I nuovi concept progettuali per gli uffici
Come sono cambiate, in tempo di emergenza, e come dovranno essere riorganizzate, in prospettiva, le sedi aziendali, fra le esigenze di distanziamento e il desiderio di condivisione di idee
Mesi di grandi cambiamenti per l’organizzazione del lavoro e delle sue sedi, in una prima fase accelerati e reattivi rispetto all’emergenza sanitaria e in una seconda fase, invece, mossi dalla ricerca di prospettive durature e di un metodo progettuale condivisibile, studiato per adattare gli spazi alla nuova realtà, composta da molti addendi, fra richieste di sicurezza e necessità di tutelare la ‘linfa vitale’ degli ambienti lavorativi: le relazioni sociali e gli scambi di idee e creatività.
Il boom dello smart working, affiancato alle nuove necessità di sanificazione e distanziamento fisico da applicare negli uffici hanno obbligato a ripensare l’organizzazione degli spazi; se l’obiettivo principale rimane ottimizzarne l’uso della superficie, c’è un altro cardine fondamentale da rispettare e tenere in grande considerazione: i nuovi layout dovranno essere sviluppati non solo per proteggere fisicamente i dipendenti e rispettare le restrizioni normative, ma anche per offrire un nuovo benessere, da raggiungere attraverso strumenti tecnici e altri immateriali.
Attraverso il dialogo con otto referenti del mondo dell’architettura, Officelayout ha approfondito il tema sui nuovi concept progettuali da applicare nella definizione dei layout, fra quelli esistenti da rimodulare e i nuovi interventi. Su strumenti e sistemi da applicare concordano committenti e progettisti: l’aggiornamento delle tecnologie, fra soluzioni touch free e sistemi di rilevazione della temperatura per prevenire i rischi; la crescente importanza della grafica, in grado di semplificare la gestione dei flussi e di offrire chiarezza ai dipendenti; il nuovo ruolo dato alla biofilia, capace di stimolare il benessere dando alle piante una nuova importanza, e, non ultima, la rinnovata collaborazione fra le discipline legate al mondo del progetto, dall’impiantistica al design, per lo sviluppo sinergico di progetti organici ed efficaci.
Gli strumenti progettuali per la nuova organizzazione degli spazi
Come garantire non solo la sicurezza seguendo le indicazioni normative, ma anche per dare chiarezza ai lavoratori e, di conseguenza, ottenere ambienti sereni e produttivi? Quali sono gli strumenti più adatti per prendere la giusta direzione? Risponde Alessandro Adamo, partner di Lombardini 22 e director DEWG, che pone altri dubbi suggerendo possibili risposte: “Ci stiamo allenando a una prossemica fisica e virtuale? Stiamo imparando a coniugare in modo nuovo prossimità e distanza, comunicazione e mediazione, spontaneità e formalizzazione? Queste domande aprono nuovi scenari alla progettazione, ai modelli d’uso e gestione degli spazi, alla relazione tra uomo e luogo, all’invenzione di nuove tipologie di ufficio e di residenza. Le comunità lavorative sono da tempo entità miste fisico/virtuali, solo parzialmente legate a un luogo tangibile. Il Covid19 ha estremizzato questa polarità, e ha accelerato fenomeni già in atto come l’e-commerce e lo smart working, spostando i pesi sul versante digitale. Il rientro fisico è una sfida tecnico-sanitaria, ma anche simbolica. Il valore percepito dello spazio fisico resta cruciale per l’equilibrio organizzativo: vi si distilla la cultura d’impresa, è lo spazio relazionale dove si costruiscono comunità. È luogo di incontri, opportunità e scambi di idee, punto nevralgico per relazioni e generatore di senso d’appartenenza”.
