progetto e della produzione.

Nel sistema a sospensione Somnĭum, progettato da Carlotta de Bevilacqua per Artemide, il modulo base è una cella ottica che, calcolata per la massima efficienza e la migliore percezione, si replica e collabora con il resto del sistema. La lente si unisce all’antiglare per un maggior comfort. Emissione indiretta e diretta con un fascio controllato di 2×31° e UGR<16

Il valore, riconosciuto e codificato,
del progetto illuminotecnico

La novità principale introdotta dalla norma è che sancisce, finalmente e in modo ufficiale, che il tema della luce va affrontato per mezzo dello sviluppo di un progetto illuminotecnico, distinto dal progetto architettonico e dal progetto degli impianti elettrici.

“La norma pone l’attenzione non solo sulla centralità della luce ma anche su coloro che sono in grado di progettarla e gestirla – specifica Jacopo Acciaro, lighting designer and founder Voltaire Lighting Design. La stessa rappresenta un rafforzativo all’approvazione e al consolidamento di un approccio professionale al tema luce, pone finalmente chiarezza su chi può e deve occuparsi di questo particolare ambito. Dobbiamo sempre ricordare che il lighting designer è una figura che è in grado di costruire e gestire un iter composto da svariati step, che hanno come comune denominatore solide basi culturali e scientifiche”.

In generale la norma indirizza l’intera filiera a raggiungere una piena maturità e a consolidare un approccio professionale al tema della luce.

Lo conferma anche Caterina Rossi, global director lighting design department di Artemide: “La norma sicuramente riconosce un ruolo importante al progetto e puntualizza aspetti di questo che ne sottolineano la profondità e la rilevanza all’interno della progettazione più generale di uno spazio o di un’architettura. Fa infatti riferimento non solo a parametri numerici, ma anche ad aspetti come la sostenibilità, il benessere e la qualità ambientale che una buona illuminazione può portare in uno spazio, riconoscendo in modo ufficiale valori intrinsechi al progetto illuminotecnico che stiamo sviluppando e promuovendo da tempo. La norma rappresenta quindi un’opportunità nel campo del lighting di veder riconosciuto nel modo più corretto il valore di una parte importante della costruzione di un ambiente che spesso viene invece lasciata in secondo piano e sminuita”.

Entra nel dettaglio Daniele Varesano, field marketing manager di Zumtobel Lighting: “La UNI 11630 enfatizza l’importanza di una corretta progettazione della luce, strettamente legata a una cultura illuminotecnica che deve essere mantenuta, aggiornata e ampliata nel tempo. È fondamentale che tutti gli attori coinvolti siano in grado di leggere la documentazione tecnica e comprendere appieno le differenze tra i vari prodotti.

Per garantire la conformità al progetto illuminotecnico, è infatti necessario presentare i documenti che dimostrano il calcolo illuminotecnico, le fotometrie dei prodotti e le tabelle delle intensità luminose. Il calcolo deve seguire le norme tecniche, specificando il metodo, il software e i riferimenti utilizzati. I dati fotometrici devono essere forniti in formato digitale e certificati dal responsabile tecnico del laboratorio. Le tabelle devono mostrare l’intensità luminosa degli apparecchi per angoli tra 0 e 90°, espressa in cd/klm. Non solo, la progettazione di interni deve seguire uno studio di fattibilità e uno studio preliminare che definiscano le caratteristiche e le esigenze del progetto. Dunque, un professionista qualificato deve redigere un progetto definitivo per ottenere i titoli abilitativi necessari”.

Secondo la norma, il progetto illuminotecnico deve essere reso disponibile dal progettista anche in forma digitale, deve essere redatto impiegando il sistema internazionale di unità di misura e deve analizzare gli aspetti fotometrici, energetici ed ergonomici degli impianti.

Il lighting design può far parte di un discorso più ampio, ma gli elementi descritti nella norma devono essere ben definiti ed evidenti nel progetto complessivo.

Questi ultimi elementi prefigurano lo sviluppo crescente dei progetti integrati tra più discipline e l’importanza di strumenti di condivisione e di controllo come il Bim, il sistema informativo digitale della costruzione composto dal modello 3D con i dati fisici, prestazionali e funzionali dell’edificio.

La struttura a cupola di Farel, disegnata da Diego Sferrazza per Luceplan, è in materiale termoformato fonoassorbente rivestito all’interno di feltro riciclato al 60% e all’esterno di tessuto derivato da filati riciclati al 100%, grazie alla collaborazione con Seaqual, iniziativa nata per ripulire gli oceani dai rifiuti plastici. L’apparecchio ha tre tipologie di ottiche a LED, di cui una dimmerabile

I quattro livelli di progettazione

La UNI 11630 definisce dettagliatamente la documentazione da prevedere per la progettazione stabilendo quattro livelli di intervento: studio di fattibilità, progetto preliminare o di massima, progetto definitivo e, infine, esecutivo.

