Progettare uffici per conservare le relazioni umane
Siamo passati da un’era in cui il futuro era sostanzialmente “prevedibile”,
a un’era in cui il futuro è, per certi versi, da riscrivere
Massimiliano Notarbartolo, Progetto Design and Build
Tra le molteplici abitudini sociali del vivere quotidiano, il periodo pandemico ha sicuramente minato la vita in ufficio.
La domanda sorge spontanea: passata la buriana ci ritroveremo a che fare con il restauro delle vecchie abitudini? Oppure avremo appreso qualcosa di diverso che in qualche modo era già stato tracciato, ma che faceva solo fatica a emergere?
La risposta parte da constatazioni di fatto, ma anche da teorie nel campo della psicologia ambientale, molte delle quali già note decine di anni fa. Progettare uffici nell’epoca post Covid significa indagare il rapporto intimo che si crea tra uomo e design, tale interscambio, come vedremo, deve superare la logica ossessiva del luogo in cui gli abitanti inseguono il mantra della produttività e della ripetitività. Al centro del “next normal” c’è uno spazio fisico focalizzato sulla collaborazione.
Lo strumento della progettazione materializza un layout in grado di generare l’atmosfera ideale per promuovere la socialità tra i suoi inquilini.
L’adozione di massa dello smart working, che sarebbe più corretto definire home working, è la cura trovata in tempi rapidissimi. Un cambio di paradigma sociale che prediligeva l’organizzazione aziendale fondata sulla presenza e il controllo.
A ben vedere i modelli di business legacy erano già entrati in crisi prima della pandemia, solo le grandi aziende avevano testato e implementato il lavoro da remoto, svolto non solo da casa.
Le medie e piccole aziende sono state a guardare, ragionando in termini di medio periodo.
In questo modo il “next normal” è ormai divenuto il “new normal” a cui seguirà certamente un periodo normativo necessario per evitare la conflittualità, dovuta essenzialmente alla disponibilità h24 di chi lavora tra le mura domestiche.
Gli spazi di lavoro negli uffici devono certamente essere riorganizzati, ma come? E secondo quale criterio? Il sentiero tracciato dagli scienziati giunge alla soluzione più ovvia e naturale di tutte.
Nel 1898 Norman Triplett attuò un esperimento sociale che riguardava il mondo dello sport. Sostanzialmente si chiese se i risultati dei ciclisti venissero o meno influenzati dal far parte di un gruppo sociale. Non ci volle molto per rendersi conto che i migliori tempi scaturivano da prestazioni di gruppo piuttosto che da gare individuali. Sembrerebbe un’ovvietà sennonché lo stesso risultato fu raggiunto anche in altre discipline, persino nel biliardo e nelle risoluzioni di problemi matematici.
In termini semplici tutto ciò significa che le persone tendono a comportarsi meglio in gruppo piuttosto che nel lavoro singolo, si parla di facilitazione sociale.
Nel 1978 Hazel Markus riuscì a dimostrare che i compiti “semplici” sono svolti meglio in gruppo rispetto a quelli “difficili” che invece vengono inibiti. Il fenomeno dell’inibizione sociale è facilmente comprensibile quando si pensa al momento del calcio di rigore, oppure alla presentazione aziendale.
Da tutto ciò, ma anche da altre osservazioni scientifiche, si è concluso che il lavoro svolto in team sia più performante rispetto a quello svolto tra le mura domestiche. Al contrario i compiti complessi necessitano di isolamento, proprio perché ci si isola dal controllo sociale che a sua volta genera una risposta emotiva negativa.
Il lavoro aziendale tipicamente si divide tra coloro che hanno compiti amministrativi e di controllo e coloro che innovano e promuovono. Secondo quanto detto poco fa è intuitivo comprendere quale sarà l’evoluzione dell’organizzazione del lavoro in ufficio. I processi creativi dovranno per forza di cose essere svolti negli spazi ufficio.
I team di lavoro, per massimizzare i loro effetti, trarranno linfa dal gruppo sociale che necessita di un luogo specificamente progettato per agevolare l’incontro e lo scambio continuo. Senza una relazione sociale profonda il team non si può dire tale, vediamo perché.