Il rientro fisico nelle sedi aziendali prevede un programma, organizzativo, per i flussi di lavoro, e progettuale, per gli spazi stessi. Per ricominciare in sicurezza e con la corretta prospettiva, è necessario distinguere fra azioni immediate da predisporre per il rientro e altre più a lungo raggio. Ne parla Alberto Cominelli, head of project management Italy di CBRE Building Consultancy: “Innanzitutto dobbiamo distinguere fra gli strumenti predisposti nel breve-medio periodo per far fronte all’emergenza, da quelli nel lungo periodo. Nel breve periodo stiamo adottando una strategia definibile di “low impact”, sviluppata attraverso azioni finalizzate ad adattare lo spazio alle nuove condizioni di lavoro per renderlo un luogo sicuro e protetto con il minimo di spesa. Fra queste la riduzione dell’affollamento al 50% con occupazione a scacchiera delle postazioni di lavoro per mantenere una distanza di almeno 1,5 metri, la realizzazione di percorsi separati di ingresso e uscita, l’installazione di segnaletica informativa, la conversione di sale riunioni in uffici singoli prenotabili, l’inibizione del ricircolo dell’aria nell’impianto di ventilazione forzata e la possibilità di aprire le finestre. Si tratta di azioni sufficienti a garantire la sicurezza per un breve-medio periodo. Misure che vanno promosse dall’azienda con un’informazione chiara ed efficace sull’utilizzo consapevole degli spazi.
Se guardiamo, invece, al lungo periodo, riteniamo che il rischio epidemiologico sia un fenomeno a cui dovremmo far fronte nella realizzazione degli spazi di lavoro. Come avvenuto nel 2001 con le conseguenze degli attacchi terroristici, le misure compensative resteranno in vigore a lungo e quindi non possiamo prescindere dal trovare le opportune soluzioni. Tra queste la riduzione dell’affollamento negli open space e nelle spazi collaborativi e quindi più metri quadri per persona; un’accelerazione nell’adozione del modello di Activity Based Working, l’unico in grado di implementare una strategia idonea di smart working; diffusione di sistemi di videoconferenza avanzati come ologrammi 3D e realtà virtuale per rendere più realistica la presenza di persone in collegamento remoto; introduzione della tecnologia touch free nel controllo accessi con apertura automatica di porte e varchi attraverso il riconoscimento facciale; incremento del 20% della ventilazione pro-capite, oggi pari a 40 mc/h/persona”.
Un approccio che dalla visione generale arriva al dettaglio particolare, dunque, mettendo in pratica un sistema progettuale votato alla razionalità e la ricerca di strumenti efficaci e inequivocabili. Parla di metodo anche Massimo Roj, partner e amministratore delegato di Progetto CMR: “Lo strumento progettuale che per eccellenza può rispondere al meglio alle esigenze di uno spazio, come quello degli uffici, in costante evoluzione, è l’office space planning: un approccio progettuale puntuale, quasi scientifico, una vera e propria disciplina che permette di prevedere possibili cambiamenti e rendere gli spazi più efficienti e flessibili. Dal punto di vista dei luoghi, nella primissima fase del rientro dovranno essere prese tutte le misure necessarie per garantire la distanza fisica, come prescritto dalle norme: ad esempio, turnazione del personale, percorsi in entrata e uscita ben separati, postazioni di lavoro “a scacchiera”, uso limitato delle aree comuni. Garantire ambienti salubri e sicuri è la priorità e la parte impiantistica gioca un ruolo importante in questo: la qualità dell’aria e del suo trattamento vanno costantemente monitorati, aumentando l’apporto di aria esterna.