“Dei quattro livelli di progettazione riportati dalla norma, che sono propri di qualsiasi ambito a cui venga applicato il progetto di illuminazione, le fasi che ritengo più interessanti sono le prime due, cioè la fase iniziale di progetto – afferma Jacopo Acciaro –. Infatti, la consapevolezza della necessità di dover affrontare il tema lighting sin dalle fasi iniziali dà forza al tema luce e mette il progettista in una posizione di sicurezza e di possibilità di agire nel modo più efficace. Inserire tematiche inerenti alla luce nelle fasi preliminari pone dunque le basi per un processo qualitativo sotto tutti i punti di vista, sia estetico/compositivo, sia prestazionale/energetico. Chiarire gli intenti e soprattutto aver un rapporto aperto e chiaro con la committenza e con il team di progetto pone il tema luce nella posizione di potersi inserire come elemento in grado di contribuire in maniera preponderante alla riuscita finale del progetto. Nelle fasi preliminari si determinano infatti i ‘margini’ di manovra dal punto di vista compositivo ed economico; si definiscono i target da raggiungere e soprattutto si stabilisce a quali condizioni raggiungerli.

Molto importante è anche l’aspetto relazionale ed emotivo: essere partecipi nelle fasi embrionali di un progetto permette al lighting designer di cogliere anche aspetti e idee che spesso nelle fasi successive sono già determinate da differenti fattori. Vedo nel coinvolgimento di un lighting designer nelle fasi iniziali di progetto finalmente la presa di coscienza che il tema luce ha un ruolo molto importante nel processo creativo e gestionale di un progetto integrato”.

Crane, prodotta da Olev, è la lampada da terra in alluminio nero anodizzato che propone una luce monodirezionale o bidirezionale verso il basso e verso l’alto, in contemporanea o singolarmente in base alla preferenza dell’utente. L’accensione, lo spegnimento e la dimmerazione avvengono mediante comando touch
Sono nove le varianti di Artelea sviluppata da EOOS Design e Zumtobel. L’apparecchio diffonde fino a 9500 lumen sulle postazioni di lavoro singole e fino a 19000 lumen su quelle doppie. Con più dell’80% dei suoi componenti riciclabili, è certificato secondo lo standard Cradle to Cradle to Cradle Certified Product Standard Version 4.0. Il sistema di innesti (Docking Port) consente di riconfigurare o convertire la piantana anche in un secondo tempo

Trasparenza ed equivalenza, fattori fondamentali
per le aziende e per i progettisti

Con la norma diventano ancora più essenziali elementi come la trasparenza e la professionalità. Conoscere nel dettaglio le caratteristiche degli apparecchi luminosi è funzionale non solo alla bontà del progetto, ma anche al mantenimento degli obiettivi di progetto nel tempo. Vengono infatti forniti gli strumenti per proteggere le scelte del lighting designer e i risultati che si vogliono conseguire.

La definizione delle varie fasi di un lavoro avvalorata dalla UNI 11630 garantisce in modo trasparente la qualità del prodotto e dei risultati prescritti a capitolato.

“Una grande frustrazione per chi lavora nel mondo della progettazione è la difficoltà di portare a compimento un progetto come è stato concepito, specialmente in ambito pubblico – racconta Daniele Varesano –. Così la UNI 11630 definisce le varie fasi di progetto, includendo gli elementi essenziali per garantire in modo trasparente la qualità del prodotto e dei risultati prescritti a capitolato. Viene così incentivato un rapporto di scambio aperto del progettista con le aziende, per conoscere a fondo i prodotti che utilizza e sfruttarli al meglio per ciò che sono stati progettati. Solo in questo modo è possibile dare coerenza e sostanza a un progetto illuminotecnico, fondamentale per garantire la qualità e l’efficacia dell’illuminazione in diversi contesti”.

“Per cantieri complessi i tempi di realizzazione delle opere sono spesso molto lunghi, possono arrivare fino a 10 anni – specifica Daniele Varesano –. Questo influisce significativamente sulla continuità e sulla coerenza di tutte le fasi del progetto. Diventa pertanto fondamentale scegliere prodotti di alta qualità, evitando di risparmiare su qualità e funzionalità per puntare solo su prezzi più bassi, che spesso corrispondono a prodotti meno duraturi. Un buon esempio è il nuovo codice degli appalti che prevede un progetto di fattibilità economica che deve identificare la soluzione che offre il miglior rapporto costi-benefici per la collettività, definendo le caratteristiche dimensionali, tipologiche, funzionali e tecnologiche dei lavori e ottenendo le necessarie autorizzazioni e approvazioni.

Nella fase esecutiva, è cruciale definire chiaramente gli elementi relativi a funzione, requisiti, qualità e prezzi. L’efficienza energetica dei prodotti illuminotecnici deve essere valutata non solo in base al consumo energetico, ma anche rispetto ai requisiti normativi del progetto”.