Le relazioni alla base del lavoro creativo
Sebbene la tecnologia abbia supportato e reso possibile il lavoro praticamente da ovunque, esistono dei buoni motivi per cui la vicinanza fisica sia di gran lunga da preferire.
Negli Anni 50 lo psicologo e sociologo statunitense Leon Festinger rese nota la teoria della propinquità, anche conosciuta come teoria dell’effetto di prossimità, secondo la quale alla base dell’istaurarsi di relazioni profonde e complesse ci sono due caratteristiche: la vicinanza fisica e l’incontro ripetuto. In pratica sviluppiamo relazioni di buon livello solo e unicamente con persone che frequentiamo nella vita reale a più riprese. I team di lavoro diventano squadre affiatate quando hanno un luogo ove ritrovarsi per sentirsi a proprio agio e far crescere la fiducia reciproca.
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In tutto ciò nasce anche l’esigenza di attingere al design proveniente da altri settori, come ad esempio quello dell’ospitalità. I fattori comuni si moltiplicano, l’ufficio dello scambio e del benessere si crea attraverso la flessibilità, la modulazione dell’acustica, la semplicità, l’ordine, il nudging discreto, la ricerca di materiali naturali ispirati al credo del momento: la Biofilia.
I layout per uffici affrontano un cambio epocale per effetto del mutamento delle tendenze di progettazione. Le linee diventano più morbide e permissive, degno richiamo del focolare domestico; le finiture evocano la natura e ci sgravano dallo stress; gli spazi ampi accolgono il concetto di contemplazione che sostituisce il rullo di tamburi del segno del brand ripetuto a ogni costo.
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L’evoluzione degli spazi di lavoro
Il senso di sicurezza psicologica genera e favorisce lo scambio interpersonale. Le persone che si sentono a proprio agio sono predisposte alla condivisione. Se il cardine sembra ormai essersi spostato definitivamente sulla collaborazione, le nuove linee di progettazione degli spazi ufficio verteranno su alcuni principi guida.
L’ufficio nella sua essenza diventa uno spazio fisico destinato alla socialità e alla collaborazione continua. I fondamenti sono gli stessi: Livello di Privacy; Densità negli spazi chiusi; flessibilità e occasioni d’uso; Estetica e cultura.
Privacy – Il presupposto è sempre lo stesso, la Privacy genera comfort psicologico, nella nostra epoca a questo concetto si affianca più facilmente il termine “sicurezza”. La privacy territoriale indica lo spazio interpersonale minimo entro cui ci sentiamo rispettati, non è solo un concetto materiale ma riguarda il livello di sollecitazione acustica, visiva e d’interazione, proveniente dallo stesso spazio condiviso. L’uso di schermi informativi, i divisori e l’attenzione ai flussi di spostamento, facilita la necessità di creare confini.
Livello di densità nei luoghi di lavoro – Gli spazi di lavoro, massimizzeranno il livello di collaborazione tra gli occupanti. Il rispetto delle distanze tra le persone è entrato a far parte della nostra psicologia e permarrà come scoria dello stato d’incertezza che abbiamo sofferto.
Lo spazio condiviso ha lo scopo di unire le persone, le sale riunione si arricchiranno della tecnologia che crea prossimità e accoglienza. Meno persone per metro quadrato ma più condivisione tecnologica.
Flessibilità – La posizione seduta individua un genere di lavoro poco funzionale per la produttività ma soprattutto per la salute e il benessere. I mobili dovranno rendersi flessibili per il lavoro in piedi o con uno sgabello; le aree di comfort saranno più ampie e con sedute singole armonizzate nell’ambiente. I pick, le poltroncine e altri strumenti per godersi il relax fisico, stabiliscono allo stesso tempo una distanza fissa tra le persone.
La cultura trasmessa dall’estetica – L’identità culturale dell’azienda calamita e identifica le persone in azienda. Il design contribuisce fortemente a creare connessione e identità e costituisce un elemento di aggregazione. Il senso di appartenenza contrasta con il senso d’incertezza e pericolo, ragion per cui il ruolo del designer sarà ancor più utile per, intercettare prima, i valori fondanti l’organizzazione e poi esternarli facendo largo uso della biofilia. Le terrazze ed in genere i luoghi lavorativi all’aperto subiranno un forte impulso.