In una situazione come quella che stiamo vivendo in questi mesi è chiaro comunque che la sola risposta ‘progettuale’ non sia sufficiente: i bisogni a cui dobbiamo far fronte non sono solo spaziali, infatti, ma anche relazionali e psicologici. Per questo motivo noi come Progetto CMR abbiamo predisposto un team multidisciplinare di esperti e professionisti del mondo della scienza, della psicologia e della medicina, per dare una risposta quanto più completa e immediata possibile”. Approccio multidisciplinare condiviso anche da parte di Lombardini 22 e DEGW, come conferma Alessandro Adamo quando sottolinea che “Le società di progettazione hanno costituito un’equipe interna di professionisti dedicata alla formulazione di programmi chiari e integrati, a partire dal protocollo per le nuove modalità di accesso e lavoro in ufficio. In Lombardini22 i temi cruciali individuati sono: health and safety (RLS, RSPP, medico del lavoro), sostenibilità (professionisti LEED, sustainability manager, R&D), wellness (professionisti WELL, neuroscienze, psicologia ambientale), space planning (workspace planning, interior design, graphic design), ingegneria (MEP, HVAC, IT, lighting, acustica), tecnologia (data analysis, computational, innovazione e sviluppo), workplace change management (change manager, community&communication manager). Alla definizione del protocollo segue il suo ‘atterraggio’ sugli spazi, con interventi mirati sul layout, in una successione integrata di elementi: gestione degli accessi, degli spazi di lavoro e del personale; nuova infografica; policy e utilizzo degli spazi comuni, delle sale riunioni e dei servizi igienici; utilizzo delle tecnologie; sanificazioni”.
Nonostante l’ampio spettro di possibili professionalità coinvolte e le conseguenti specifiche azioni, vi sono comunque dei concetti trasversali e dei cardini su cui gli interlocutori coinvolti si trovano d’accordo quando si tratta di definire le azioni necessarie per aggiornare gli spazi di lavoro. È il caso di un diverso approccio all’organizzazione degli spazi, dell’attenzione alla grafica, responsabile dell’organizzazione dei flussi e della chiarezza della comunicazione, dell’inserimento di nuove tecnologie e della ricerca nell’ambito dei materiali.
“Dal punto di vista dell’organizzazione degli spazi di lavoro, il problema principale da affrontare riguarda il fatto che gli ambienti di lavoro, per decenni, sono stati progettati per ottenere la massima densità di persone allo scopo di ridurre al massimo i costi di affitto – spiega André Straja, fondatore di GaS Studio –. Se pensiamo che oggi le postazioni di lavoro sono in genere tarate su 1,40 metri o 1,60 metri e ormai, molto raramente, su 2 metri, si comprende che questi luoghi vanno ripensati e riprogettati. Se immaginiamo che la metà delle persone che normalmente sono presenti in ufficio potrebbero collaborare da casa, allora chiaramente riusciamo a ridurre l’affollamento degli spazi a disposizione e garantire che le distanze di sicurezza possano essere rispettate. È chiaro, inoltre, che poi bisognerà intervenire, in particolare, sulla postazione di lavoro, ma anche su molte altre aree e luoghi di aggregazione, come la break room, le lounge room e, nel mondo dello smart working e del co-working in tutte le postazioni dedicate a incontri informali e spontanei. La formula da adottare, dunque, non può che essere semplicemente quella di favorire il distanziamento e offrire spazi con la metà della densità di prima. Come, ad esempio, le sale riunioni: una da 4 persone servirà per 2, una da 8 per 4. E comunque, naturalmente, con il costante utilizzo dei dispositivi di protezione e delle buone pratiche di comportamento, come lavarsi spesso le mani, e ancora altre di carattere più generale, ad esempio invitare il personale a lasciare liberi da ingombri i piani di lavoro in modo tale da agevolare le pulizie e la sanificazione da parte degli addetti.
Un aiuto a mantenere le distanze di sicurezza per le persone presenti in ufficio può arrivare da segnaletica calpestabile e da segnaletica orizzontale, con le indicazioni adatte a non superare il limite. Immagino anche un aumento dei dispositivi per realizzare video conferenze, ma anche una maggiore diffusione di macchine da caffè o frigoriferi in diverse aree dall’ufficio. L’obiettivo è ovviamente diminuire la possibilità di contatto ed evitare code. Gli uffici più grandi potranno dotarsi anche di termocamere per la rilevazione automatica della temperatura. Queste termocamere, grazie a un software specifico, possono garantire il riconoscimento facciale a distanza fino a 1 metro, la rilevazione della temperatura, veloce e precisa, insieme a funzioni molto utili, come il rilevamento delle persone senza maschera protettiva e la registrazione automatica degli accessi, con creazione di liste di accesso. Altri interventi possono riguardare l’applicazione di dispositivi che potrebbero arrivare in futuro: come le superfici autopulenti che tengono lontano non solo lo sporco ma anche microorganismi patogeni, come super batteri pericolosi (progetto di ricerca dell’ Università McMaster in Canada). E soprattutto andranno ‘tenuti d’occhio’ gli impianti di condizionamento, privilegiando gli impianti a tutta aria esterna che diluiscono eventuali cariche virali presenti all’interno del locale, così da diminuire il rischio di contagio”.