Aggiunge Caterina Rossi: “La norma offre supporto alle aziende e ai progettisti che affrontano con serietà il progetto illuminotecnico riconoscendo una serie di caratteristiche rispetto alla definizione dei prodotti equivalenti che nel loro insieme garantiscono la qualità del risultato da un punto di vista funzionale, estetico ed emozionale. Le aziende non potranno esimersi dal dichiarare con trasparenza e professionalità dati fotometrici, caratteristiche, qualità ambientali dei propri prodotti, mettendo a disposizione del progettista tutti gli strumenti per realizzare al meglio il proprio progetto e per valorizzarlo opportunamente. In quest’ottica diventa infatti ancora più importante supportare il progettista con informazioni complete, rispondendo alle richieste di una progettazione in evoluzione rispetto a temi di sostenibilità, attenzione ai consumi e valorizzazione degli aspetti percettivi in linea con gli standard più elevati richiesti dalle normative e dalle certificazioni di green building che hanno un peso sempre più rilevante nell’indirizzare le scelte progettuali”.

La definizione di prodotto equivalente in illuminotecnica e di quando è accettabile sostituire un prodotto con un altro diventano requisiti chiari e normati. Viene infatti stabilito che, ai fini del progetto illuminotecnico, due o più prodotti sono ‘equivalenti’ fra loro quando sussistono contestualmente requisiti relativi all’estetica, la temperatura di colore, i consumi energetici, le caratteristiche tecniche e le prestazioni fotometriche.

Diventa così difficilmente accettabile il cambio di un apparecchio in fase realizzativa perché decadrebbero i presupposti di equivalenza.

Il binario elettrificato a bassa tensione Filorail di iGuzzini combina l’attitudine mimetica dell’impianto a grandi prestazioni luminose. Si caratterizza per l’apertura di 3,6 mm e attacchi micro per l’aggancio di spot o di altri sistemi luminosi. I sistemi abbinabili al binario sono Newfo, Libera a sospensione, Palco LV, Robin, Laser Blade XS e Laser

Opportunità e vincoli per il mercato dell’illuminazione

Gli effetti dell’approccio seguito nella definizione della norma riguardano tutto il mercato dell’illuminazione chiamato a seguire vincoli più stringenti a garanzia della qualità.

Giocano in tal senso un ruolo guida le certificazioni, che garantiscono che i prodotti rispettino gli standard di sicurezza e prestazione. Lo spiega chiaramente Daniele Varesano: “È essenziale che i dati forniti dai produttori siano verificati attraverso misurazioni e certificazioni di terze parti, come previsto dalle norme EN 13032 e ISO 9000. Queste certificazioni non solo assicurano la sicurezza dei prodotti, ma confermano anche che le prestazioni dichiarate siano accurate. Il marchio ENEC, per esempio, è un certificato di qualità volontario per prodotti elettrici e viene rilasciato solo da laboratori accreditati. A differenza dell’autocertificazione CE, il marchio ENEC garantisce che un laboratorio esterno verifichi la conformità del prodotto agli standard di sicurezza europei, confermi che il produttore segua un sistema di qualità secondo le norme ISO 9000 e controlli periodicamente il processo produttivo. Inoltre, la certificazione ENEC+ garantisce che i dati misurati siano precisi e abbiano l’accuratezza richiesta dalla norma per la certificazione di performance del prodotto”.

La spinta verso professionalità, contenuti certificati e qualità nella progettazione sono funzionali anche all’ottenimento di altri risultati, come la sostenibilità.

“La possibilità di sviluppare un progetto di lighting fin dalle fasi iniziali consente di raggiungere obiettivi in termini di sostenibilità molto alte e soprattutto di parametrare la performance energetica in funzione delle varie evoluzioni del progetto – puntualizza Jacopo Acciaro –. Avviare un lavoro con un traguardo ecologico chiaro e cercare attraverso tutti gli step di mantenerlo e magari ottimizzarlo costituisce una sfida prioritaria per chi si occupa di progettazione illuminotecnica. Attualmente, grazie a tecnologie sempre più efficaci ed efficienti, unite a processi di certificazioni consolidati, possiamo ambire a risultati notevoli; la premessa rimane sempre quella di approcciarsi al tema luce con la massima professionalità e capacità progettuale. Penso che la sostenibilità ambientale sia anche da ricercare in un atteggiamento inclusivo tra le professionalità, dove le caratteristiche tecniche di ogni attore della filiera della progettazione integrata sia spinto, in maniera sinergica, a dare il massimo contributo possibile”.


A cura della redazione

Officelayout è la rivista di Soiel International, in versione cartacea e on-line, dedicata ai temi della progettazione, allestimento e gestione degli spazi ufficio e degli edifici del terziario

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