In questa trasformazione degli ambienti di lavoro la sostenibilità degli spazi di lavoro rimane un tema centrale come sottolinea Silvia Impelluso, director, Workplace StrategyProject & Development Services Department di JLL: “Nel re-immaginare il next normal e gli uffici del futuro, abbiamo ipotizzato diversi modelli tra cui quello del “Hub & Club”. Gli Hub extraurbani si rivolgeranno a team più piccoli ed agili e consentiranno ai dipendenti di ridurre il tempo trascorso quotidianamente nei mezzi pubblici o in auto, con un impatto positivo sull’ambiente e la sostenibilità.
I Club, ossia le sedi del centro città, promuoveranno invece l’inclusione ed accentueranno il senso di appartenenza alla propria azienda. L’aumento delle interazioni sociali con il team, in particolare attraverso regolari incontri individuali può aiutare i dipendenti a sentirsi meno isolati e aiutare i manager a comprendere e supportare eventuali problemi.
In questo contesto la tecnologia sarà una costante che permetterà l’osservazione dell’affollamento dei locali tramite sensori di presenza permettendo di avviare azioni correttive per garantire la sicurezza delle persone. Inoltre, sarà possibile gestire gli impianti monitorando per esempio il loro stato di manutenzione e pulizia. Giocherà un ruolo importante la tecnologia touch free che consente al personale di evitare il contatto con le superfici utilizzate di frequente, come i pulsanti dell’ascensore, gli interruttori della luce, i rubinetti e gli schermi per la prenotazione delle sale riunioni”.
Fanno parte dei luoghi soggetti a cambiamenti, oltre alle sedi aziendali, anche gli spazi dedicati al co-working, che dovranno adeguarsi, a loro modo, alle richieste post Covid-19. Ne parla Alessia Garibaldi, foondatrice di Garibaldiarchitects, “Quello su cui stiamo lavorando ora è l’ibridazione delle funzioni con l’affiancamento del co-living al co-working limitando al massimo gli spostamenti tra casa e lavoro e sfruttando gli spazi comuni. Questo impatterebbe sia sulla diminuzione dell’inquinamento, sia sull’efficienza della day journey che nello sviluppo di una community che scambia informazioni e opportunità. Nell’immediato, gli spazi dedicati ad attività comuni dovranno essere ampie e dotate di tutte le tecnologie necessarie per informare gli utenti e monitorare i luoghi, dai banali sensori di presenza al controllo dell’umidità e dell’anidride carbonica nelle sale. Bring your device diventerà il mantra di come verranno utilizzati i luoghi, il pre-riconoscimento e accreditamento ci permetterà di accedere senza più barriere e senza troppe interazioni con il personale. Stiamo inoltre ripensando agli spazi uffici come un laboratorio in continuo divenire, e abbiamo ritenuto fondamentale introdurre delle aree a verde ed elementi puntuali che accompagnano i visitatori e gli utenti. Una memoria olfattiva e una generale percezione di benessere è riconosciuta dagli utenti e lo studio della biofilia sta portando anche il verde all’interno degli spazi di lavoro con isole rigenerative”.
L’innalzamento della soglia di sensibilità e la ricerca di benessere
Fra le priorità proposte dai progettisti per aggiornare gli spazi di lavoro post Covid-19 vi è senza dubbio la ricerca di sistemi capaci di garantire ai dipendenti anche serenità e benessere, pilastri fondanti della produttività del singolo e della employee retention.
“Il benessere e la serenità di un collaboratore in ufficio riguarda molto da vicino la possibilità di avere gli strumenti necessari per compiere le sue mansioni e adempiere alle sue responsabilità con la massima tranquillità – chiarisce André Straja –. Niente più riunioni o brain storming affollati, quindi, ma rimane la possibilità di discutere i progetti mantenendo distanze di sicurezza e in questo includo anche le videoconferenze e i software di lavoro collaborativo. Per quanto riguarda la progettazione degli spazi, l’ambiente di lavoro deve offrire la possibilità di incontrarsi con gli altri, ma anche di isolarsi e tranquillizzarsi; immagino quindi zone in cui si possa andare semplicemente per prendere un caffè in tutta sicurezza, o guardare la tv, o guardare fuori dalla finestra. O fumare, anche, perché no? Credo che servano zone adatte a spezzare il ritmo della giornata, per permettere al cervello e all’emotività di trovare un momento di pace, per poi, successivamente, tornare alle proprie responsabilità e alle proprie fatiche”.
Favorire le relazioni sociali e la conseguente moltiplicazione di idee e creatività diventa dunque fondamentale, come conferma anche Massimo Roj nel sottolineare il ruolo chiave degli open space: “Le soluzioni che verranno messe in atto per mettere in sicurezza gli uffici modificheranno certamente il nostro modo di interagire con le altre persone, ma non devono in alcun modo costituire una minaccia alle relazioni sociali, vera linfa vitale di qualsiasi spazio. Innanzitutto, è necessario che le persone si sentano nuovamente tranquille e serene all’interno dell’ufficio, dopo tante settimane di ‘reclusione’ domestica, e le misure di distanziamento fisico mirano proprio a questo obiettivo. Detto ciò, il distanziamento fisico non deve tradursi automaticamente in distanziamento sociale: dovremo imparare, almeno in questa fase, a scambiare idee, scherzare, interagire con gli altri in una maniera nuova. Per questo motivo non credo nel declino dell’open space, come profetizzato da tanti, perché rinchiudersi nella propria sfera di due metri di diametro, riducendo al minimo i contatti con gli altri, potenzialmente rischia di fare grandi danni”.
Un possibile alleato nella lotta contro l’eccessivo distanziamento e per perseguire l’obiettivo di ‘proteggere’ i momenti di socialità e di scambio di idee è la prevenzione, il mettere in atto azioni mirate per evitare di dover agire a posteriori stringendo le maglie delle relazioni fra colleghi. È di questa idea Alberto Cominelli, che sottolinea come “Negli ultimi 5 anni gli uffici si sono evoluti e sono diventati spazi di incontro, scambio e innovazione. Noi siamo fortemente convinti che l’ufficio è e resterà il centro fisico e spaziale di un’azienda, l’hub culturale attraverso il quale si concretizza la mission di un’azienda. E non sarà certo un’epidemia a cancellare questa sua natura intrinseca, per cui, superata l’emergenza, si tornerà ad avere contatti ravvicinati con le altre persone, ma con la consapevolezza che deriva da quanto si è imparato. Per favorire benessere e serenità sarà quindi necessario investire sulla prevenzione, piuttosto che sul distanziamento sociale. E la soluzione l’abbiamo trovata da due anni a questa parte che è quella di realizzare Healthy Offices, spazi centrati sulle persone secondo i dettami della certificazione Well che non prevede solo un’attenzione ai materiali, alla qualità di aria, luce, acustica, ma soprattutto ai 3 pilastri del benessere, fondamentali per la prevenzione e la difesa da qualsiasi patologia: alimentazione, attività fisica e benessere mentale”.
Sul piano pratico, anche le soluzioni citate nel paragrafo precedente e viste come risposte efficaci per la nuova progettazione degli spazi di lavoro tornano come driver per il raggiungimento del benessere; su tutte, la grafica, vista come strumento per dare segnali chiari sulla gestione dello spazio e semplificare, quindi, la quotidianità; ne parla Silvia Impelluso: “Da un punto di vista degli spazi, il tema chiave oggi è il distanziamento sociale. Il metodo più immediato per forzare la distanza fisica è utilizzare cartelli e indicatori visivi, ma altrettanto importante è creare una giusta atmosfera, al fine di rendere l’esperienza del rientro il più piacevole possibile: le persone sono state confinate per un lungo periodo a casa e non è rassicurante tornare in un ufficio pieno di cartelli ‘Non Entrare’. Una segnaletica chiara è un must, ma si possono anche pensare soluzioni più creative, come l’uso di pareti divisorie fatte di piante al posto delle pareti artificiali: un modo per comunicare sottilmente le regole di distanziamento tenendo conto allo stesso tempo dei vantaggi della biofilia per il benessere del personale.
“Un aspetto importante riguarda la cura grafica – conferma Alessandro Adamo – sia della comunicazione interna agli ambienti uffici rinnovati, come la segnaletica di distanziamento e le infografiche informative, sia dello stesso protocollo: sembra un dettaglio, ma un racconto personalizzato, una comunicazione ben fatta – secondo un approccio Human-Centered – ha un valore fondamentale, tanto più in una fase in cui tra le priorità vi è sicuramente la necessità di far sentire sicure e ben accolte le persone”.
Le richieste dei committenti
È probabilmente ancora presto per riuscire a fare un’analisi statistica delle domande poste più frequentemente da parte dei committenti e dei referenti aziendali che si occupano di pianificazione degli spazi, ma alcuni primi passi sono già stati fatti, soprattutto sulle richieste nate nei momenti di emergenza per adeguare gli spazi di lavoro alle nuove restrizioni, cercando, però, di agire con una prospettiva più ampia. Una testimonianza in tal senso viene da Bruno De Rivo, fonder & partner di e45, che afferma: “I nostri clienti ci hanno chiesto consiglio per l’occupazione degli spazi post lockdown e assistenza nella stesura di layout ad hoc. La loro principale richiesta è che gli spazi possano garantire le funzioni vitali dell’azienda che non possono essere fatte in remoto (ad esempio call center e assistenza clienti). Grande attenzione alla sanificazione, anche per i progetti in divenire. Penso che questa sia una parola chiave per il futuro, il fatto che gli spazi possano essere facilmente puliti, quindi magari ricorrere a materiali e superfici facilmente lavabili e resistenti agli agenti detergenti o chimici”. Aggiunge Alberto Cominelli: “A seguito del lockdown le multinazionali stanno emanando linee guida molto restrittive che riguardano gli accessi agli uffici, gli open space e gli spazi collaborativi. Per effettuare la procedura di diagnostica con termoscanner, abbiamo ricevuto richiesta di inserire bussole all’ingresso degli spazi. Altri clienti hanno espressamente richiesto di ridurre la densità degli open space e aumentare la dimensione degli spazi collaborativi per offrire maggiore superficie pro-capite. Per queste ragioni riteniamo che, nel lungo termine, assisteremo a un incremento della domanda di spazio”.
Torna a parlare di igiene, ma in un’ottica a lungo termine e non solo come risposta all’emergenza, Alessia Garibaldi, che riporta le richieste dei clienti nel valutare come salvaguardare la salute dei dipendenti anche attraverso la pulizia delle postazioni di lavoro; “Da qui”, racconta, “abbiamo proposto ai committenti di ricorrere a cablaggi non accessibili, diminuire l’uso di cavi che portano polvere diventano un must , come anche la prenotabilità della postazione e la tracciabilità di chi l’ha occupata diventano informazioni necessarie”.
Lo smart working diventa capillare. Quali conseguenze sugli spazi aziendali?
Il lavoro a distanza ha vissuto un picco negli ultimi mesi, portando trasformazioni e conseguenze che aziende e lavoratori vivranno anche a lungo termine. “Questa esperienza ci ha portato ad identificare lo smart working come il lavoro da casa ma per essere precisi, lo smart working è sinonimo di flessibilità, libertà di scelta dell’individuo che può lavorare ovunque, dentro e fuori l’ufficio, in base agli impegni giornalieri ed alle attività da svolgere – precisa Silvia Impelluso –. L’attenzione non è più rivolta verso spazi e orari fissi, passando così da una concezione del lavoro per sistemi tradizionali al lavorare per obiettivi. Le persone stanno scoprendo benefici, limiti e sfide che comporta il lavorare in un luogo diverso dall’ufficio; ed essendo ormai entrati in questa modalità potrà essere difficile uscirne. L’importante a questo punto è riuscire a gestire lo smartworking al meglio, anche una volta che verrà instaurata la nuova normalità, sia da un punto di vista organizzativo, sia da un punto di vista gestionale. Anche qui la tecnologia giocherà un ruolo importante e noi come JLL stiamo lanciando My Change Box, una piattaforma collaborativa che aiuterà le aziende a supportare i dipendenti nella definizione di nuove modalità lavorative e a promuovere l’engagement e la performance anche quando si lavora da remoto”.
Confermato l’incremento dello smart working, le implicazioni sugli spazi dell’ufficio vedranno l’implementazione massiva delle iniziative già messe in atto, seppur più timidamente, dalle aziende che già avevano compreso il lavoro agile fra i propri metodi di gestione del personale. Ne parla André Straja: “Molti uffici da noi progettati negli ultimi anni avevano già aree dedicate allo smart working. Il concetto di scrivania fissa per ogni utente è obsoleto, dato che la tecnologia permette a tutti di ricreare in poco tempo uno spazio di lavoro personale e di poter operare da una postazione o da un’altra. Gli uffici moderni inoltre, tendono a contrastare un’eccessiva sedentarietà che fa male al lavoro e alla salute della persona. Nella maggior parte delle aziende italiane lo smart working era giudicato una possibilità, un’opzione residuale. Oggi è la norma per molti e quindi queste zone verranno sicuramente ampliate. Anche qui, dato che si tratta di spazi in comune, occorrerà seguire alcune precauzioni: ogni scrivania dovrà essere dotata di tutto ciò che occorre in modo tale da ridurre spostamenti superflui nello spazio dell’ufficio. Prima e dopo aver toccato punti di contatto come maniglie delle porte, tastiere di pc comuni, pulsanti delle macchinette del caffè, distributori automatici, bisognerà pulire le superfici. Sarà inoltre importante far arieggiare i locali prima dell’ingresso dei lavoratori e dopo la loro uscita, ma anche durante le ore di lavoro. Anche per quanto riguarda i pavimenti sarà opportuno lasciarli liberi per facilitare il lavoro agli addetti alle pulizie che dovranno provvedere alla sanificazione degli stessi seguendo le attuali norme vigenti a riguardo”. Si apre, così, un dubbio sul ruolo delle sedi fisiche delle aziende; da una parte le nuove regole sui distanziamenti fra dipendenti fanno immaginare headquarter più ampi; dall’altra, al contrario, la diffusione così forte dello smart working porta a pensare alla riduzione delle superfici per gli uffici.
Massimo Roj porta la propria testimonianza in questa discussione: “Il forzato lockdown di questi mesi ha di fatto accelerato un processo di digitalizzazione del lavoro che era già in atto, anche se in proporzioni molto più ridotte rispetto al grande boom che abbiamo visto da marzo fino ad adesso. Sebbene quello che in realtà stiamo facendo oggi sia home working e non vero e proprio smart working, resta comunque il fatto che molte aziende, che hanno fatto grandi investimenti per poter permettere al loro personale di poter lavorare in remoto, continueranno con ogni probabilità a promuovere la modalità di lavoro smart, anche per limitare in un primo momento l’affollamento degli uffici. Questo non vuol dire che assisteremo alla morte dell’ufficio fisico: lo spazio di lavoro ‘offline’ resterà sempre il luogo privilegiato di relazioni, di scambi e di crescita. Come abbiamo visto nei diversi progetti sviluppati negli ultimi anni, per committenti che già avevano investito nella convivenza “pacifica” di smart working e lavoro tradizionale, gli spazi fisici si continueranno a trasformare, saranno sempre più dinamici e flessibili, per accogliere nuove modalità di lavoro e nuove esigenze, prevedendo comunque più spazi informali e aree ibride dove si possa lavorare in sicurezza”.
Uno zoom sui numeri è in grado di chiarire i concetti espressi dagli interlocutori di Officelayout e viene proposto da Alberto Cominelli: “Questo fenomeno innescherà un’accelerazione al passaggio alla strategia di Activity Based Working comportando una riduzione più sostenuta del mobility ratio (rapporto postazioni/addetti), oggi compreso fra 0,75 e 0,9 per le aziende che ne fanno uso, che sul panorama nazionale non superano il 20%, mentre è uguale a 1 per le aziende che lavorano con posti assegnati a ciascun dipendente. Le compagnie evolute potranno scendere dallo 0,8 allo 0,65, mentre quelle tradizionali potrebbero arrivare a un massimo di 0,8. Un questionario da noi diffuso ha inoltre evidenziato che la diffusione dello smart working incontra il favore dei dipendenti. Circa il 55% del campione – interamente costituito da lavoratori delle società di servizi – spera di poter lavorare da casa 2 o 3 giorni alla settimana, dati i grandi vantaggi che si ottengono in termini di gestione famigliare, gestione del tempo e abbassamento dei livelli di stress”.
In generale, le previsioni sono ottimistiche e il boom dello smart working potrebbe avere ricadute positive sia sulle aziende, aggiornando anche le più restie al cambiamento – come sottolinea Bruno De Rivo durante il suo intervento – sia sulla qualità dell’arredo domestico dei dipendenti, che dovrà diventare più attento all’ergonomia, sia sulle loro dotazioni tecnologiche. Cambiano le interpretazioni di spazio e di tempo, come esprime chiaramente l’architetto Alida Catella, amministratore delegato di Coima Image: “Bisogna partire dal nuovo concetto di spazio e tempo per riconfigurare i luoghi dove si svolgerà la nostra vita. Abbiamo fatto per anni teoria sullo smart working, il Covid ci ha messo di fronte alla realtà: si può fare davvero. Questo non significa che dobbiamo rottamare gli uffici, piuttosto dobbiamo pensare a una radicale trasformazione. La sede fisica è necessaria per una relazione tra dipendente e azienda ma si lavorerà sempre di più per obiettivi e non per numero di ore. Dimentichiamoci il cartellino da “badgare” in entrata e in uscita.
Lo spazio deve tener conto di tipologie diverse: spazi di accoglienza, spazi temporali, spazi personali, spazi condivisi. Se parlo di tempo parlo dell’uso del tempo negli spazi, il tempo di uso di un ascensore è diverso dal tempo usato durante la permanenza in uno spazio personale o rispetto a una sala riunione.
Allora darei più importanza all’involucro che ci accoglie, impianti, materiali, illuminazione. Impianti tecnologicamente avanzati in grado di esprimere in ogni momento attraverso sensori la salubrità degli spazi in funzione del tempo di permanenza, materiali antibatterici di facile manutenzione anzi in grado di neutralizzare inquinamenti o agenti esterni.
Illuminazione artificiale con emissione antibatterica e antivirus in grado di sanificare gli ambienti durante l’uso. Quindi una relazione tra spazio, luce, persone e materiali. Una rivoluzione scientifica che lavora per un unico progetto che vede l’uomo al centro e dove la sanificazione controllata guarda al tempo di presenza nello spazio. Non farei più una distinzione tra ufficio e casa entrambi i luoghi dovranno seguire gli stessi protocolli”.
.
RASSEGNA PRODOTTI